mercoledì 24 ottobre 2007

Gli ultimi uomini-renna

DI Giancarlo Ventura

In Mongolia, figlio di una natura meravigliosa e ostile, il piccolo popolo degli Tsaatan corre il rischio d'estinzione. E chiede silenziosamente l'aiuto del mondo.


Nella parte nordoccidentale della Mongolia, ad ovest del lago Kovsgol, là dove la steppa ha già ceduto il passo all'imponente taiga siberiana, tra le conifere, in una terra solcata da innumerevoli fiumi, dove l'inverno porta temperature che scendono facilmente oltre i 50 sotto zero, abita un piccolo ed antichissimo popolo nomade, una tribù della nazione turcofona degli Uryankhai, che trae il suo sostentamento solo dall'allevamento delle renne.
Per questo piccolo popolo, oggi, di appena 180 individui, è tanto stretta la simbiosi con i loro animali, che i mongoli li hanno chiamati Tsaatan, ovvero uomini-renna, dalle parole tang, popolo e Tsaa Buga, cervo della neve; mentre essi si nominano Taiganà, vale a dire uomini della Taiga. La vita di questo popolo dipende, infatti, interamente dalle renne, le cui carni e latte rappresentano quasi gli esclusivi alimenti. La carne tagliata a strisce ed essiccata al sole, diviene un alimento conservato, che potrà essere consumato in qualsiasi momento, cotto in una zuppa con acqua e burro rancido. Il latte molto nutriente, con un contenuto di grassi quasi quattro volte superiore al latte vaccino, fornisce 2000 calorie per litro, oltre a raccogliere, ancora, parte delle vitamine ingerite dagli animali brucando.
Affinché possa essere usato come cibo, l'animale può essere ucciso solo dalla mano nuda dell'uomo e, successivamente, dovrà essere officiato un rito di riappacificazione con l'anima dell'animale sacrificato alle necessità degli uomini. La pelle viene utilizzata per la fabbricazione di calzature e copricapi, e le corna, una volta tagliate all'animale vivo, molto apprezzate come afrodisiaco nella farmacopea cinese, divengono una preziosa merce di baratto per procurarsi le poche altre cose delle quali gli Tsaatan abbisognano: tè, farina, utensili e munizioni. Le renne, sono inoltre cavalcature e animali da soma, durante gli spostamenti dei campi o nelle sempre più rare battute di caccia. Durante il giorno, le renne vengono portate nelle zone alte della Taiga dove l'erba é più tenera e fresca, durante la notte raccolte e legate vicino all'accampamento per essere sorvegliate e difese dagli eventuali attacchi di lupi e cani.
La vita ai tempi della renne
L'animale, per i Taiganà, assume connotazioni quasi sacre, e spesso é la renna più vecchia a essere eletta spirito-guida della famiglia: questa legata ad un palo posto a sud-est della tenda è spesso ornata con nastri colorati, é destinata a caricare solo i beni più preziosi. Agli estranei - come alle donne - è proibito cavalcarla. Ai bambini tsaatan non viene insegnato quasi nulla con le parole, poiché essi apprendono per imitazione, osservando gli adulti compiere il loro lavoro. Anche i più piccoli mungono, caricano e scaricano le renne, e le accompagnano al beveraggio: lavori semplici che li prepararono ad affrontare la dura vita della Taiga e le frequenti migrazioni annuali. Gli allevatori nomadi di renne compiono anche sei migrazioni annuali ed ognuna d'esse è preparata con grande cura e impegno; la tenda viene disfatta, e dei pali di legno che ne costituiscono la struttura portante, viene tenuto solo il centrale, che simbolicamente rappresenta l'abitazione. Oggigiorno vengono traslocate anche le coperture delle tende essendo di tessuto e pelli, e non più di cortecce di betulla come un tempo. Ogni renna viene caricata in religioso silenzio, in un'operazione che coinvolge tutta la famiglia. L'accampamento è smontato e montato in silenzio rituale, dopo che il terreno è stato sacralizzato aspergendolo con latte di renna. Le entrate dei tepee conici dei taiganà (simili a quelli a noi più popolari degli indiani della prateria americana), come anche quelle delle yurte mongole, sono sempre rivolte verso il Sud.
Dice l'antropologo italiano David Bellatalla, che si sta attivamente occupando della salvaguardia di questo piccolo popolo nomade: "Contrariamente a quanto generalmente si pensi spesso, il nomadismo dei popoli dell'Asia Centrale non è caratterizzato dalla necessità di trovare nuovi pascoli per gli armenti, poiché in queste terre sconfinate e così ricche di distese erbose, non sarebbero necessari i lunghi spostamenti compiuti dai nomadi. Il nomadismo ha piuttosto un profondo significato spirituale, la migrazione è legata al senso ciclico della vita, mette in relazione cielo e terra, visibile ed invisibile. Il percorso tra un campo e l'altro, è stabilito dalla tradizione, e le tappe da compiere sono quelle che legano l'uomo al soprannaturale. Valli e montagne sono abitate dalle divinità e dagli spiriti degli antenati, percorrerle significa confermare un'alleanza che garantisce l'ordine naturale, é percorrere il cammino della memoria!".
Una delle migrazioni più importanti dell'anno, verso aprile-maggio, è quella che porta le renne al campo dove partoriranno. Essa è annunciata da una eccitazione particolare che coinvolge uomini ed animali, e spesso si raggiunge il luogo tradizionale con marce forzate, viaggiando anche di notte, pur di giungervi in tempo. Una volta che le renne avranno partorito, il piccolo popolo si troverà ad affrontare uno dei periodi più faticosi dell'anno; le femmine degli animali saranno munte più volte al giorno dalle donne e dai bambini, mentre gli uomini saranno impegnati a pascolare gli animali per lunghe ore durante la giornata. Solo nel mese di luglio, quando i piccoli delle mandrie avranno superato il periodo più critico, gli Tsaatan si recheranno nei pascoli estivi, dove gli animali potranno brucare abbondantemente, fornendo ai pastori ed ai loro piccoli un'abbondante quantità di latte.L'estinzione dietro l'angolo
Negli ultimi anni la cultura e la vita medesima di questo piccolo popolo è a rischio d'estinzione. Una perniciosa forma di parassitosi affligge le renne, uccidendole in breve tempo. Gli animali si sono ridotti da più di 500 capi del 1995 a meno di 300 d'oggi, e l'infezione non accenna a fermarsi. Gli Tsaatan non possono più cibarsi delle carni infette degli animali per non aggravare la forma di brucellosi che affligge ormai il 40% della popolazione, ed il latte, che ormai scarseggia, deve essere lasciato per gli animali giovani. Le scorte alimentari, i medicinali e gli aiuti umanitari, portati ultimamente dalla missione italiana, guidata da David Bellatalla e Dino De Toffol, potranno tamponare, ma non risolvere, il problema degli uomini-renna. A questo proposito è stata aperta una sottoscrizione a favore d'un progetto, rispettoso della cultura e delle tradizioni del popolo delle renne, finora solo in parte realizzato. Il piano prevede l'abbattimento degli animali irrimediabilmente malati, la cura di quelli curabili, la bonifica dei terreni e l'acquisito di almeno 1000 renne, nella vicina Repubblica di Tuva, per reintegrare il patrimonio zootecnico degli Tsaatan.
Il progetto ha incontrato il plauso delle organizzazioni internazionali, ma si é trattato di un appoggio puramente verbale, neppure una lira é stata stanziata, e tutto é stato lasciato all'iniziativa personale!

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