lunedì 1 ottobre 2007

L’Arte che trascende la forma di RANGA a favore della scienza

CRITICHE
"Chanda ranga, comunemente noto anche come Pesce di vetro indiano per la sua particolare caratteristica di trasparenza che lo contraddistingue, è un esponente della famiglia Ce"

In passato solo taluni eventi come, ad esempio, la mostra “Scienza e Miracoli nell’Arte del Seicento, alle origini della medicina moderna”, nel 1998, prima a Roma, poi ad Helsinki, quale evento della capitale europea della cultura, hanno così bene messo in evidenza come possa esistere un reciproco interesse, coinvolgimento, ausilio, persino spiegazione, in discipline quali l’arte e la medicina, l’una prettamente umanistica, l’altra scientifica. Una reciprocità che fin dalle origini della medicina moderna l’arte ha rappresentato con opere note, realizzate da autori come Caravaggio, Mattia Preti, Guido Reni, Orazio Borgianni o meno conosciute ma altrettanto esplicative di pittori come Silvestro Chiesa. Opere che sono state presentate al pubblico e che hanno chiarito molti aspetti di un comune percorso formativo delle due discipline, con una cooperazione tra l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, la Sovrintendenza per i Beni Artistici e Storici di Roma, l’Accademia di Storia dell’Arte Sanitaria, il Dipartimento di Medicina Sperimentale e Patologia della Sezione di Storia della Medicina della stessa Università e nel caso di Helsinki, il Governo Italiano, il Museo Sinebrychoff, l’Istituto Italiano di Cultura, l’Università di Helsinki, l’Università di Roma "La Sapienza". E’ stato poi recentemente dimostrato come l’arte può divenire una progettualità di pace e come i lineamenti dell’Arte possono migliorare la qualità della vita con un messaggio immediato di Bellezza (Fondazione Culturale “Paolo di Tarso” per la divulgazione dei valori della fede cristiana per mezzo dell’arte). Nuove metodologie d’immagini sono state presentate, iniziando dallo stesso logo ospedaliero, negli ambienti del nuovo Ospedale Sant’Andrea di Roma, con alcune opere della collezione “Art for Peace” . 
Oggi, tra le iniziative serie ed innovative del Portale “Cybermed.it”, la M.A.B. Art Decò, presenta “Art for Healing” con un’artista i cui volti, i gesti, gli scorci di paesaggio, i bambini, le forme come suoni, gli ornamenti, i cui contorni determinano un universo: il mondo informale di Renate Kirchheim in arte “RANGA” adesso a disposizione della scienza, in particolare, del centro di accoglienza sanitario specializzato, il Super Speciality Hospital, sito a Whitefield, alla periferia di Bangalore, capitale dello stato del Karnataka.
L’arte per la civilizzazione in India, per la difficile opera di ricostruzione, in una terra che possiede 3,5 posti letto ospedalieri per ogni mille abitanti e dove si calcola che siano 2,5 milioni le persone vittime di malattie ogni anno, la maggior parte delle quali per cause cardiache, un triste primato detenuto da questo Paese. 
Il mondo di RANGA viene sintetizzato nei quadri, i cui proventi vengono destinati all’India, attraverso colori tenui, “imagines agentes” nella memoria umana, che restituiscono attraverso la percezione ed il fare arte, tasselli e spazi dell’universo. Con il ricordo e l’applicazione delle linee del funzionalismo, con la dinamica dell’astrattismo, con una revisione personale della scomposizione cubista e del suprematismo, dati probabilmente frutto dei suoi studi presso l’Accademia delle Belle Arti di Brema ed interiorizzati durante gli anni trascorsi in India dal 1998, Ranga trascende le forme dell’arte, ponendo tutti gli elementi del suo fare artistico a disposizione dell’umanità e della sua evoluzione. Così i tratti di questo mondo fatto di forme e colori infiniti divengono una infinita storia d’amore.
Viviana Normando
Storico dell’Arte

RENATE KIRCHHEIM
Idealmente coinvolta dalle soluzioni luministiche esercitate dall’impressionismo francese, di Monet in particolare, Ranga, è alla ricerca di personali timbriche espressive, inoltrandosi nel dedalo dell’”informale”, curando di equilibrare i critici rapporti esistenti fra spazio, luce e forma, risolvendone le antinomie in delicati universi vibratori, pregni di suggestivi rimandi.
A tali ultimi assunti, espressi in “mutamenti succedanei”, in cui ogni singolo lavoro affluisce in un più vasto puzzle immaginario, contribuisce l’ausilio della meditazione interiore che l’artista fruisce dallo yoga e impiega quale coefficiente essenziale, base di partenza per ogni sua nuova produzione.
Proprio questo supporto (desueto in arte) aiuta a disgelare il modo, il senso e il fine che stimolano Ranga alla non facile impresa, nella ricerca della “luce essenziale”, oltre la materia; più profondamente dentro di se; dove individua il congegno e lo slancio ulteriore con il quale poter delineare o circoscrivere le pulsioni emergenti, i confini impalpabili in cui si suppone, alberghi la luce, elemento fondamentale della creazione e della creatività, i luoghi stessi della propria vita, colti nel senso segreto della propria “missione” di artista in questa vita.
Ciò premesso componiamo qualche schematica osservazione, una libera associazione di idee attorno al prodotto artistico dell’autrice tedesca; le parentele dinamico vibratorie delle opere in rapporto, ancora, alle significazioni degli alfabeti sacri, quale veicolo creativo, mnemonico, didattico, o curativo, la cui più stretta somiglianza consiste nella funzione sottesa di svolgere funzioni propedeutiche di istruire, costruire, fungere da tramite fra spazio tempo; che convogliano gli strati dispersivi alla reintegrazione, obiettivo primario della salute. Un ruolo loro assegnato dalla necessità primaria dell’idea trascendente, avanti di “venire ad essere nella materia”, stato e luogo. Lettere arcaiche, simboli antichi, moduli vibratori filtrati e reintegrati, riutilizzati in infiniti nuovi modelli da Ranga, in cui l’arte si fa psicodramma, si fa danza, musica e, ancora, arte. Ma ancora, memoria mitologica di percorsi inesauribili da compiere, sulle tracce di un luogo di provenienza trascendente.
L’arte proposta da Ranga, la cui forza espressiva poggia sulla sobrietà coloristica e l’abilità strutturale del comporre la superficie giocando sullo spazio e il disegno oltre che nel “senso” diviene dialogo. Il sapere desunto dai saggi e le analisi dell’artista nel campo delle leggi dell’ottica coloristico – compositiva si concede alla domanda e alla critica.
La composita logica, a volte energica, ora fluida, ora quasi evanescente, il rigoroso ricorso alle leggi della percezione ottico coloristico a cui l’artista presta attenzione.
Ranga sa ben assemblare le regole della simultaneità, la teoria della complementarietà, del contrasto, suggeriti dalla ruota cromatica; sa farli ben convivere e danzare negli interstizi spaziali della texture; conosce i canoni classici della geometria, il bilanciamento delle masse spaziali, gli spazi da lasciare al libero respiro dell’ignoto nelle fasi di struggente creatività. E’ felice erede della pragmadicità sottesa dagli enunciati della scuola tedesca, che si propone, in ultima lettura come cardine dell’antico e nuovo modo di esprimersi; come qualità di essere e di intereagire secondo gli strumenti particolari e gli stati d’animo.
Silvano Moretti
(Chanda ranga, comunemente noto anche come Pesce di vetro indiano per la sua particolare caratteristica di trasparenza che lo contraddistingue, è un esponente della famiglia Ce)

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