giovedì 9 luglio 2009

Aleksandr Nikolaevič Skrjabin (MUSICISTA)

A CURA DI D. PICCHIOTTI

Aleksandr Nikolaevič SkrjabinNato da una famiglia aristocratica, all'età di un anno perse la madre, una pianista, morta di tubercolosi.
Iniziò lo studio del pianoforte in tenera età, prendendo lezioni da Nikolaj Zverev, insegnante severo, che nello stesso periodo fu anche il maestro di Sergej Rachmaninov. La casa di Zverev ospitava musicisti contemporanei del calibro di Čajkovskij, che spesso costituivano il pubblico delle esecuzioni delle proprie composizioni da parte dei giovani studenti. In seguito studiò composizione al Conservatorio di Mosca con Anton Arenskij, Sergej Taneev e Vasilij Il'ič Safonov.
Nonostante le mani piuttosto piccole, con un'ampiezza di poco più di un'ottava, divenne un pianista affermato. Sentendosi in questo senso da meno di Rachmaninov, che aveva mani eccezionalmente grandi, ed entrato in competizione con un altro studente aspirante virtuoso del conservatorio, si danneggiò gravemente le articolazioni della mano destra in seguito ad un folle studio sulle 32 sonate di Beethoven (tutte contemporaneamente) e le straordinariamente difficili Islamey di Balakirev e Fantasia sul Don Giovanni di Liszt.
Il suo medico decretò l'irreparabilità del danno, e in quell'occasione Skrjabin scrisse uno dei suoi capolavori: la sonata in Fa minore, come un "grido contro Dio, contro il fato", e successivamente con un gioiello come il Preludio e Notturno op.9 per mano sinistra sola. Insofferente al comporre, come richiesto, numerosi pezzi in forme che non lo interessavano, fu respinto all'esame di composizione e non si diplomò. Ironia della sorte, uno dei pezzi che completò, una fuga in Mi minore, divenne in seguito, per decenni, un brano di studio obbligatorio al Conservatorio. Dopo il diploma, Skrjabin sposò una pianista, Vera Ivanova Isakovič, ed ebbe numerosi figli, ma in seguito lasciò la moglie e la sua carriera di insegnante per una giovane studentessa, Tatjana Fëdorovna Schloeze, con la quale ebbe un figlio, Julian. Questi fu un bambino prodigio, e compose numerosi sofisticati pezzi prima di morire annegato in un incidente in barca, all'età di undici anni.
Skrjabin, che era stato in precedenza influenzato dalle teorie superomistiche di Nietzsche, si interessò in seguito anche di teosofia, ed entrambe queste teorie influenzarono la sua musica. Il compositore e teosofista Dane Rudhyar scrisse che Skrjabin era «quel grande pioniere della nuova musica di una rinata civilizzazione Occidentale, il padre di ogni futuro musicista», nonché «l'antidoto ai reazionari Latini, al loro apostolo Stravinskij» e al gruppo dei devoti della musica di Schoenberg. Verso la fine della sua vita Skrjabin si avvicinò sempre di più al misticismo. Egli sosteneva infatti che un giorno il calore avrebbe distrutto la terra: una teoria sulla quale si basa Vers la flamme (appunto "verso la fiamma"), op. 72, composizione nella quale un calore sempre più spaventoso distrugge ogni sorta di riferimento armonico e tonale.
Morì a Mosca di setticemia, non si sa se a seguito di un taglio procuratosi facendosi la barba o a causa di un foruncolo infettato. Poco tempo prima di morire aveva progettato un'opera multimediale che avrebbe dovuto essere eseguita sull'Himalaya, sul tema dell'armageddon, "una grandiosa sintesi religiosa di tutte le arti che avrebbe dovuto proclamare la nascita di un nuovo mondo" che avrebbe dovuto fondere tutte le seduzioni dei sensi (suoni, danze, luci e profumi) e da celebrare in un tempio emisferico.
Questo pezzo, "Mysterium", non fu mai realizzato. Il teologo Pavel Nikolaevič Evdokimov sosteneva che il compositore, annunciando in quell'opera un cataclisma universale come portatore di un'elevazione spirituale dell'intera umanità, si consacrasse alla ricerca di suoni capaci di uccidere e di risuscitare, accomunandolo così ad alcuni peculiari aspetti dell'opera di Pavel Aleksandrovič Florenskij.
Tra i pianisti che hanno prodotto eccellenti esecuzioni di Skrjabin, vi sono Vladimir Sofronitskij, Vladimir Horowitz, Svjatoslav Richter, Grigorij Sokolov, Mikhail Voskresenskj e Roberto Szidon. Horowitz ancora ragazzo eseguì le opere di Skrjabin a casa del compositore, e questi ne fu entusiasta, ma asserì che necessitava ancora di ulteriore pratica. Horowitz affermò, in tarda età, che Skrjabin era palesemente un folle, pieno di tic e incapace di stare fermo a sedere. Nonostante questa affermazione, e ad esempio il fatto che Skrjabin fosse un ipocondriaco, il compositore catturò l'attenzione del mondo musicale russo. La maggior parte delle opere di Skrjabin è stata scritta per pianoforte. Le prime composizioni risentono dell'influenza di Chopin e sono scritte in forme che Chopin stesso utilizzava, come lo studio, il preludio e la mazurka. La musica di Skrjabin si evolve gradualmente lungo tutta la sua esistenza, anche se, relativamente ad altri compositori, è stata rapida e lunga. Al di là della prima fase compositiva, le sue opere sono fortemente originali, e impiegano armonie e tessiture molto inusuali. L'evoluzione dello stile di Skrjabin può essere seguito attraverso le sue dieci sonate: le prime sono scritte in uno stile tipicamente tardo-romantico, e mostrano le influenze di Chopin, come già detto, e di Liszt, mentre le ultime testimoniano la ricerca di un nuovo linguaggio, tanto che le ultime cinque non mostrano indicazione della tonalità. Molti passaggi entro queste possono essere definiti atonali, sebbene nel periodo tra 1903 e 1908, "l'unità tonale viene sostituita quasi impercettibilmente dall'unità armonica." (Samson 1977).

Sartre Filosofo e scrittore francese (Parigi, 1905 - idem, 1980).


A CURA DI D. PICCHIOTTI

Filosofo, romanziere, drammaturgo, critico letterario e giornalista, impegnato nella maggior parte delle lotte politiche del suo tempo, Sartre appare come un uomo catturato dallo spirito  di libertà ed intensamente presente sulla scena del  mondo. A  coloro che volevano  impedire allo scrittore  di protestare  contro la guerra d'Algeria, De Gaulle dirà:  «Non si imprigiona Voltaire».
Del filosofo illuminista, Sartre ha infatti molte caratteristiche: una  curiosità vorace ed enciclopedica, una capacità di lavoro e d'intervento impressionante, una cultura immensa, classica per formazione, moderna per scelta, una volontà manifesta di  cancellare le frontiere tra le varie discipline (filosofia, psicoanalisi e letteratura per esempio), ma anche tra i continenti, i popoli e le classi. Per Sartre, scrivere un libro e pensare si fondono e si confondono con l'impegno. È  questo tipo d'intellettuale che sono venuti a piangere tutti coloro che, personalità illustri o  anonime, accomunate da una intima fratellanza, lo accompagnarono il 23 marzo 1980 al cimitero di Montparnasse.
Con le sue lenti  spesse - miope, diventerà quasi cieco nel 1974 -, i suoi mocassini senza età, le sue sciarpe, la sua pipa  o la sue  sigarette, Sartre è un’icona della Rive Gauche e l’archimandrita dell’ intellighenzia parigina. Il suo regno si estende nel minuscolo spazio metropolitano che separa il café  Flore  dai Deux Magots, da cui si scorge, di fronte, la brasserie  Lipp e, a sinistra della chiesa di Saint-Germain-des-Prés, la libreria Gallimard. Sartre soleva frequentare i caffè, sia per incontrare amici che per lavorare, ed era  anche un uomo di strada e di folla: in quanti cortei, manifestazioni, non è stato fotografato? Quanti luoghi, dove una intera comunità sembrava cercarsi  continuamente, non   ha occupato nel maggio del 68, ora  la Sorbona, ora la  fabbrica Renault di Billancourt, o anche la redazione di Libération? Seppur scontata, l'immagine si rivela giusta: Sartre ha voluto assolutamente essere uomo del suo  mondo e del suo tempo. Si è sforzato di  vivere molteplici esperienze, volendo restare padrone del gioco: la politica, la filosofia, la giustizia, la libertà, l'amore anche, il cui posto è stato importante nell'esistenza di quest'uomo in cui la scoperta della sua bruttezza (Le parole) non gli ha impedito di mettere in moto una capacità di seduzione che ha del  leggendario.
L’universale singolare
Nato  nel 1905 in una famiglia della borghesia agiata, Sartre appartiene ad una generazione brutalmente gettata nella furia dei tempi moderni dalla Prima Guerra mondiale. Contro il sogno di   distruggere tutto nel mondo della  letteratura e dell'arte - tale fu  il progetto dada e surrealista – la scelta dello scrittore Sartre fu quella invece di cercare salvezza nella letteratura stante a  quello che ironicamente, e senza realmente essere vittima del suo sogno,  egli stesso scrive  a quasi sessanta anni, nella sua autobiografia. L'essenziale è di cogliersi come un uomo singolo, ma la cui singolarità rinvii all'universale: questo concetto "del singolare universale" è fondamentale in Sartre, come lo saranno altre parole-chiave  inscindibili dal frasario sartriano - situation, mauvaise foi, salaud, engagement, liberté. È per questo che si presenta ne Le parole come campione della sua  generazione e della sua classe.
La cultura classica fa parte del suo bagaglio, ed il successo alla Scuola Normale a diciannove anni, in cui consegue la laurea in filosofia  arrivando primo del suo corso, 1929,  (l'anno in cui incontra Simone de Beauvoir) non fanno che confermare un forte radicamento nella tradizione culturale. Ma Sartre non si priverà tuttavia dei riferimenti della cultura  contemporanea: i fumetti, i film di avventure visti con Anne-Marie, la madre  quand’ era ragazzo  e più tardi la passione per i  romanzi polizieschi, l'interesse per tutte le manifestazioni moderne dell'arte e  l’attrazione per le  città americane sono  alcuni esempi.  Professore a Le Havre,  a Berlino, nel 1933 -1934, in  anni decisivi, avendo  Hitler preso il  potere nel 1933, a Neuilly infine. Sartre abbandona l'insegnamento alla Liberazione per dedicarsi alla sua attività di scrittore. Ma, lasciando la carriera d’insegnante, Sartre non ne abbandonò i modi, e si può dire che fu, per trent’ anni, il professore dei francesi alla ricerca di un maestro.
Filosofo di formazione, Sartre scrive molto durante gli anni di gioventù alternando saggistica e narrativa: un saggio su L'immaginazione (1936), La trascendenza dell'ego (1937) (in queste prime opere di psicologia fenomenologica, l'influenza di Husserl è netta); un romanzo, La nausea (1938); novelle, Il muro (1939), e lavora al ciclo romanzesco  che diventerà  "Les chemins de la libertè" (1945 -1949). Ispirandosi alle tecniche di Joyce e dei  romanzieri  americani (Faulkner, Dos Passos), Sartre si sforza, in queste narrazioni, di cancellare  la presenza del romanziere per lasciare i suoi personaggi riportare da soli la loro esperienza immediata e riportare soltanto questa.
La prima forma di scrittura che Sartre sviluppa, dunque, parallelamente alla  riflessione filosofica è la scrittura narrativa, romanzesca, senza ricercare una  saldatura  tra le due: al contrario, La nausea è come  un  saggio  sul contingente (in filosofia: ciò che è gratuito, non necessario, ipotetico) e sono pertanto  i filosofemi esistenzialisti  che sottendono  l’esistenza angosciata di Roquentin, il personaggio principale, che tiene un sorta  di diario dove sembra soffocato  dalla coscienza dell'esistenza, questa cosa enorme che «nessuno vuole guardare  in faccia» (Il muro).
Questa visione del mondo predominata dal disgusto, dalla disperazione, dal dolore inferto dalla gratuità delle cose e percorsa da immagini oscure e vischiose,  caratterizza il primo Sartre, che diffida molto delle ideologie sia estetiche che politiche  (marxismo, surrealismo), sedotto com’è da  questa morale esistenzialista secondo la quale l'uomo deve costruire il suo modo di vivere, poiché «l'esistenza precede l’essenza» e l'uomo si definisce in rapporto agli altri. Esistere, è dunque essere nel mondo, essere per l’altro, e quest'esistenza deve essere colta  in modo concreto e storico. La libertà è la caratteristica fondamentale dell'esistenzialismo sartriano: poiché Dio non esiste, l'uomo è soltanto ciò ch’egli vorrà essere e ciò che farà.
L’urto brutale  tra Sartre e la storia – coscritto militare, prigioniero in Germania, dalla quale scappa – incarna questa filosofia, e porge un  contenuto concreto alle parole esistenza,  libertà,  impegno. Ed è la storia ancora che offre le quinte ai romanzi del ciclo  "Les chemins de la liberté", L'età della ragione, Il  rinvio, cominciati nel 1939 e pubblicati nel 1945, mentre La morte nell’anima, uscirà nel 1949: la vicenda  del ciclo si svolge dal 1937 al 1940, adotta la tecnica “simultaneista”, e mescola personaggi ed intrighi su sfondi di viltà, di vite murate, che la storia si incarica di fare scoppiare.
Alla Liberazione, Sartre, Simone de Beauvoir ed i loro amici - Queneau, Leiris, Giacometti, Vian e Camus (con il quale le relazioni non sono facili) - diventano improvvisamente famosi: gli  esistenzialisti, i resistenti, la sinistra, i giovani intellettuali che frequentano  Saint-Germain-des-Prés sono più o meno confusi all'occhio del grande  pubblico. Sartre è inviato negli Stati Uniti dal giornale Combat  per “coprire” la conferenza di Yalta. Al suo ritorno  spiega che cos' è l'esistenzialismo in una conferenza a Parigi: "L'esistenzialismo è un umanesimo."  Fonda, questo stesso anno 1945, la rivista  Les temps modernes. La gloria attira l’odio: non c’è stato intellettuale più pervicacemente  detestato di Sartre - dai cristiani, dai comunisti, dai benpensanti - come anche  da Céline, che lo definisce "il rivoluzionario alla birra".
A partire da questo momento, Sartre, e con lui Simone de Beauvoir, non lasciano  più la scena. La scrittura drammaturgica, scoperta in piena occupazione, inseparabile ai suoi occhi dal resto della storia e dell'azione collettiva, finisce col completarne ed ampliarne  la celebrità che si estende ben al di là dei confini della Francia. Sotto l'occupazione, aveva scritto e fatto recitare Le mosche (1943), anno anche della pubblicazione del suo immane lavoro  filosofico, L’essere e il nulla - dove si manifesta l'influenza di Husserl -, come anche Porte chiuse (1944). Nel 1946, pubblica La puttana rispettosa e Morti senza sepoltura; nel 1948 Le mani sporche. La sua concezione del teatro lo induce a  rifiutare il teatro psicologico e realistico, fondato su personaggi e caratteri, quanto il teatro d'intrattenimento.
Raccomanda un teatro dove si discutano le grandi questioni contemporanee, attraverso personaggi presi in situazioni limite, violente, la cui sfida è sempre la libertà, la responsabilità, il senso dell’esistenza, estremi predicati   spesso in contraddizione con l'azione. Oreste, nelle Mosche, si definisce con l'omicidio che compie, omicidio giusto  poiché si oppone all'abuso del  potere ed alla tirannia. I tre personaggi di Porte chiuse  (riuniti in un salone per l'eternità poiché sono già morti) sono condannati per sempre a giudicarsi e ad essere giudicati, essendo ciascuno prigioniero della
coscienza dell’altro - da cui la formula famosa: «L'inferno, sono gli altri». («L'enfer, c'est les autres »).
La logica rivoluzionaria
Alcune pièces teatrali  come Le mani sporche, ponendo la questione della logica rivoluzionaria (che può condurre ad uccidere) e della coscienza che vi si oppone, o come Il diavolo ed il buono dio (1951), o I sequestrati di Altona (1959) - la prima che rinvia a una contrapposizione netta tra  Satana e Dio, mentre l'eroe cerca il senso della sua esistenza attraverso l'azione, la seconda dove un ufficiale nazista è trascinato davanti  ad un tribunale immaginario - testimonia il posto di rilievo della politica in questo  teatro: come in Grecia, la scena è un’agora dove un popolo sfinito ma esigente vede esposti  i problemi principali della città Altre pièces (Kean, adattamento da Dumas,1953;  Nekrasov, satira dell’ambiente giornalistico,1955; o anche un rifacimento de Le troiane, da Euripide,1965) testimoniano l'interesse  di Sartre per il teatro, come per le arti della  comunicazione in generale. Sartre ha scritto molte sceneggiature cinematografiche, ha concesso numerose interviste, ed ha partecipato  assiduamente a  conferenze e  trasmissioni radiofoniche.
La Critica della ragione dialettica (1960) segna una svolta. Il marxismo, fino – ad allora ignorato da Sartre, ormai è ammesso come dato ineludibile, ma il suo progetto intelletuale non è sostanzialmente  modificato. Le strutture socioeconomiche appaiono come elementi esterni e inerti, con e contro  i  quali la libertà degli uomini dovrà sempre misurarsi.
L’ impegno politico si estrinseca nella  continua attività  giornalisticaa, che va dalla collaborazione a Combat  fino alla direzione del giornale maoista la Cause du peuple, del trotzkista Révolution, fino a  Libération. Esperienze che occorre  mettere sullo stesso piano, perché significano la stessa volontà di essere presenti per testimoniare, denunciare, agire, come anche  le numerose prefazioni ad opere letterarie e politiche spesso contestatarie e marginali (per Genet, Leibowitz, Fanon).
Terzomondista  convinto, Sartre, ad esempio, ha prefato le opere di  Senghor e Lumumba. Nella commovente  prefazione-manifesto alla ripubblicazione di Aden-Arabia, riabilita in modo vibrante il suo amico Paul Nizan, ferocemente attaccato dai comunisti. I dieci volumi di Situazioni (1947 -1976) raccolgono tutto questo immane lavoro critico e politico.
Testimonianza  delle sue collere, dei suoi odi e delle sue passioni, i testi di Situazioni disegnano un percorso politico originale. Attraverso l’ RDR (Rassemblement démocratique révolutionnaire), sogna una terza via (tra stalinismo  gollismo), al maoismo, passando per tappe complesse e depistanti  per tutti coloro che lo avrebbero voluto di una sola parte, la loro. Prende posizione a favore di Israele al momento della creazione dello Stato ebreo, nel 1948, preceduta dalle Riflessioni sulla questione ebraica (1946), dove Sartre sostiene che il problema non è la questione ebraica ma quella dell'antisemitismo; denunzia i campi di concentramento sovietici, con Merleau-Ponty, nel 1950; rompe l’alleanza coi  comunisti in occasione della guerra fredda, prima che l'intervento sovietico in Ungheria consumi la rottura definitiva con il  PCF  che tuttavia non disprezzerà  mai; sostiene la virulenta posizione anticolonialista di Temps modernes  (firma il manifesto dei 121,contro la guerra dell'Algeria, e, con Gisèle Halimi e Simone de Beauvoir, pubblica una saggio  sulla tortura, Djamila Boupacha, nel 1962). Stesso ardore  contro la guerra del Vietnam e stesso impegno nel maggio 68 a fianco  degli studenti e degli operai.
Nel corso  di una vita così occupata, la scrittura tuttavia tiene il posto principale, e benché gli venga conferito  il premio Nobel nel 1964  Sartre lo rifiuta, trovandolo troppo legato al blocco occidentale. Lo merita certamente: romanziere, drammaturgo, saggista, filosofo, Sartre è anche uno straordinario critico letterario. Inventore della  "biografia esistenziale " pensata per  questi "lavoratori
dell'immaginario", doppi o fratelli, per  i quali l'autore di Che cos’è  la letteratura? (1947) tende a ricomprendersi – da  Baudelaire (1947) a Genet (Saint Genet, attore e martire, 1952) e soprattutto a
Flaubert (L'idiota della famiglia, 1971 -1972, incompiuto) - fonda un metodo critico molto personale, che arriva al "romanzo vero" dell'autore affrontato ed il cui punto di partenza è sempre lo
stesso:  «Come si diventa  un uomo che scrive?»  In questo confronto con altri immaginari, la letteratura perde  la sua definizione immediata, impegnata, che consiste nel rivelare il mondo per cambiarlo e diventa cosa più torbida e più angosciante, potere di annientamento, stupore dove gli esseri scompaiono, poiché scrivere è decidere di assentarsi dal mondo. Essendo un autore autentico, dunque quello che «ha più o meno scelto l'immaginario», Sartre appartiene ad un'età che si può solo temere definitivamente tramontata, dove, per volere cambiare il mondo, occorre anche proclamare i diritti e il potere dell’immaginazione.