martedì 30 ottobre 2007

IL NOVECENTO Caratteri generali sul Novecento

RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI

Mai come nel Novecento la cultura artistica ha conosciuto una tale velocità di evoluzione. Nel corso di questo secolo le novità e le sperimentazioni artistiche si sono susseguite con ritmo talmente incalzante da fornire un quadro molto disomogeneo in cui è difficile la organizzazione del tutto in pochi schemi interpretativi. Decine e decine di movimenti e di stili si sono succeduti, esaurendo la loro presenza, a volte, nel giro di pochi anni o al massimo di qualche decennio.
La storiografia di questo secolo, nella maggior parte dei casi, risulta un elenco, più o meno dettagliato, dei tanti movimenti e protagonisti apparsi alla ribalta della scena artistica. Ciò, tuttavia, fornisce scarsi riferimenti di catalogazione critica. Un diverso approccio all’interpretazione artistica del Novecento può ottenersi ricorrendo a categorie dell’àmbito culturale più generali. In particolare, con riferimento agli inizi del Novecento, le categorie critiche più agevoli risultano soprattutto tre:
1. la comunicazione
2. la psicologia
3. il relativismo.

1. La comunicazione

La comunicazione è quell’atto mediante il quale si ottiene una trasmissione di informazioni da un soggetto (emittente) ad un altro soggetto (ricevente). Il mezzo di trasmissione della comunicazione è il linguaggio. Affinché avvenga una comunicazione, condizione essenziale è che il linguaggio deve essere conosciuto da entrambi i soggetti: l’emittente ed il ricevente.
Nell’ambito dell’arte molti possono essere i linguaggi utilizzabili: dalle parole (poesia) alle immagini (pittura), dai suoni (musica) ai movimenti del corpo (danza) e così via. Alcuni linguaggi posseggono una universalità, quali la musica, che possono in genere essere compresi da tutti. Altri linguaggi richiedono una conoscenza specifica: per poter leggere una poesia bisogna conoscere la lingua in cui è stata scritta.
Le immagini possono essere considerate un linguaggio anch’esso universale, purché esse rimangano nell’ambito della rappresentazione naturalistica. Ricordiamo che definiamo «naturalistiche» quelle immagini che propongono una rappresentazione della realtà simile a quella che i nostri occhi propongono al cervello. Le immagini naturalistiche rispettano i meccanismi fondamentali della visione umana: la prospettiva, il senso della tridimensionalità, la colorazione tonale data dalla luce, e così via.
Il naturalismo è sempre rappresentazione della realtà in quanto ne segue le leggi fondamentali di strutturazione. La gran parte dell’arte occidentale ha sempre utilizzato il naturalismo per la rappresentazione artistica. Ciò ha permesso all’arte figurativa di essere un mezzo di comunicazione più popolare e diffuso che non la scrittura.

Nel corso dell’Ottocento, la nascita prima della fotografia e poi della cinematografia, ha permesso la riproduzione della realtà con strumenti tecnici pressoché perfetti. Ciò ha decisamente tolto alla pittura uno dei suoi scopi ritenuti specifici: quello di riprodurre in immagini la realtà. Se la cosa poteva apparire negativa, di fatto ha imposto alla pittura una diversa impostazione del suo fare. Abbandonato il terreno della rappresentazione, e quindi del naturalismo, l’arte figurativa ha cominciato ad esplorare i vasti ed inediti territori della comunicazione.
In sostanza, l’arte moderna non ha più interesse a «rappresentare» la realtà. L’arte moderna usa le forme per «comunicare» pensieri, idee, emozioni, ricordi e quanto altro può risultare significativo. Pertanto, nell’approccio all’arte moderna, non bisogna mai porsi l’interrogativo, guardando un’opera d’arte, cosa essa rappresenti ma cosa essa comunichi.

Tuttavia, la comunicazione richiede sempre un linguaggio che deve essere noto sia all’artista sia al fruitore dell’opera. Il naturalismo, abbiamo detto, è un linguaggio universale in quanto rispetta le regole universali della visione umana. L’arte moderna, abbandonando il naturalismo, di fatto abbandona il linguaggio comunicativo più diffuso e popolare. E così è costretta, ogni volta, ad inventarsi un nuovo linguaggio. Con il rischio che i linguaggi nuovi non vengono sempre assimilati e compresi, producendo di fatto l’incomprensibilità del messaggio che l’artista voleva trasmettere.
E ciò produce un singolare paradosso: l’arte moderna vuole solo comunicare ma per far ciò sceglie spesso la strada della incomunicabilità. O, per lo meno, impone, prima di capire il messaggio, la necessità di studiare il nuovo linguaggio utilizzato dall’artista. Ciò comporta che l’arte moderna necessita di un approccio «colto». Solo studiando da vicino le problematiche, connesse ai movimenti ed ai singoli artisti, diviene possibile comprendere il significato di un’opera d’arte.
2. La psicanalisi
La nascita della psicanalisi, grazie a Sigmund Freud, ha rivoluzionato il concetto dell’interiorità umana. Se prima l’articolazione della psiche veniva posta sul dualismo ragione-sentimento, ora viene spostata sul dualismo coscienza-inconscio.
L’inconscio è quella parte della nostra psiche in cui sono collocati pensieri ed emozioni nascoste, le quali, senza che l’individuo se ne renda conto, interagiscono con la sua coscienza orientando o influenzando le sue preferenze, motivazioni e scelte esistenziali.
L’aver individuato questo nuovo territorio dell’animo umano ha aperto notevoli possibilità all’arte moderna. Il linguaggio delle parole, essendo un linguaggio logico, consente la comunicazione più immediata e diretta con la coscienza delle persone, ove di fatto ha sede la razionalità umana. Il linguaggio delle immagini, data la sua natura di linguaggio analogico, si presta meglio ad esplorare, o a comunicare, con l’inconscio delle persone.
Alcuni movimenti artistici sono nati proprio con l’intenzione di tradurre in immagini ciò che ha sede nell’inconscio. Tra tutti, chi ha scelto con maggior impegno questa strada è stato soprattutto il Surrealismo. Ma tale interesse ha alimentato anche la poetica di altri movimenti avanguardistici dell’inizio secolo, quali l’Espressionismo e l’Astrattismo.
Tuttavia, rimane costante a tutti i movimenti del Novecento, la finalità di una comunicazione che sia «totale»: ossia, giunga anche ai territori più profondi e recessi della psiche umana.
3. Il relativismo
Nel corso del Novecento si assiste ad una sempre maggiore frantumazione delle epistemologie forti. Cadono le certezze, sia dovute alla religione, sia quelle riposte nella scienza, sia quelle della politica o della filosofia. L’uomo si sente sempre più immerso in un mondo incerto, dove tutto è relativo. A questa conclusione sembra giungere anche la scienza che, con la Teoria della Relatività di Einstein, porta a riconsiderare tutto l’impianto di certezze fisse su cui era costruito l’edificio della fisica.
Ad analoghe posizioni giungono gli scrittori, quali Luigi Pirandello, che con le sue opere letterarie e teatrali vuole dimostrare come la verità sia solo un «punto di vista» che varia da persona a persona. In campo filosofico la comparsa dell’esistenzialismo contribuisce a ridefinire la realtà solo in rapporto al singolo individuo.
Questo nuovo clima culturale non poteva non incidere sul panorama artistico. Venuta meno la certezza di una verità assoluta, ogni sperimentazione sembra muoversi nel campo di una preventiva ricerca di sé. Nasce l’esigenza di manifestare preventivamente le proprie intenzioni per dare le coordinate entro cui collocare la nuova esperienza estetica. E ne è la riprova il fatto che quasi tutti i movimenti avanguardistici dei primi anni del secolo nascono con dichiarazioni programmatiche, quali i manifesti, che servono proprio a questo scopo.
In seguito, la ulteriore frammentazione della ricerca artistica, rimette in gioco anche la partecipazione del fruitore dell’opera d’arte, al quale si chiede una partecipazione attiva alla significazione del fare artistico. In questo caso, l’arte, più che dare delle risposte, propone delle domande, lasciando il senso di quanto proposto alla libera, e a volte diversa, interpretazione del pubblico e dei critici. La necessità di un rapporto così problematico all’arte contribuisce in maniera, a volte decisiva, a rendere l’arte moderna sempre meno popolare e sempre più élitaria.
Concetto di avanguardia
I numerosi movimenti artistici sorti all’inizio del Novecento, sono stati tutti caratterizzati da una volontà di rottura con il passato. Questa forte carica di rinnovamento, li ha di fatto posti in prima linea nell’ambito delle nuove ricerche artistiche. Ciò ha determinato l’appellativo, dato a questi movimenti, di «avanguardie». Tutto il Novecento, in realtà, è stato caratterizzato da un clima di sperimentazione continua. Ma, per delimitare quelli che sono stati i primi movimenti di rinnovamento, vi è la convenzione di definirli «avanguardie storiche».
Lo spazio temporale di questo fenomeno coincide con gli anni a cavallo della prima guerra mondiale. Le prime avanguardie sorgono intorno al 1905, con l’Espressionismo; le ultime agli inizi degli anni ’20, con il Surrealismo (1924).
Parigi, nel corso del XIX secolo, si era affermata come la capitale europea in campo artistico. Il fenomeno delle avanguardie storiche interessa invece tutta l’Europa, anche se Parigi continua a conservare un ruolo determinante nel campo artistico. Le prime due avanguardie sorsero infatti nella capitale francese. Nel 1905, si costituì il gruppo dei Fauves, che rappresenta il primo movimento di ispirazione espressionistica. Nello stesso anno l’Espressionismo si diffuse soprattutto in Germania e nei paesi nordici. Nel 1907, grazie a Picasso e Braque, sempre a Parigi sorse il movimento del Cubismo.
Anche il Futurismo, che è un’avanguardia decisamente italiana, partì da Parigi. Qui, infatti, sul quotidiano Le Figaro, Filippo Tommaso Marinetti pubblicò nel 1909 il «Manifesto del Futurismo». Il Cubismo e il Futurismo produssero influenze notevoli in Russia, dove in quegli anni sorsero movimenti quali il Cubofuturismo, il Suprematismo e il Costruttivismo.
Anche la seconda avanguardia italiana di quegli anni, la Metafisica, in embrione nacque a Parigi, dove Giorgio De Chirico, il massimo rappresentante del movimento, svolse parte della sua attività giovanile.
Una cesura notevole nello sviluppo delle avanguardie fu determinato dallo scoppio, nel 1914, della prima guerra mondiale. Numerosi artisti furono costretti a partire per il fronte bellico, e molti di essi morirono in guerra. A Zurigo, nella neutrale Svizzera, si rifugiarono numerosi artisti ed intellettuali, e qui nacque, nel 1916, il movimento di maggior rottura tra le avanguardie storiche: il Dadaismo.
Dal Dadaismo e dalla Metafisica, nel 1924, nacque quella che viene considerata l’ultima delle avanguardie storiche: il Surrealismo. Anche qui, il centro di maggior irradiamento del nuovo movimento fu soprattutto Parigi e la Francia.
Infine, pur se non può essere considerato un movimento omogeneo e compatto, le avanguardie storiche produssero il fenomeno di maggior novità nell’arte del Novecento: l’Astrattismo. L’abbandono definitivo della mimesi naturalistica avvenne intorno al 1910, grazie soprattutto ad un artista di origine russa, ma operante in Germania: Wassilj Kandiskij. La sua formazione artistica è di matrice espressionistica, tanto che l’Astrattismo, nella sua fase iniziale, può essere considerato un estremo limite dell’Espressionismo. In seguito, l’Astrattismo conobbe sviluppi notevolissimi, divenendo, soprattutto nel secondo dopoguerra, terreno fertile per numerose sperimentazioni, che attraverso l’arte Informale e l’arte Concettuale, arrivano fino ai giorni nostri.
Il fenomeno delle avanguardie si spense intorno agli anni ’30. La foga rinnovatrice aveva momentaneamente esaurito la sua carica rivoluzionaria. A questo momento di pausa artistica, corrispose, in quegli anni, l’affermazione, in campo politico, di regimi totalitari e reazionari, quali il fascismo in Italia e il nazismo in Germania, che si fecero fautori di un indirizzo artistico di stampo tradizionalistico e accademico. Avversarono apertamente i nuovi stili artistici, arrivando in Germania a definirli «arte degenerata», eliminandola dai musei e dalle collezioni statali. Molti esponenti artistici che avevano operato in Germania furono costretti ad emigrare negli Stati Uniti, dove trasferirono molte delle novità culturali prodotte in Europa. Un fenomeno analogo accadde in Russia, dove, sotto Stalin, si affermò un indirizzo artistico, definito «realismo socialista», che rifiutava la sperimentazione, in favore di un’arte di matrice popolare, con forti contenuti ideologici.

Ma le avanguardie storiche avevano oramai totalmente modificato il concetto di arte visiva. In pochi anni avevano accumulato un patrimonio enorme di idee e di concetti, che divennero la vera eredità per tutti i futuri movimenti che si sono sviluppati in campo artistico fino ai giorni nostri.

1 commento:

Anonimo ha detto...

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(Posted from SKu2 for R4i Nintendo DS.)