Le Interviste Impossibili: Il Neurone
di Italo Pentimalli
Lo osservo intanto che il tecnico finisce di sistemargli il microfono.
Me lo aspettavo diverso, devo dire. Sar? che ancora si conosce molto poco sia sul suo passato che sui suoi progetti futuri, ma mi aspettavo che si presentasse con una serie di richieste precise, come quella di alterare la sua voce e non fare vedere il suo volto.
Invece eccolo l?, in doppio petto Armani, elegante e sicuro di s?.
Quando mi vede si alza educatamente e mi stringe la mano.
Terminati i convenevoli di rito, sto per aprire il mio blocco delle domande, quando lui mi chiede di poter fare una piccola dichiarazione iniziale.
Non posso che dichiararmi d’accordo e diamo il via alla registrazione dell’intervista.
“Vede” incomincia schiarendosi la voce “sono stato molto contento di accettare la sua proposta, di essere qui oggi per questa intervista. Ritengo che ci siano molti pregiudizi e anche molta ignoranza sulla mia persona e sui neuroni in generale. Vorrei chiarirli e spero che da questa intervista possa nascere una collaborazione pi? stretta fra di noi. Sarebbe una cosa auspicabile, non trova? Ne trarremmo vantaggio tutti, sia noi neuroni, che potremmo essere riconosciuti e trattati in modo adeguato, sia voi esseri umani, che potreste trarre dalla nostra piena collaborazione una crescita intellettiva enorme.”
Detto questo mi sorride e si rilassa sulla poltrona, in attesa delle mie domande.
“Bene, potremmo iniziare con alcuni cenni storici” dico ritrovando gli appunti sulla domanda “visto che non ? ancora stata chiarita esattamente? la sua nascita e i nostri primi contatti”
Mi sorride e risponde immediatamente “Guardi, lo sa che devo proprio ad un italiano il nostro primo, diciamo cos?, contatto visivo? Siamo verso la fine dell’800 e Camillo Golgi, con una colorazione speciale, riusc? quasi ad identificarmi. E dico quasi, perch? in realt?, il povero Camillo, che peraltro vinse anche un premio Nobel per questo, non riusc? a vedermi realmente, e si limit? a definirmi un ammasso reticolato, o qualcosa di simile, se non ricordo male. Poi ci fu quello spagnolo, aspetti, si, Santiago Ramon y Cajal, che mi fece il primo book” continua con una risata “sembra che riusc? a mettere insieme centinaia di fotografie, ma le assicuro, molto sgranate e che non mi rendevano di certo giustizia!”
“Diciamo che posso affermare di essere nato, se cos? si pu? dire, nel 1890, grazie a Waldeyer, che per primo coni? il termine neurone. Eppure ho dovuto aspettare fino agli anni 50, ma si rende conto? Pi? di mezzo secolo di discussioni fra chi scommetteva sulla mia esistenza e chi ancora mi definiva - massa di reticoli - se ci penso….E’ servito il microscopio elettronico per capire finalmente che esistevo!”
“Beh” gli dico intervenendo “Si consoli! Che noi donne esistiamo lo si sa da Adamo ed Eva! Eppure gira ancora la storia, anche se non suffragata da prove inconfutabili, che solo?con il concilio di Macon ci fu riconosciuta l’anima. E lo sa che?in Italia ci guadagnammo il diritto al voto nel 45? giusto poco prima che riconoscessero lei.”
Continuiamo l’intervista e gli chiedo di parlarmi della sua attivit?.
“Il mio ? un lavoro complesso, di grande responsabilit?. Altro che le vostre 8 ore! Ma lei sa che noi neuroni siamo attivi 24 ore a giorno, per sette giorni alla settimana e per tutto l’anno? Abbiamo una centrale per la raccolta informazioni sia che arrivino dall’esterno, sia che arrivino da altri reparti interni. Dopo di che proseguiamo con l’integrazione e l’analisi delle informazioni ricevute e produciamo le risposte e non dopo giorni, a volte le nostre risposte vengono fornite in microsecondi!” e improvvisamente mi colpisce il ginocchio con la penna. Di riflesso la mia gamba scatta in avanti e rischio di far rovesciare il tavolino. Sono stupita, ma lui continua “Vede? Chi crede che l’abbia fatta reagire in modo cos? immediato? Il mago Forrest?”
E poi prosegue tranquillo “Ovviamente curiamo anche la corretta divulgazione delle risposte e la loro esecuzione, come le ho appena dimostrato con questo innocente giochetto. Lei sa come si chiama questo fenomeno immediato che ho creato dandole un colpetto sul ginocchio e facendole immediatamente alzare la gamba? Si chiama arco riflesso. Divertente vero? Ma tornando seri, ovviamente la nostra attivit? prevede anche una completa gestione interna per mantenere la nostra integrit? di neuroni.”
“Bene” dico, cercando di darmi un contegno dopo lo scherzetto dell’arco riflesso “Mi risulta che siano state fornite, nel tempo, diverse versioni non solo della vostra attivit?, ma anche delle vostre caratteristiche e della vostra personalit?. Leggo qui per esempio che siete stati, diciamo, catalogati, a seconda della forma, del numero di ramificazioni, della velocit? di trasmissione, dell’espansione tridimensionale….”
Mi interrompe con un cenno della mano e “Mi scusi, posso farle una domanda io? Ha per caso una sua fotografia di quando aveva tre anni? Crede di essere cambiata da allora? E le sue capacit?? Anche quelle sono cambiate, cresciute, migliorate o no? Ecco vede, forse l’errore ? stato quello di considerarci una popolazione statica. In effetti noi evolviamo in continuazione, e ci succede la stessa cosa che succede a voi. Cambiamo aspetto, modifichiamo il nostro modo di agire a seconda delle esperienze vissute, ci specializziamo a seconda dell’attivit? che intraprendiamo. Certo ci sono le caratteristiche di base, come per voi esseri umani, ma poi ogni individuo ? un mondo a se, non ? cos??”
Non posso che essere d’accordo e quello che dice mi permette di agganciare una domanda che non sapevo bene come fare “Senta, da quando i neuroni sono stati riconosciuti, si ? sempre parlato della vostra incredibile attivit? come di un lavoro squisitamente di squadra, come se la vostra singola identit? non esistesse, ma si potesse ipotizzare una, diciamo, rete neuronale. Alcuni studi recenti invece sembrano dimostrare che ognuno di voi ha uno specifico ruolo, una specie di vita privata. Quale ? il suo commento?”
“I miei amici del California Institute of Technology” mi risponde “scoprono le cose e se non le pubblicano subito non sono contenti. Stiamo toccando temi un po’ innovativi, se ne rende conto, cara signora?”
Ne approfitto per affondare con qualche altra domanda, devo fargli capire che non sono proprio l’ultima arrivata, che mi sono preparata bene per questa intervista e che lui mi deve delle risposte chiare e definitive. “Si, ho letto dei suoi amici americani, ma anche noi italiani mica scherziamo. E approposito di italiani, che mi dice dei neuroni specchio?”
Ma il tempo a nostra disposizione ? scaduto. L’intervista ? finita, per ora.
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