GIUSEPPE CAPOGROSSI Roma, 1900-1972; di Gabriella Baptist
DI D. PICCHIOTTI
Il padre, Guglielmo, appartiene a un'antica e nobile famiglia romana, quella dei conti Capogrossi Guarna. La madre, Beatrice Tacchi Venturi proviene da una famiglia originaria di San Severino Marche. Una figura determinante per l'artista è costituita da un fratello della madre, Pietro Tacchi Venturi, segretario generale della Compagnia del Gesùe e un noto storico delle religioni. Terminati gli studi classici, nel 1918 combatte sull'Adamello (Trentino). Nel 1922 conseguita la laurea in giusriprudenza lo zio gesuita lo introduce nello studio professionale di Giambattista Conti, affreschista e grafico. Qui ricopre il ruolo di apprendista, ma nello stesso tempo disegna e dipinge dal vero composizioni di oggetti, ritrae compagni di lavoro ed esegue copie dai grandi maestri (Michelangelo, Piero della Francesca). Nel 1923 passa nella scuola di Nudo di Felice Carena, a Roma tra le più accreditate. Qui dipinge nature morte e ritratti femminili e diventa amico del giovane pugliese, Emanuele Cavalli. Intorno al 1925 frequenta la Casa d'Arte Bragaglia. Esordisce nel 1927 in una personale insieme a Cavalli e Francesco Di Cocco organizzata nell' hotel Dinesen. Vi espone opere di piccolo formato: un Autoritratto (acquistato con ogni probabilità da Emanuele Fiano), qualche paesaggio e alcune vedute di Roma. Tra il 1927 e il 1931 compie ripetuti soggiorni a Parigi, dei quali purtroppo manca una ancora una sufficiente documentazione. Nel 1930 è ammesso alla XVII Esposizione Biennale Internazionale d'Arte di Venezia. Nel 1931 stringe un sodalizio con Cavalli, esteso di lì a poco anche a Corrado Cagli. Nel 1932 alla III Mostra del Sindacato Regionale Fascista Belle Arti del Lazio espone sette quadri, tra cui Arlecchino (1931), Donna con velo (1931), che risentono ancora dei suoi studi parigini (gli impressionisti, Picasso, André Derain). Il nuovo sodalizio è appoggiato da Pier Maria Bardi, direttore della Galleria di Roma. Qui nel 1932 espone insieme a Cavalli e Cagli. Agli inizi del 1933 a Milano Capogrossi e gli altri due sodali espongono come "Gruppo dei nuovi pittori romani" nella Galleria del Milione, epicentro dell'Astrattismo italiano. In ottobre decidono di stilare il Manifesto del Primordialismo Plastico, ma in seguito a divergenze teoriche e pratiche sciolgono il sodalizio. In dicembre a Parigi tuttavia prende parte nella Galerie Jacques Bonjean a l"'Exposition des Peintres Romains" con Capogrossi, Cavalli, Cagli e Sclavi, presentati da Waldemar George come "Ecole de Rome".
Nel 1935 a Roma alla II Quadriennale d'Arte Nazionale espone un gruppo di opere tra cui Ritratto del pittore Paladini (1933), Giocatore di ping-pong (1933; Roma, collezione Galleria Comunale d'Arte Moderna), Ritratto (1934 circa; Roma, collezione Galleria Nazionale d'Arte Moderna) e Piena sul Tevere (1934) tra i suoi capolavori del periodo tonale. La critica lo riconosce tra i protagonisti del rinnovamento della pittura romana. Nel 1937 è presente in tre mostre internazionali: nel 'The 1937 International Exhibition of Paintings" di Pittsburgh (Ballo sul fiume vince il secondo premio), nell"'Anthology of Contemporary Italian Painting" della Cometa Art Gallery di New York e una rassegna di arte italiana nell'Akademie der Kunste di Berlino. Nel 1939 ha una sala personale alla III Quadriennale di Roma. Nel 1942 vince un premio al IV Premio Bergamo con il dipinto Ballerina.In questi anni nella sua pittura, riflettendo anche su Cézanne, avvia una trasformazione per cui il colore si accende nelle gamme dei rossi, viola e arancio, mentre la pennellata si anima. Nel 1946 inaugura nella Galleria San Marco la sua prima personale: una nutrita rassegna di opere dal 1927 al 1946. Dal 1947 soggiorna ripetutamente in Austria, nei pressi di Lienz, dove disegna cataste di legna, che gli suggeriscono forme sempre più geometrizzate. Nel 1948 alla XXIV Biennale di Venezia presenta Le due chitarre (1948; Roma, collezione Galleria Nazionale d'Arte Moderna), frutto della nuova fase neocubista. Nel 1950 a Roma con grande scandalo della critica esordisce con la nuova produzione astratta nella Galleria del Secolo.. Nel 1964 Capogrossi dichiarerà di essere semplicemente in una fase più avanti del figurativo, in cui le forme naturali non sono più imitate ma assimilate. Negli anni del dopoguerra le sue ricerche sul segno lo affermeranno come uno dei maggiori esponenti dell’Informale in campo internazionale. Nel 1974, dopo che l'artista ha distrutto o riutilizzato diverse tele figurative, la Galleria Nazionale d'Arte Moderna può allestire un'antologica dell'intera sua attività.
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