Letteratura e... musica:"La poesia di Fabrizio De Andre'"
RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI
La guerra di Piero
• Piccola bozza di analisi
I legami tra la letteratura e la musica sono antichissimi, tanto che, potremmo dire, la distinzione dei generi artistici è sentita maggiormente solo da noi moderni, mentre secoli fa spesso non si pensava ad alcuni generi letterari senza richiamarsi automaticamente alla musica. Molta parte della letteratura nasce, infatti, come supporto a melodie, e viceversa molte melodie sono state composte appositamente per accompagnare racconti. Nella maggior parte delle culture antiche i testi poetici erano composti per essere accompagnati da musica. Nel Medioevo, periodo dei trovatori provenzali, degli stilnovisti e del Petrarca, molto spesso la poesia si lega intimamente alla musica e nascono molti generi che ancora oggi mantengono un certo rapporto con la musica (ad es. le ballate, i canti carnascialeschi, ecc.); non è un caso se le poesie di Leopardi continuano a chiamarsi Canti. Questo legame appare più evidente se si considera come, spesso, gli stessi autori di opere letterarie sono, al contempo, musicisti o compositori (ad es. Hoffmann, Wagner, Arrigo Boito).
Queste brevi riflessioni, certo insignificanti di fronte alla vastità e complessità dei rapporti tra i due generi artistici, nascono come semplice tentativo di mettere in luce il doppio piacere che può derivare dal congiungere insieme due ambiti tanto importanti come quello della melodia e quello del racconto poetico; un piacere, questo, che ha da sempre accompagnato la sensibilizzazione dell'uomo.
Un esempio: La guerra di Piero
La guerra di Piero, canzone celeberrima dell'inizio degli anni 1960, è il racconto al contempo dolce e triste della contradditorietà e stupidità della guerra, fatto dal punto di vista di chi l'ha vissuta in prima persona, un semplice soldato. Riporto qui di seguito il testo della canzone.
Dormi sepolto in un campo di grano
Non è la rosa, non è il tulipano
Che ti fan veglia dall'ombra dei fossi
Ma sono mille papaveri rossi.
«Lungo le sponde del mio torrente
Voglio che scendano i lucci argentati,
Non più i cadaveri dei soldati
Portati in braccio dalla corrente».
Così dicevi ed era d'inverno
E come gli altri verso l'inferno
Te ne vai triste come chi deve;
Il vento ti sputa in faccia la neve.
Fermati Piero, fermati adesso,
lascia che il vento ti passi un po' addosso,
Dei morti in battaglia ti porti la voce:
"Chi diede la vita ebbe in cambio una croce".
Ma tu non la udisti e il tempo passava
Con le stagioni, a passo di giava,
Ed arrivasti a passar la frontiera
In un bel giorno di primavera.
E mentre marciavi con l'animo in spalla
Vedesti un uomo in fondo alla valle
Che aveva il tuo stesso identico umore
Ma la divisa di un altro colore.
Sparagli Piero, sparagli ora,
E dopo un colpo sparagli ancora,
Fino a che tu non lo vedrai esangue
Cadere a terra a coprire il suo sangue.
«E se gli sparo in fronte o nel cuore,
Soltanto il tempo avrà per morire,
Ma il tempo a me resterà per vedere,
Vedere gli occhi di un uomo che muore».
E mentre gli usi questa premura,
Quello si volta, ti vede, ha paura
Ed imbracciata l'artiglieria
Non ti ricambia la cortesia.
Cadesti a terra senza un lamento
E ti accorgesti in un solo momento
Che la tua vita finiva quel giorno
E non ci sarebbe stato ritorno.
«Ninetta mia, a crepare di maggio
Ci vuole tanto, troppo coraggio,
Ninetta bella, dritto all'inferno
Avrei preferito andarci d'inverno».
E mentre il grano ti stava a sentire
Dentro alle mani stringevi il fucile,
Dentro alla bocca stringevi parole
Troppo gelate per sciogliersi al sole.
Dormi sepolto in campo di grano
Non è la rosa, non è il tulipano
Che ti fan veglia dall'ombra dei fossi
Ma sono mille papaveri rossi.
NARRAZIONE
Come un vero e proprio racconto, abbiamo qui essenzialmente due voci: quella del narratore e quella del protagonista.
Il narratore è esterno e parla in terza persona, ma in alcuni momenti entra nella narrazione con le sue esortazioni («Fermati Piero», «Sparagli Piero»), immedesimandosi nella situazione e perciò provocando anche un maggior coinvolgimento nel lettore/ascoltatore. Il discorso riportato di Piero, che si trova in tre strofe (strofa 2, 8 e 11), rende più tangibile la figura di Piero (che altrimenti rimarrebbe un semplice soldato-fantasma in mezzo a molti altri) accentuando così il coinvolgimento del lettore/ascoltatore.
RITMO
Oltre ad essere musicata, questa canzone presenta a livello testuale numerose ripetizioni che le danno un ritmo particolare e che sottolineano nel testo i passaggi più carichi di significato e di emotività.
Così, ad esempio, nella strofa 8, in cui si riporta il discorso centrale di Piero (se sparo a quel soldato io vedrò morire un uomo), si ripetono per due volte le espressioni: "il tempo" e "vedere". Il tempo infatti è protagonista della situazione: mentre Piero si sofferma a riflettere sul fatto che proprio il tempo darà a lui la possibilità di vedere un uomo che muore, egli perde irrimediabilmente tempo e dà così modo all'altro di agire. Infatti, a differenza della strofa 8 che con le sue ripetizioni scandisce un tempo assai lento, la strofa 9, quella in cui l'altro soldato agisce senza perdere tempo, si muove su un ritmo veloce, asindetico: "si volta, ti vede, ha paura".
CAMPI SEMANTICI e ANTITESI
- la morte: il dormire sepolto, l'ombra dei fossi, i cadaveri dei soldati, l'inverno, i morti in battaglia, la croce, i colpi da sparare, il vedere un uomo che muore, le parole gelate.
- la vita: il grano, i papaveri rossi, i lucci argentati, la primavera, la figura dell'amata (Ninetta).
- il tempo: il fermarsi, il tempo che passa, il passare delle stagioni, il tempo che rimane per vedere, il non-ritorno dalla morte.
L'antitesi principale sulla quale si costruisce la poesia è quella tra la morte e la vita, dove ogni elemento appartenente al campo semantico dell'uno si trova in prossimità e in contrasto con gli elementi del campo semantico dell'altro. Tra i due termini, il tempo costituisce il tramite o la separazione, talvolta come mezzo di passaggio dalla vita alla morte (la perdita di tempo di Piero che è causa della sua morte), talatra come confine invalicabile tra i due mondi («ti accorgesti in un solo momento che (...) non ci sarebbe stato ritorno»).
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