lunedì 1 ottobre 2007

“La realtà alleggerita. Sull'immagine digitale.

di Diana Danelli
                                                 
"La mia operazione è stata il più delle volte una sottrazione di peso" (I.Calvino)
  Tratta da Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, questa frase può essere l'"avatar" dell'articolo stesso. Calvino propone per la "leggerezza" vari esempi tratti dalla letteratura e in particolare da Lucrezio e da Ovidio i quali, pur partendo da punti diversi approdano, l'uno nella materia, l'altro nella forma, alla dissoluzione della compattezza del mondo.
Questa breve premessa è utile per introdurre l'argomento, in quanto, sia la densità della realtà, sia il flusso delle forme che la compongono, concorrono a fornire il punto di vista da cui parte il tentativo di descrizione di ciò che è immagine digitale oggi.
 L'immagine digitale è fluida, è una serie dinamica di variabili.  In essa nulla vi è di statico, ogni punto è una sequenza di variabili; anche quando si tratta di immagine fissa, la staticità si risolve in una continua ripetizione degli stessi dati. La rappresentazione spaziale si fonda su di un codice temporale.
La lettura di un'immagine digitale può avvenire a vari livelli: dall'informazione binaria che la costituisce, alla alfanumerica che è una abbreviazione della precedente, a quella che vediamo sul monitor attraverso le unità visuali dei pixels che ci restituiscono la visione. I colori risultano da sintesi additiva RGB, del rosso, verde e blu, spesso definiti in codice esadecimale (nella stringa dei sei caratteri ogni coppia da sinistra esprime il valore R, G, B, cosi' ad esempio il nero e' 000000, il bianco FFFFFF, il rosso FF0000, ecc.).
Sono molte le combinazioni degli elementi che la compongono: dalle testuali, alle grafiche, alle sonore, alle dinamiche e tutte queste sono integrate in ciò che viene descritto come "ipermedium", un sistema reticolare nei cui vertici ci sono tali elementi, testo-audio-video e le cui possibili relazioni, semantiche, simboliche, dinamiche, ... sono determinate dal programma generativo. Dall'attivazione delle parti emergono le relazioni che costituiscono il sistema stesso.
L'immagine-interfaccia associata ad un dispositivo di puntamento e di selezione è quindi un mezzo per comunicare sia in locale, in particolare con un sistema operativo di una macchina che organizza e ordina insiemi di dati, che in connessione, ovvero con un sistema di macchine e di utenti, la rete appunto. Anche in questo caso con una interfaccia bidimensionale si può avere un ambiente di utilizzo bidimensionale o tridimensionale, statico o dinamico, ma qui le modalità di visualizzazione sono fissate dal linguaggio o protocollo (Html, Dhtml, Xml, Vrml, etc.), cioè dalle istruzioni che servono al programma di navigazione per far vedere il tutto. Ma il termine protocollo è più usato in altre situazioni come la tipologia di trasferimento di dati. Ogni linguaggio descrittivo garantisce funzionalità differenti all'ipermedium. Tali linguaggi non costruiscono gli oggetti, intesi come testi, suoni, immagini bidimensionali o modelli tridimensionali, ma indicano al programma di collegamento o navigazione come mostrarli; inoltre tali oggetti dovrebbero essere trovati dove sono  stati collocati nel ciberspazio e non dove l’informazione relativa è conservata, cioè i dati inerenti la costruzione dell'oggetto possono essere in un luogo diverso rispetto al quello del protocollo. In altre parole l'informazione che li genera rispetto a quella che li visualizza e li collega ad altri non deve necessariamente essere sulla stessa macchina ma anche in una in un altro continente che sia però sempre accessibile. Quindi tali oggetti devono comunque essere stoccati in banche-dati presenti in rete.
La distinzione tra informazione generatrice e visualizzante è generalizzabile e utile alla comprensione della struttura informazionale dell'immagine digitale ma non necessaria per la fruizione della forma risultante. Il digitale, per come e' stato finora strutturato, si fonda su queste due operazioni, che rispecchiano un comportamento simile al genetico, tra una matrice generativa e una di lettura di essa, una componente genotipica dell'informazione e una fenotipica. Nel caso della rete (ma non solo), sembra che questo processo si iteri e ciò che è generativo ad un livello diventa di lettura dell'informazione ad un altro e così via. E, in generale, si può aggiungere che il virtuale, per ora ancora prevalentemente legato al bit, è considerabile generativo di possibili sensibili.
Il sistema connesso, o rete delle sottoreti, ha dunque dei nodi nei quali l'informazione è conservata e che «esiste» nel momento in cui viene richiesta. Il ciberspazio esiste nell’interazione con il fruitore. È un universo parallelo che non deve necessariamente essere copia del mondo reale, ma che come prodotto umano è il suo doppio. In questo caso l'immagine digitale è il "portale", la descrizione di un sito, "luogo-non-luogo", "attrattore informazionale" all'interno del  sistema rete.
Roy Ascott, parlando del ciberspazio, vede una transizione da una virtualità arida, non biologica ad una realtà emergente, post-biologica. "Interactivity in this context is symbiotic, the environment transforms itself in relation to the transformations it hosts within its costituent elements" e continua: "The biggest problem society must deal with the dis-integration of its citizens as they come to inhabit the Internet, to pass through the interfaces into dataspace.... There's a shift in our artistic imperatives from iconicity to bionicity. Process and behaviour is replacing image and form”. Ascott vede l’emergenza in questo di una estetica apparizionale secondo cui la qualità di apparizione va sostituendo quella di rappresentazione: "the quality of coming-into-being, of apparition, is replacing the quality of representation, of appearance, which has for so long characterized western art. ... In this aesthetic of emergence, the surface images provides nothing more than a site of penetration into deeper layers of meaning or being."
Si consideri la bidirezionalità del flusso: immagini dal mondo verso il luogo-non-luogo e immagini del luogo-non-luogo, cioè di altri mondi di sintesi, verso il mondo.
Peter Weibel così descrive il futuro della Image Technology: " the future of the image technology will be designed by massive parallel virtual worlds (muve = multi user virtual environments), which are tele-correlates or "entangled". In this distribuited or dislocated interactive virtual worlds, the user can be his own cameraman, framing and reframing, zooming in and zooming out from the moving image". Quanto alla interazione tra reale e virtuale aggiunge: "This interaction will also be not only locally bound, as it still was even in computer assisted interaction, but it will be correlative between distant virtual worlds, or between dislocated real and virtual worlds."
 Un prodotto di questo tipo, che si apre alla lettura a vari livelli, permette di cogliere una certa complessità di tale stratificazione, dai codici, ai processi, agli stoccaggi. L'immagine digitale è spesso una meta-immagine, un'immagine di se stessa, non soltanto dei codici che la compongono nella sua singolarità ma anche la raffigurazione delle architetture del flusso complessivo dei dati.
In altri casi, è la rappresentazione di programmi di vita artificiale, di aggregazioni di organismi, dei quali è possibile vedere il comportamento; spesso si usano i risultati dei comportamenti di questi organismi o agenti nella selezione ad es. del tipo di informazione richiesta dall'utente.
Un'immagine digitale può infine (anche se è ancora piuttosto raro) essere trasformata, tra le varie codifiche a cui  può essere sottoposta, in informazione genetica e come tale stoccata in materiale biologico atto a sostituire normali banche dati digitali.
Sarebbe interessante anche seguire il procedimento opposto e cioè dall'informazione genetica ottenere attraverso le varie ricodifiche, una mappa digitale biologica: ogni essere potrebbe avere una immagine digitale che lo rappresenti a livello genetico. Immagini dell'uomo, immagini nell'uomo.
E' sempre più frequente la frammistione tra il digitale e la realtà in quei casi dove l'interfaccia non è più una immagine digitale, bensì un qualsiasi oggetto o spazio. Si tratta della cosiddetta realtà "aumentata" utilizzata in campo medico, industriale, educativo, artistico e ovviamente militare. In tal caso, altri dispositivi di visualizzazione, al di la dei pixels dei tradizionali monitor, permettono all'informazione digitale di sovrapporsi alla realtà corrente e di caricarla di maggiore densità informazionale. Ciò può avvenire sia attraverso particolari visori che non escludono la normale visione; oppure grazie a tecnologie ottiche che permettono ad oggetti immateriali di avere una propria densità nello spazio corrente; o anche attraverso speciali dispositivi posti nell'occhio stesso.
Intorno alla realtà "corrente" cioè quella sperimentata, o meglio vissuta finora, in futuro si potranno creare delle aree protette, di salvaguardia, dove sarà pressoché  nulla la frequenza delle presenze digitali, poiché queste saranno diffuse in quella che sarà la prossima realtà "corrente". Saranno quindi aree di realtà non aumentata, aree di "sottrazione".
Una nuova classe di prodotti digitali si sta infatti sviluppando, immagini, ma sarebbe più corretto chiamarle sculture dinamiche con una propria biologia digitale e comportamentale che vanno ad occupare gli spazi "reali", in una sorta di sovrapposizione-integrazione. L'"aidoru" di William Gibson non vive più soltanto nei mondi letterari. Tali immagini possono quindi essere cariche di informazione variabile la cui modularità può anche non essere riconosciuta, non solo perché la separazione netta del digitale può risultare difficoltosa, ma anche perché l'immagine emergente è una configurazione che raccoglie sottoreti di dati e la decodifica può quindi svilupparsi a livelli e direzioni differenti.
 Ogni apporto tecnologico fornisce una ulteriore modalità di lettura del reale che integra i modelli precedenti. La visione risultante sarà di maggiore stratificazione, nella quale le varie architetture spaziali, mentali, informazionali si intersecano in una trama sempre più fitta, forse inaspettata, meno definibile e al contempo più fluida, più alleggerita.
L'introduzione nella realtà di elementi più "leggeri" provoca questo complessivo alleggerimento della materia ma può anche produrre una maggiore densità formale di essa. L'interscambio di descrizioni sistemiche rende le varie realtà più assimilabili e omologabili.
Il modello del flusso di dati proprio del digitale diventa un modello applicabile, riduttivamente, alla realtà, la quale si presenta codificabile e decodificabile ai differenti livelli, dal biologico al fisico, con modalità diverse e il problema risultante è legato alla sua riproduzione, duplicazione, teletrasporto: le copie che statuto avranno?
  
Riferimenti bibliografici:
 Calvino Italo , Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Oscar Mondadori, Milano, 1993.
 Ascott Roy, Die Ästhetik des Erscheinenden - Apparitional Aesthetics, in Prix Ars Electronica 95, a cura di Leopoldseder H., Schoepf C.
 Weibel Peter, The Future of the Image Technology, conferenza Vant2000, luglio 2000 Bologna.
 Pecchioli Marcello, Elementi di pensiero tecnologico: Linguaggi visivi avanzati, conferenza Vant2000, luglio 2000 Bologna.
 Davis Joe, Romance, SuperCodes and The Milky Way DNA, in Next Sex, Ars
Electronica 2000, a cura di Stocker G., Schöpf C., Springer Verlag,
Wien, 2000, p.217
 Gibson William, Aidoru, Mondadori, Milano 1997.
 Danelli Diana, Forma in network. Spunti problematici, in Il paesaggio dell'estetica. Teorie e percorsi, Trauben, Torino, 1997.
 Danelli Diana, Per una scultura digitale a bassa densità, in AAVV Nel foco che li affina. Quattro studi per Francesco Piselli, Prometheus Editrice, Milano 2000.

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