domenica 18 novembre 2007

Alcuni cenni su Freud, Jung e la Psicoanalisi

RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI
(liberamente tratto da testi vari)

La psicoanalisi con Freud ha avuto il merito di non aver sottovalutato la forza sessuale, ne ha intravisto alcune relazioni con il corpo e la salute. Ma simbolicamente parlando è rimasta, forse, confinata in un vicolo cieco, senza torcia nel subcosciente dell'essere umano.
Comunque, ha spinto la cultura accademica a non ignorare alcuni fenomeni importanti della vita interiore, ha evidenziato infatti come una parte importante dei comportamenti umani sfugga al controllo razionale dell'individuo.
Quali sono allora le vere cause di questi comportamenti?
Jung, invece, ha compiuto grandi sforzi per non restare irretito nel vicolo cieco del subconscio personale e si è in parte avvicinato ai concetti della filosofia iniziatica e in parte ha propugnato metodologie (ad es.immaginazione attiva) oggetto di molte critiche da parte degli spiritualisti in quanto esse indeboliscono l'Io, la volontà di perfezionamento...Julius Evola e Guenon rivolgono critiche molto acute nei confronti della psicologia di Jung... il processo analitico junghiano non porterebbe ad una integrazione, ma ad una vera e propria regressione: “lo scopo vero della via iniziatica è la realizzazione come supercoscienza di ciò che si è chiamata la subcoscienza cosmico-metafisica. Per venire a tanto…invece di aprirsi all’inconscio atavico-collettivo, bisogna sciogliersi da esso, neutralizzarlo, perché proprio esso è il ‘guardiano della soglia’, la forza che preclude la visione, ostacola il risveglio e la partecipazione a quel mondo superiore, cui va ricondotta la vera nozione di archetipo"....il metodo dell'immaginazione attiva dice Evola, citando un testo taoista, è nefasto perché conduce verso “la regione dei demoni (cfr Gruppo di Ur, Introduzione alla Magia quale scienza dell’Io).
Un'altra critica mossa alla psicoanalisi è quella secondo cui non appare opportuno indurre le persone ad addentrarsi nel difficile e pericoloso mondo del subconscio con il solo aiuto dell'intelletto, occorrono forza interiore ovvero valori spirituali interiori, una solida luce interiore, in caso contrario, v'è il fondato rischio di creare negli altri squilibri e malesseri interiori. Nel subcosncio, entriamo in contatto, infatti, con forze che potremmo anche non gestire e controllare.
Bisogna essere spiritualmente attrezzati per esplorare queste regioni vicine alle nostre radici. E' un percorso necessario che la vita prima o dopo obbliga ciascuno di noi a compiere, ma preferibilemente, non nello studio di un medico, ma naturalmente e gradualmente nella vita quotidiana, in un contesto adeguato. Il fatto di essere affetti da turbe o da depressione non è un buon motivo per scavare nel subconscio.
Si consiglia, sulle cautele da osservare nel lavoro sul subconscio, la lettura del cap. XII - il subcosciente - del libro la Vita psichica elementi e strutture di Aivanhov il quale ricorda che "Non bisogna lottare contro le debolezze e i vizi. Che si tratti di gelosia, di collera, di cupidigia, di vanità, occorre mobilitarli affinché operino nella direzione voluta. Se è naturale utilizzare le energie della natura, perché meravigliarsi quando si tratta di utilizzare certe energie primitive che sono in noi? La conoscenza delle regole dell’alchimia spirituale consente di saper trasformare e utilizzare tutte le forze negative"(Il lavoro alchemico ovvero la ricerca della perfezione)

Nel 1905 Freud pubblica "Tre saggi sulla sessualità" ove sostiene che, accanto all'attrazione fra i due sessi vi sono anche altre forme di attrazione che non vanno occultate, ma esaminate, la sessualità non si esaurisce nella funzione riproduttiva, essa esprime pulsioni verso il piacere, complesse e variamente articolate, ad esempio, a seconda delle età.
Per quali ragioni certe pulsioni vengono respinte, come mai certi ricordi sono a disposizione della coscienza, mentre altri possono essere, almeno in apparenza, sottratti ad essa e rimossi nell'inconscio? La ragione di ciò - risponde Freud - è da trovare nel fatto che si tratta di pulsioni e di desideri in palese contrasto con i valori e le esigenze etiche proclamate e ritenute valide dall'individuo cosciente.
Quando c'è contrasto tra l'io cosciente (i suoi valori e i suoi ideali) e certe pulsioni e certi desideri, allora entra in azione un meccanismo di "repressione" che strappa queste cose "vergognose" e "indicibili"(di natura principalmente sessuale) alla coscienza e le colloca nell'inconscio al fine di non farle riaffiorare alla vita cosciente.
Freud riconduce la vita dell'uomo ad una originaria libido, cioè ad una energia connessa principalmente al desiderio sessuale: "analoga alla fame in generale, la libido designa la forza con la quale si manifesta l'istinto sessuale, come la fame designa la forza con la quale si manifesta l'istinto di assorbimento del nutrimento". Ma mentre desideri come la fame o la sete non sono "peccaminosi" e non vengono rimossi, le pulsioni sessuali vengono rimosse, per poi riaffiorare nei sogni e nelle nevrosi.
"La prima scoperta alla quale ci conduce la psicoanalisi è che, regolarmente, i sintomi morbosi sono legati alla vita amorosa del malato; questa scoperta ci obbliga a considerare i disturbi della vita sessuale come una delle cause più importante della malattia." Ed i malati non si avvedono di questo in quanto essi sono appesantiti da un pesante fardello di menzogne con le quali occultano le cose vergognose.
Dice Freud "in ogni caso di nevrosi c'è una etiologia sessuale; ma nella nevrastenia è una etiologia di tipo presente, mentre nelle psiconevrosi i fattori sono di natura infantile. L'angoscia è sempre libido distolta dal suo normale impiego"
In antitesi agli istinti libidici di cui aveva parlato nella prima parte della sua opera, Freud introdusse poi la nozione di "pulsione di vita", che chiamò Eros, e la pulsione di morte, che definì Thanatos.
Inizialmente, quindi Freud intendeva per libido l'insieme delle energie vitali, poi delimitò il riferimento del termine alle sole energie sessuali, in polemica per questo con Jung.
Freud avanti negli anni descrive la libido come una forza cieca e irrazionale, violenta e incoercibile come la fame; nonostante promuova l'incontro tra i sessi, essa è intimamente asociale, perché induce l'individuo a ricercare il proprio piacere personale e ad investire cariche energetiche in obiettivi edonistici.

Diversamente da Freud che parla della libido unicamente in accezione sessuale, Jung la concepisce come un'energia psichica unitaria, omnipervasiva. La libido non si esprime solo nella pulsione all'atto riproduttivo, ma riguarda altre forme di attività durante l'arco della vita, e i cui principi sono fortemente influenzati dagli archetipi. Scrive Jung «Concepivo la libido come il corrispondente psichico dell'energia fisica, e quindi, più o meno, come un concetto quantitativo, che perciò non avrebbe dovuto essere definito in termini qualitativi... non intendevo più parlare di istinti di fame, aggressivi, sessuali, ma considerare tutti questi fenomeni come manifestazioni diverse dell'energia psichica». «Anche in fisica parliamo di energia e delle sue varie manifestazioni, come luce, calore, elettricità, etc. Lo stesso vale anche per la psicologia... Se concepiamo la libido come energia, possiamo averne una dimensione abbastanza unitaria... M'interessava stabilire anche per la psicologia un'uniformità simile a quella che nelle scienze naturali esiste come generale energetica».
Interessanti sono poi alcuni concetti, ampiamente approfonditi dalla filosofia iniziatica, e affrontati da Freud e soprattutto da Jung.
Ad esempio, dice Freud " L'Io non è padrone in casa propria". Non è padrone, dice Freud, perché ha rimosso componenti sgradite ma essenziali della personalità, le quali allora esercitano il loro potere dal territorio oscuro del subconcio, cioè fuori dalla vista e dal controllo dell'Io.
Per Jung l'inconscio non è solo la regione, la zona connotata di contenuti inadeguati e di residui pulsionali obsoleti e conflittuali, bensì è la fonte primaria, la madre delle energie è il luogo dove si svolgono i processi di trasformazione creativa che consentono all'individuo di trascendere i limiti del proprio Io ed arricchire la personalità di nuovi modi di essere idonei a fronteggiare le mutevoli esigenze della realtà.
Dice Jung "L'incontro con se stessi è una delle esperienze più sgradevoli alle quali si sfugge proiettando tutto ciò che è negativo sul mondo circostante. Chi è in condizione di vedere la propria ombra e di sopportarne la conoscenza ha già assolto una piccola parte del compito". Egli pertanto suggerisce di controllare tali forze e integrarle nella coscienza.
In assenza di una adeguata correlazione fra l'Io e l'inconscio non è possibile una vera trasformazione, una crescita individuale e collettiva. L'Io scisso dalle sua radici inconsce è incapace di autentici rinnovamenti.
Il vero centro della personalità, la vera identità individuale, che Jung chiama il "Sé", si trova proprio là dove l'Io e l'inconscio riescono ad incontrarsi ed unirsi, a "stare insieme".
"Una psicologia capace di soddisfare soltanto l'intelletto non è mai una psicologia pratica; l'anima nella sua totalità non può mai essere intesa soltanto con l'intelletto. Ci piaccia o no, il momento della visione universale s'impone, perché l'anima cerca un'espressione capace di coglierla in tutta la sua pienezza.
«Concepivo la libido come il corrispondente psichico dell'energia fisica, e quindi, più o meno, come un concetto quantitativo, che perciò non avrebbe dovuto essere definito in termini qualitativi... non intendevo più parlare di istinti di fame, aggressivi, sessuali, ma considerare tutti questi fenomeni come manifestazioni diverse dell'energia psichica». «Anche in fisica parliamo di energia e delle sue varie manifestazioni, come luce, calore, elettricità, etc. Lo stesso vale anche per la psicologia... Se concepiamo la libido come energia, possiamo averne una dimensione abbastanza unitaria... M'interessava stabilire anche per la psicologia un'uniformità simile a quella che nelle scienze naturali esiste come generale energetica».
"Avere una vocazione nel suo significato originario vuol dire essere guidati da una voce. (…) La voce interiore è la voce di una vita più piena, di una coscienza ulteriore più ampia. Nella voce interiore, l’infimo e il sommo, l’eccelso e l’abietto, verità e menzogna spesso si mescolano imperscrutabilmente, aprendo in noi un abisso di confusione, di smarrimento e di disperazione. L’uomo che, tradendo la propria legge, non sviluppa la personalità, si è lasciato sfuggire il senso della propria vita."
"L'iniziazione non è comunicabile alla stessa maniera di quella "di un professore che nell'insegnamento profano comunica ai suoi allievi formule attinte dai libri, formule che essi dovranno soltanto immagazzinare nella loro memoria; si tratta qui di una cosa che, nella sua essenza stessa, è propriamente incomunicabile, poiché sono stati da realizzare interiormente".
"L'esperienza iniziatica quindi rappresenta un mutamento di visuale che permetteva all'uomo di ricollegarsi con il divino. Apparentemente nel nostro mondo attuale le iniziazioni sembrano scomparse, ma esistono ancora sotto forma di riti di passaggio depotenziati, infatti i vari festeggiamenti che vengono effettuati per il nuovo anno, per le nascite, per i compleanni o per qualsiasi conquista di tipo sociale, sono un pallido ricordo dei riti di rinascita spirituale che accompagnavano in illo tempore l'uomo. Raramente, oggi, questi passaggi corrispondono a mutamenti ontologici dell'individuo che li esaurisce invece in un'acquisizione di concreto potere personale e non in senso simbolico. Per questa ragione l'uomo non riesce più ad attuare quella forma di rigenerazione spirituale che gli era naturale in altri tempi."
La filosofia iniziatica ammonisce che non basta voler essere saggi e luminosi per diventarlo, occorre non trascurare la realtà del mondo oscuro che ciascuno porta in sé. Occorre conoscere e sublimare le energie che provengono dalle nostre radici. Osserva Aivanhov in "Natura umana e Natura divina" " Di fronte a una ingiustizia subita, c’è chi pensa di vendicarsi e c’è chi pensa di perdonare. Quale dei due atteggiamenti può definirsi umano dato che sono opposti tra di loro? Certamente entrambe le condotte lo sono, ma se sono antitetiche significa che sono ispirate da due nature diverse che fanno parte dell’essere umano: la natura superiore e la natura inferiore. L’uomo è posto ai limiti del mondo animale e del mondo divino; la sua natura è quindi duplice ed è importante che egli prenda coscienza di tale ambivalenza per vincerla e superarla. Se nei testi sacri è scritto "Siete déi" è per ricordare all’uomo la presenza di una essenza superiore nascosta in lui che egli deve imparare a manifestare.

Omraam Mikhaël Aïvanhov
Non bisogna lottare contro le debolezze e i vizi. Che si tratti di gelosia, di collera, di cupidigia, di vanità, occorre mobilitarli affinché operino nella direzione voluta. Se è naturale utilizzare le energie della natura, perché meravigliarsi quando si tratta di utilizzare certe energie primitive che sono in noi? La conoscenza delle regole dell’alchimia spirituale consente di saper trasformare e utilizzare tutte le forze negative. Confronta l'ampia e fondamentale opera di Omraam Mikhaek Aivanhov.

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