"dal futurismo all'astrattismo"
RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI
Sviluppi di Forma 1 anni cinquanta
Il movimento Forma 1 nasce nel 1947 e, fino alla sua conclusione avvenuta nel ’51, accoglierà diversi artisti, sia pittori che scultori, come Accardi, Attardi, Consagra, Dorazio, Mino Guerrini, Maugeri, Perilli, Sanfilippo, Turcato.
Si tratterà di un gruppo che farà dell’arte astratta, dell’avanguardia e dell’impegno politico ad ampio raggio la sua bandiera.
Famosa è la frase all’apparenza assai contraddittoria che riassume il portato ideologico del movimento: essere allo stesso tempo “formalisti e marxisti”, il che voleva dire partecipare della realtà delle cose senza preconcetti né i tradizionali contrappesi che impediscono la libera espressione artistica ed umana in senso lato.
Nel panorama storico dell’arte astratta, sarà di estrema importanza la riscoperta e l’interesse operati dagli esponenti del gruppo per artisti come Magnelli o l’esplicito rifarsi alla tematica del dinamismo futurista delle forme sintetiche di Balla o in generale della pittura di Severini e Prampolini.
Il rapporto di Forma 1 col Futurismo è quindi fondamentale per poter dare all’arte astratta una energica spinta propulsiva tra gli anni ’40 e ’50 e recuperarne le radici storiche.
L’attività del gruppo si caratterizza anche e soprattutto per l’entusiasmo e le doti di infaticabili agitatori culturali di alcuni dei suoi esponenti e per l’organizzazione di importanti esposizioni e dibattiti sull’arte astratta, oltre che per la fondazione del Club L’Age D’Or.
Le opere che compongono questa sezione non rientrano strettamente negli anni di nascita e formazione del movimento ma mostrano gli approdi personali ad esiti di sintesi formalistiche e segniche che avrebbero costituito il tratto distintivo della loro poetica per il resto della loro attività, soprattutto nel caso della pelle pittorica di Accardi, qui ancora energica, espressiva ed in assestamento, dell’intreccio nervoso e calligrafico di Sanfilippo o della ricerca della bidimensionalità nella scultura di Consagra, concetto che mai abbandonerà. Di Dorazio viene esposta un’opera progressiva, estroversa e dinamica, di irruenza costruttiva e quasi meccanica.
Per Turcato, sempre alle radici del poetico pittorico, è impossibile individuare una linea stilistica vera e propria e per Perilli, presente con un’opera conflittuale di ispirazione prampoliniana, si devono registrare nel corso della sua attività originali sviluppi con cambiamenti radicali e complessi, di matrice addirittura dadaista.
• Astratto Concreto anni cinquanta
Il termine astratto-concreto fu coniato da Venturi nel 1952 a proposito di una serie di artisti, il cosiddetto Gruppo degli Otto (Afro, Birolli, Corpora, Moreni, Morlotti, Santomaso, Turcato, Vedova).
Seppur non condividendo vere e proprie somiglianze stilistiche od ideologiche di alcun tipo, il loro comun denominatore fu una esplicita avversione per la pittura neorealista e figurativa ed un’ispirazione dettata da contenuti provenienti da un ambito naturalistico. Al limite si deve dichiarare una stessa sollecitazione neocubista che ha preparato il terreno per le ricerche più autonome e caratterizzanti di ogni singolo artista.
La traduzione in immagini astratte non ha impedito alle loro rappresentazioni di assumere una valenza reale, come fosse un punto di partenza concreto e non uno scopo trascendente o metafisico della loro pittura.
Se come definizione di un movimento il termine ebbe vita breve (gli Otto si scioglieranno nel 1954), come parametro interpretativo e storico-critico rafforzò una tendenza che affondava le sue radici nell’astrazione storica di Mondrian e del neoplasticismo, seppur di essa rifiutava decisamente la razionalità e la metafisica idealistica della geometria.
Per ogni artista raggruppato in questa area si dovrebbe fare perciò un discorso a parte. Lo stesso Venturi era consapevole di questa difficoltà: “Si tratta anche in Italia di accordarsi su un linguaggio comune, in cui ciascuna personalità metta il suo accento individuale. Costituire un linguaggio pittorico comune, ecco il problema essenziale del gusto odierno”.
E’ così che si passa da una pittura naturalistica, riflessiva ed architettonicamente strutturata come quella di Brunori ad una densa e corposa come quella di Corpora.
Birolli adotta un sintetismo energico che gli viene dall’osservazione di una realtà rude ma anche suggestiva come quella della vita dei pescatori, mentre Santomaso prende ispirazione dalle conformazioni asciutte e stilizzate di cantieri e di fabbriche.
Sadun trascolora l’emozione in una leggera e soffice impalcatura lirica di evocativa dinamica emozionale.
E’ Vedova ad esprimere una realtà energica ed impetuosa, di stampo futurista, che si situa su posizioni radicalmente opposte alle situazioni contemplative e legate allo stato fluido del ricordo di Afro, che dipinge ritmi lenti, galleggianti e confusi della memoria.
• Spazialismo anni quaranta-cinquanta
Il movimento dello Spazialismo inizia con il Manifesto blanco di Fontana nel 1946, a cui fino al 1952 succederanno altre sei dichiarazioni di intenti e di poetica. Il termine si riferisce ad un nuovo concetto di spazio immateriale collegato a presupposti cosmici, interstellari ed atomici. Il Futurismo, tra le altre cose, sarà, almeno a livello ideologico, una grande spinta propulsiva per gli Spazialisti, che guarderanno infatti con interesse alle scoperte tecnologiche e scientifiche, come televisione, viaggi nello spazio, luci al neon e laser, che questi artisti intendono assorbire nell’opera per poterla proiettare in una dimensione dinamica ed eterna in sintonia peraltro con le nuove tecnologie della comunicazione.
All’interno del movimento, in piena coerenza con il concetto di un’instabilità universale in continua mutazione e senza confini, ogni artista concepisce la sua concezione di spazio e non esiste un vero e proprio stile spazialista: piuttosto ci sono degli scatti d’energia e delle propulsioni dinamiche condivise che permettono l’uscita dai limiti codificati dell’opera d’arte, pur se di fatto nessuno di loro (a parte qualche sperimentazione ambientale di Fontana) è riuscito nell’intento di superare i tradizionali limiti fisici delle arti.
Il segno di Crippa definisce vere e proprie traiettorie aeree ed atomiche, anche se, in certo modo, ancora descrittive ma di suggestiva ed ipnotica energia con le sue tipiche spirali mentre le leggere scalfitture ed incisioni di De Luigi danno vita a delle impalpabili rappresentazioni medianiche di presenze misteriose ed angeliche di luce; Dova entra in un mondo sotterraneo e subatomico (aderisce infatti anche al Nuclearismo) carico di oscuri rimandi psico-fisiologici e di mostruose ibridazioni; Finzi indaga “parascientificamente” i processi fotocromatici ed elettronici della luce ispirandosi ai ritmi della musica jazz.
Guidi si abbandona ad un senso “confuso” e puro del gesto pittorico, dove anche le tensioni ed i drammi diventano una possibilità per aver visione diretta di un’essenza spirituale dell’universo e dell’energia che lo anima.
E’ Fontana che getta uno sguardo diretto dentro la materia del cosmo saggiandone, attraverso la scultura, i processi interiori e magmatici ed andando al di là del piano pittorico con interventi che aprono la supeficie ad un’altra idea di spazio.
A parte si situa il caso di Tancredi, che è spazialista non tanto per fascinazioni futuristiche o tecnologiche ma per esuberanza, vitalismo interiore e desiderio di riversare il suo impeto creativo ed irregolare nella natura circostante.
• Informale anni cinquanta
L’Informale italiano, a volerlo sezionare e ridurre analiticamente ai suoi elementi fondamentali, si presenta come un foresta fitta ed impenetrabile, dal momento che non ci sono intenti di poetica (soprattutto se si considerano gli artisti selezionati in questa occasione) riuniti in manifesti, gruppi o programmi, semmai di modalità espressive comuni come quelle segniche, gestuali, materiche, ecc.
A grandi linee, si potrebbe definire la poetica informale come una ricerca solitaria ed interiormente drammatica, pulsionale ed irrazionale, fatta di tempi interni, di vicoli ciechi, di stratificazioni e di sedimentazioni.
Si pensi ad esempio al caso di Burri, che utilizza esclusivamente materiali come sacchi ( e poi anche legni, plastiche, ferri, cretti) identificando il processo umano con quello inorganico.
Franchina presenta i resti di un incidente in cui, sotto quelle che erano le apparenze rifinite ed eleganti di un prodotto tecnologico, è andato a recuperare l’istinto primigenio dell’uomo.
Leoncillo in cui la creta stessa è metafora del proprio corpo e di un lento tormento naturalistico che diviene un intimo diario personale ed umano.
Mannucci, con grande sapienza artigianale, trasforma gli sconvolgenti processi atomici, da cui è affascinato ed impaurito, in reperti di archeologia del futuro.
Mirko affronta il viaggio in luoghi fantastici ed esotici di cui raccoglie, come fossero stati trascinati a riva da terre lontane ed irraggiungibili, i manufatti tribali.
Moreni invece affronta d’impatto il momento violento della caduta e della lacerazione, come fosse uno squartamento disumano, un grido straziante.
Scanavino utilizza il segno come scandaglio dell’inconscio ma anche come punto di sutura delle sue ferite e di testimonianza di una sofferenza, di una difficoltà psichica e depressiva.
Rotella utilizza manifesti pubblicitari che raccoglie direttamente dal paesaggio metropolitano e che ricostruisce con nuovi strappi a studio, come si trattasse di enunciati sulla società e sul suo degrado consumistico.
Somaini trasforma scultura barocca e dinamismo futurista in una situazione organica e convulsa, in cui trauma e paura sono occasioni di resistenza e di scatto liberatorio.
Vacchi dipinge la corruzione ed il decadimento dell’uomo moderno, di cui presenta sontuosamente gli organi in via di decomposizione come fosse l’ultima fase della sua torbida storia.
Vedova dove la gestualità è sintomo di pittura priva di compromessi, ideologica, una forma di lotta e di rivolta contro le costrizioni e le trappole sociali.
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