domenica 18 novembre 2007

Dioniso,  Apollo e la figura di Cristo

Iakov Levi e Luigi Previdi


La crisi che colpì il mondo antico, dopo secoli di evoluzione apollinea e di sincretismo dell'ecumene panellenica, si tradusse nella ricerca di una soluzione. Come il singolo, quando si trova la strada sbarrata verso un ulteriore sviluppo e si sente intrappolato in una condizione che gli provoca disagio e sofferenza, tende a regredire a uno stadio di sviluppo precedente, così i popoli. br>Il mondo greco - romano, aveva superato da numerosi secoli la struttura mentale tribale e i riti totemici e d’iniziazione delle tribù primitive. Le tracce rimanevano solo nei miti orfici e in alcune rappresentazioni arcaiche, ed era diventato la civiltà più evoluta che avesse mai conosciuto l’umanità. Questa ecumene pan--ellenica, attraverso un processo di stanchezza e di saturazione, era sfociata in degenerazione culturale ed estraniazione sociale. La compattezza e la coesione interna delle arcaiche tribù greche era solo una traccia mnestica e, nella nuova struttura dello stato, in un processo durato secoli, aveva lasciato il posto alle lotte di classe, all’asservimento e al latifondo. La religione era diventata uno strumento delle classi privilegiate e il conglomerato di popoli che formavano l’ecumene greco -- romana non aveva ormai piu’ le sue radici nella grecità classica. Il suo retaggio era un insieme di riti e credenze da cui era stato incoraggiato ad estraniarsi, per far posto al sincretismo cosmopolita delle classi dominanti. 
A questo punto l’uomo occidentale si trovò davanti a una mangiatoia rotta, e il terreno era pronto per la rottura e la regressione. L’Occidente tentò di scrollarsi di dosso il fardello della cultura ellenica invecchiata e degenerata e, nel tentativo di uscire dallo stress esistenziale in cui si trovava, cercò di creare nuovi modelli a cui ispirarsi. Questi si rivelarono come nuovi nella forma esteriore, ma erano quelli ripescati dalla propria preistoria, come appaiono nei miti orfici.  Qui ci ricolleghiamo a quello che dice Freud sui riti cristiani della Santa Comunione e dell’Eucarestia, come un ripristino degli antichi riti totemici. L’antico dio - figlio dei miti orfici, Dioniso, che esisteva in un’unica consustanzialità con Zeus, dio - padre dei cieli e degli Inferi, Hipsistos e Chtonios, figlio, padre e re del mondo, rinnovò qui la sua epifania per venire nuovamente sacrificato. 
Come Dioniso, come suo ultimo dono, lasciò il vino (cfr. p.3), così Cristo, come suo dono lasciò il proprio sangue, affinché venga incorporato in ogni celebrazione della Santa Comunione. Il pane sarà il suo corpo seppellito dai Titani e ritrovato da Demetra, la dea delle messi e quindi del pane. Cristo viene ucciso, al pari di Dioniso, come parte di un rito in cui si condensano riti totemici, riti d’iniziazione e culti della fertilità. La cultura apollinea ellenica ripercorre di colpo, all’indietro, tutta la strada che aveva fatto in quasi mille anni, da tribù a civiltà. 
Ma centinaia d’anni di evoluzione apollinea non verranno cancellati né soppressi, bensì verranno integrati nella nuova trasfigurazione che la cultura greco - romana stava passando. Se Dioniso riebbe il primato per quello che riguarda i contenuti primigeni del nuovo ellenismo, Apollo ne fu però l’epifania cosmica: al terzo giorno risuscita come Apollo, dio della luce e di tutta l’ecumene, e sarà il nuovo dio sole di tutta l’umanità. Non più dio tribale e barbuto, come Dioniso – Pan, ma dio della bellezza nell’armonia ideale delle  forme. L’Occidente cristiano lo esporrà d’ora in poi nella sua nudità apollinea. L’Oriente cristiano invece nella sua veste di dio coperto e barbuto. L’Oriente ellenista dimostrò così di non aver mai assimilato completamente il modus mentale apollineo della civiltà greca e di essere sempre rimasto radicato al modus mentale dionisiaco, con  la sua avversione per il nudo e l’espressione plastica. 
I Bizantini assorbirono il modus orientale, che invase persino la Grecia stessa, mentre l’Italia rimase il baluardo dell’Occidente greco - romano. Le divisioni dottrinarie che turbarono la cristianità nei primi secoli furono una conseguenza diretta della lotta tra il modus apollineo occidentale e quello dionisiaco orientale: tra plasticismo e colorismo, tra concezioni d’ideale delle forme platonico ed astrazione. L’Oriente tese al monofitismo, poiché non potevano assorbire l’idea ellenica della cosustanzialità tra divino e umano, mentre l’Occidente si assestò finalmente sul duofisismo, poiché questa dualità ben si confaceva al suo modus mentale. L’Oriente cristiano fu sconvolto da feroci crisi iconoclastiche che minacciarono di sgretolare l’impero bizantino, poiché questi rigurgiti di correnti dionisiache di stampo Aton - istico, altro non erano che il modus orientale che cercava di prevalere. 
Le chiese orientali hanno conservato anche nella loro liturgia il vibrante strato dionisiaco che invece è stato anestetizzato nel rituale occidentale. 
La Pasqua, che nella percezione popolare occidentale è stata degradata, con i suoi contenuti tragici di morte e Risurrezione, in confronto al Natale, ha conservato nel rituale orientale tutta la potenza tragica dei riti di morte e risurrezione del mito orfico di Dioniso, che in Oriente trovava il suo corrispondente nei culti di Adonis e Attis. Nell’Antiochia precristiana la morte e resurrezione di Adonis era rappresentata in forma drammatica. Il dio resuscitato era accolto con grida di gioia estatici per le strade della città e la folla gridava: “Coraggio credenti! Un dio è stato salvato, così noi saremo salvati dal nostro lutto” (James G.Frazer,  Adonis, Attis, Osiris, London 1914, p.212). 
Il rituale della chiesa greco -- ortodossa della stessa Antiochia procede oggi alla stessa maniera: la settimana pasquale è celebrata in un grande lutto e finisce Sabato a mezzanotte. Al dodicesimo rintocco il vescovo appare alla folla ed annuncia l’Evangelium: Cristo è risorto! La folla prorompe in un grido: “Sì, è risorto” e tutta la città risuona di canti di giubilo e di fuochi di artificio (Hugo Hepding, Attis, Giessen 1903, p.167). Nell’oriente cristiano la celebrazione della morte e Risurrezione del Redentore è rimasta priva della mediazione apollinea, e si concentra sui contenuti dionisiaci della tragedia, poiché sono gli unici congeniti al proprio modus . La Grecia stessa, culla dell’apollineo, è stata invasa dal modus orientale, e il baricentro dell'apollineo occidentale si è spostato di un fuso orario all’Italia cattolica e ai suoi satelliti. 
Quando le tribù germaniche furono convertite al cristianesimo, accettarono in realtà solo i contenuti dionisiaci del Cristo, e inconsciamente rifiutarono la versione apollinea della sua figura. Senza un vissuto di evoluzione apollinea, la nudità  ellenica e l’ideale platonico dell’armonia plastica delle forme erano loro completamente estranee. Nella raffigurazione che i popoli nordici danno della figura di Cristo manca completamente l’armonia di forme del Cristo cattolico. Anche dove questi viene rappresentato seminudo sulla croce l’elemento dominante è la sofferenza dionisiaca e il nudo si trasfigura in una smorfia di dolore. Il corpo del Redentore si contrae sotto la tortura, e la Salvezza non avviene attraverso la trasfigurazione nell’Apollo ecumenico, dio della bellezza e della luce, bensì attraverso l’accentuazione del dolore del pasto totemico originale. Mentre nel mondo cattolico, erede della grecità, la redenzione avviene attraverso la trasfigurazione di Dioniso in Apollo, cioè attraverso la sublimazione in espressione plastica delle pulsioni primarie, come nelle soluzioni apollinee della civiltà greca, per le tribù d'oltr'alpe e gli altri barbari che abbracciò il cristianesimo, compresi coloro che, membri dell’ecumene panellenica, ne avevano abbracciato le forme senza assimilarne i contenuti, il Cristo in croce rimarrà solo il proprio totem al palo della tortura. Il gusto sadico del sangue e quello macabro della morte sono quello che emerge dall’interpretazione del cristianesimo, da parte delle tribù che non avevano passato la mediazione e la sublimazione dell’apollineo. 
Le tribù europee, dopo mille anni da quando erano state coercizzate entro la sfera culturale occidentale, rigettarono, in un rigurgito del proprio sé il modus apollineo che era stato loro imposto, e cacciarono dai propri templi le immagini dell’Olimpo cattolico. Con la Riforma non si limitarono, infatti, a scrollarsi di dosso l’autorità del papato, ma colsero l'occasione per rifiutare anche il concetto greco - romano della rappresentazione plastica del corpo umano, delle statue dei santi, trasfigurazione dei vecchi dei, e l’idea del sacramento del matrimonio, simbolo di una monogamia peculiare della grecità - romanità, che niente diceva alla loro psiche poligama e tribale. 
Vediamo dunque che l’idea, abbracciata anche da Freud, che il cristianesimo derivi dall’ebraismo e che il monoteismo cristiano possa derivare da quello di Aton, è da considerarsi errata. L’unica cosa che hanno in comune è l’universalismo: quello ebraico - iconoclasta viene da quello di Aton, dopo una latenza di sette secoli, quello cristiano - iconodulo da Apollo, sullo stampo delll’universalismo dell’ecumene panellenica. Anche la tendenza al proselitismo del cattolicesimo e la volontà di convertire a questo tutto il mondo conosciuto, non è altro che la trasfigurazione della volontà greca, dal IV sec. A.C. in poi, di convertire tutto il mondo conosciuto di allora alla cultura ellenista. Come greci e romani consideravano “barbari” tutti coloro che si rifiutassero di abbracciare la cultura panellenica, il cui simbolo era Apollo, così la Chiesa considera selvaggi tutti coloro che rifiutano il messaggio di Cristo. Come scorciatoia, i missionari, più che di una conversione culturale, si accontentano generalmente del solo battesimo: il rito, che per sé ha più la connotazione di un atto di magia che di una metamorfosi culturale, simboleggia, così, l’atto di aderenza all’ecumene cristiana.
RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI

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