mercoledì 17 ottobre 2007

" Miltos Manetas "in Sintesi

" di Silvia Litardi
E' la prima volta che presento NEEN in Italia e mi piace farlo da qui, da Napoli che è una citta' molto "neen"!Esordisce cosi' Miltos Manetas in una tavola rotonda ospitata all'interno della manifestazione SINTESI, presso la Fondazione Morra di Napoli dal 23 al 30 Aprile scorsi.
Fuori del Palazzo dello Spagnuolo brulica la vita del quartiere Sanita' che tutti noi uditori abbiamo attraversato con il solito disagio pre-confezionato alla Stazione Garibaldi.
Mi aspettavo di trovare uno smanettone cibernetico al posto di questo adone greco (Miltos Manetas e' nato ad Atene nel 1964), svezzato presso l'Accademia di Belle Arti di Brera e ora diviso tra Parigi, New York e Los Angeles.
Per quanto lo stesso Manetas non sembri in grado di dire cosa Neen sia, è d'obbligo spendere qualche parola sulla trovata linguistica che supporta tutto il progetto. Neen e telic sono due parole coniate dalla nota casa di brand Lexicon (la stessa che ha inventato i nomi Powerbook e Pentium). Manetas aveva bisogno di parole che dessero il senso di una nuova vita artistica.
Telic, dal greco telos, indica tutto ciò che viene fatto per un fine, neen, invece, è un palindromo e in greco antico significa "esattamente adesso". Il telic è lo spirito ordinatore, iper-produttivo che anima le società industriali. Lo spirito neen è specularmene opposto al telic, disordinante e ludico, assolutamente in lotta con tutto ciò che produce stress. Tutta questa duplicità rimanda fin troppo alla catena del dionisiaco-apollineo. Insomma "+ fai + sei neen", non a caso moltissime delle animazioni prodotte non sono altro che il riciclo di cose trovate nella rete e ri-animate. Il gruppo di net.artisti, grafici, haker che lavorano sotto il panciotto protettivo di Manetas, realizzano perlopiu' animazioni in flash, spesso interattive.
In genere sono molto colorate, divertenti, quasi un puro e semplice intrattenimento virtuale. "Neen è vicino al cute, carino come dicono gli americani, che evidentemente non ha la stessa accezione negativa che ha in Europa. é un carino militante!".
Questa attenzione dei neenstar all'estetica delle loro opere è molto lontana dall'approccio low-tek dei pionieri della net.art per cui la ricerca concettuale predominava sullÕesposizione graficamente gradevole. Non a caso, parlando delle pratiche dei net.artisti, li si è spesso considerati i nipotini di Fluxus. Basta pensare alla Mail Art, a come Ray Johnson e company avevano parodiato l'ufficialita' del fare artistico, a come la natura democratica del network (il sistema postale) aveva, ancora una volta, puntato il dito sullÕaura mitica dellÕartista.
Nel progetto di Manetas si riscontrano tutta una serie di modalita' che sono facilmente riconducibili ad exempla ormai noti a chi non e' completamente digiuno di net.art.
Basta ricordare le riflessioni linguistiche di Vuk Cosic, ma, soprattutto, le operazioni di haking culturale del gruppo bolognese 0100101110101101.org.
In effetti gli interventi che hanno reso celebre l'artista sono stati quelli relativi alla Biennale di Whitney e a Francesco Bonami. Nel 2002 l'artista scopri' che il dominio www.whitneybiennial.com era disponibile, lo registro' e diede vita ad uno spazio virtuale che ospita le opere digitali dei suoi amici. Compiendo una pubblicita' terrorista questo manipolo di artisti si e' guadagnato un'attenzione internazionale, dimostrando con ironia come si possa sbeffeggiare il sistema dell'arte pur facendogli l'occhiolino. Operazione simile ha compiuto lo scorso anno comprando il dominio www.francescobonami.com. Il contenuto del sito e' un manifesto neen su come si deve far pittura nell'era tecnologica. E' firmato da Miltos Manetas e commissionato da Francesco Bonami per la Biennale di Venezia 2003. Chissa' se il diretto interessato ha apprezzato la burla!
Sul sito ufficiale dell'artista (www.manetas.com/ ) si possono trovare tutte le sue opere e i link a quelle dei neenstar. Cliccate il sito www.jacksonpollock.org/: vi si aprira' uno schermo bianco e, muovendo il mouse, potrete creare il vostro quadro alla Pollock! Per Manetas tutti coloro che hanno a che fare con le immagini sono artisti e questo sito lo dimostra!
Verificare la non registrazione di spazi virtuali e' uno dei passatempi preferiti dal gruppo. Devono provare un po' la stessa sensazione dei primi astronauti sulla luna. Battezzare un luogo, per quanto virtuale, procura sempre una certa libidine.
www.guydebord.com/ e' stato un colpaccio!
Ripescando il catalogo realizzato per "Il Premio per la Giovane Arte Italiana del Centro Nazionale per le Arti Contemporanee" (correva lÕanno 2000), ci trovo proprio unÕopera di Manetas. Una enorme tela dal titolo Italian Painting, raffigurante due ragazzi al computer circondati da una serie di fili e apparecchi elettronici. In quell'occasione Miltos Manetas aveva dichiarato che non gli era ancora mai capitato di veder ritratti di gente che lavora con le tecnologie; cosi'“ aveva iniziato una serie di dipinti realisti, in cui la grana e la tecnica pittorica lasciano decisamente a desiderare, ma in cui si avverte l'idea vincente di aver elevato a tema una realta' sempre piu' quotidiana.
Ecco, penso che sia un po' questo il suo pregio, anche per i suoi esperimenti virtuali: l'aver snocciolato e banalizzato una serie di operazioni, di pratiche, appannaggio quasi esclusivo delle correnti utopistiche, per dirla con le parole di Stewart Home, e di averle utilizzate per divertire il grande pubblico.
Ormai lo sappiamo che "l'arte digitale svalorizza il concetto di possesso, in quanto non c'è un'opera originale da possedere, solo copie" come argomentava alcuni anni fa Kevin Kelly, direttore della rivista Wired. Sappiamo anche, come spiega Maria Grazia Mattei, docente all'accademia di Brera Multimediale, che le forme neen ce le troviamo tutti i giorni intorno, sono variazioni di quelle che quotidianamente ci bombardano e che modificano il nostro immaginario.
Chiudo questa riflessione citando Marco Deseriis, autore insieme a Giuseppe Marrano del libro "Net. Art L'arte della connesione", e presente alla tavola rotonda: "la rete dei net.artist e degli attivisti di Rete mette le mani sulle griglie simboliche e sulle metafore produttrici di immaginario. [...] Il rapporto con la tradizione artistica e' solo una delle lenti attraverso cui vagliare la net.art. Piuttosto la scelta di mettere l'infosfera al centro della propria ricerca implica la fine dell'arte come pratica separata".

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