domenica 4 novembre 2007

LA STERILITÀ MASCHILE NELLA STORIA DELL’UOMO

RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI

Gli uomini primitivi hanno compreso molto presto il concetto di fertilità. Una
natura in continuo rinnovamento e l’istinto della sopravvivenza nell’ambito del
mondo vegetale e di quello animale facevano di questa comprensione una
necessità. Ma la riproduzione è, e per tanti versi rimane ancora, uno dei più grandi
misteri dell’umanità.
L’assenza di progenie nelle comunità umane caratterizzate da instabilità della
coppia designa in modo evidente la sterilità della donna; per contro, il concetto di
infertilità maschile non può fare la sua comparsa se non dal momento in cui, in una
società basata sulla coppia, la donna dispone di un solo partner.
La monoandria compare presto nella storia dell’umanità e casi di infertilità
maschile sono segnalati fin dall’antichità. La sterilità del maschio si confonde
tuttavia con alcune forme di impotenza. La storia di Egeo è esemplare e dimostra
chiaramente la difficoltà di affermare senza mezzi scientifici l’infertilità maschile e le
ambiguità a cui può portare la terapia.
Egeo regna su Atene; si sposa due volte, ma i due matrimoni restano sterili.
Egeo pensa che questa sventura sia dovuta alla collera di Afrodite e introduce il
suo culto ad Atene, ma senza successo. Allora consulta l’oracolo di Delfi che
ovviamente gli dà una risposta alquanto sibillina:
“Tu, il più eccellente degli uomini, non staccare la bocca dall’otre di vino prima
di essere arrivato alla sommità della città di Atene”.
In cammino Egeo si ferma dal re Piteo il quale, comprendendo l’oracolo, si
affretta a ubriacare Egeo e a unirlo nella notte a sua figlia Aethra. L’indomani,
prima di partire, Egeo incarica Aethra, nell’ipotesi della nascita di un figlio, di
allevarlo senza dirgli il nome di suo padre; nasconde però sotto una roccia i sandali
e la spada, dicendo che quando il bambino sarebbe stato abbastanza grande da
spostare il masso, avrebbe avuto il modo di ritrovare suo padre. Dall’unione
nacque Teseo, del quale si conosce la lunga storia.
Altre storie in altre mitologie riprendono procedure analoghe. Sembra così che
fin dall’antichità la fertilità del maschio si potesse «dimostrare» solo dopo rapporti
sessuali seguiti da una gravidanza. Il modo di aggirare il problema della sterilità
coniugale sarà per molto tempo risolto con il cambiamento del genitore.
I primi testi dell’antichità, prima sumerici e poi babilonesi, attribuiscono alla
saliva, veicolo del soffio della vita, un potere procreatore nello stesso tempo
materiale e magico. E l’inizio di una disputa che durerà parecchi millenni: la
sostanza che agisce è quella della categoria della terra (seme) oppure quella
dell’aria alla quale è associato il soffio di vita, l’anima? In altri termini: la filiazione è
biologica o spirituale?
Nella mitologia greca Urano è la personificazione del cielo in quanto elemento
fecondo. Figlio e successivamente sposo della terra, Gaia, sviluppa con lei un
rapporto di iperfertilità. Una volta abbandonata, Gaia chiede ai figli di proteggerla
contro di lui. L’ultimo nato, Crono, con l’aiuto di una falce di diamante, taglia i testi-
coli del padre e li getta in mare. La leggenda non conferma l’origine dell’isola di
Corfù o della Sicilia dalla falce, ma sostiene che dai testicoli di Urano gettati in
mare uscì Afrodite, nata dalle onde, nata dallo sperma del dio.
La capacità di procreare conferisce ai testicoli un elevato valore. La stessa
denominazione indica il contenuto di un bagaglio di attributi che “testimonia” (testis)
la presenza dei propri caratteri somatici nella discendenza.
Simili concetti si ritrovano in altre mitologie, tra gli dei dell’Asia per esempio.
Attis d’Anatolia, padre del cielo e dio sole, si mutila nel corso di un momento di
esaltazione, facendo disperare la sua sposa Cibele, che del resto era anche sua
madre. Ma il sacrificio di Attis fertilizza la terra!
Galeno, studiando i testicoli, dimostra che lo sperma è filtrato a partire dal
sangue e che un uomo può eiaculare senza essere fertile; collega la presenza dei
caratteri sessuali secondari alla fertilità ed è quindi prossimo a sospettare
l’esistenza di due funzioni del testicolo: produzione del seme e funzione endocrina
e produzione di un principio virile in seguito valorizzato dalla medicina araba.
La sterilità degli uomini castrati fu così ben presto riconosciuta e permise agli
eunuchi di essere i "guardiani del letto", i guardiani degli harem sia in Asia Minore
sia in Cina; furono utilizzati in Egitto fino al 1877. L’esempio degli uomini castrati
avrebbe potuto aiutare a dissociare le due funzioni di virilità e di fertilità. Se taluni
ostentano attività sessuali sfrenate come Origene, il fondatore della teologia e della
Scuola di Alessandria, o come Abelardo, che contribuisce ampiamente a fare di
Parigi la capitale intellettuale della Francia, altri, alcuni dei quali hanno lasciato un
nome nella storia, danno soddisfazione sessuale senza rischio di gravidanza alle
numerose bellezze, altrimenti trascurate, degli harem. I ricchi romani facevano
castrare gli schiavi più belli che avevano.
Infine, la responsabilità degli organi genitali nella procreazione spiega il loro
valore simbolico. Numerose sono le chiese nel Medioevo in cui si trova, più o meno
dissimulata nella facciata o nel coro, una statua dagli organi genitali
esageratamente sviluppati che le coppie sterili andavano a toccare.
Fin dalla più remota antichità si sono sviluppate le teorie più varie per
spiegare il meccanismo della procreazione. In Cina, per due millenni, il pensiero è
dominato dal Taoismo, articolata dottrina basata soprattutto sul principio dello
Yang e dello Yin, le forze positive e negative che devono equilibrarsi per conferire
a ogni cosa uno sviluppo armonioso.
In questo sistema la secrezione della donna era considerata Yin e lo sperma
dell’uomo Yang. L’essenza dello Yin era forse disprezzata se paragonata
all’essenza dello Yang, più preziosa, ma quest’ultima doveva essere regolarmente
nutrita e rinforzata dallo Yin, il suo supplemento naturale: questo processo si
compiva durante l’atto sessuale. Secondo i manuali bisognava prolungare il coito il
più a lungo possibile, perché l’uomo assorbiva allora una maggior quantità di Yin.
Durante l’orgasmo, lo Yang raggiungeva il massimo di potenza, ma non bisognava
eiaculare troppo in fretta e sono descritti a questo scopo metodi di coitus
reservatus per contrattura immobile e blocco della respirazione:
«Lo sperma si ritirerà allora dalla tigre di giada e ritornerà al cervello».
Perché il bambino fosse sano e di buona costituzione, bisognava che lo Yang
fosse al massimo della potenza, il che implicava il suo rinforzo grazie a numerosi
rapporti sessuali senza eiaculazione fino all’accoppiamento finale. Tutti i manuali
insistevano su un punto, e cioè che il nutrimento procurato dallo Yin doveva
provenire da parecchie donne:
«Se un uomo cambia continuamente donna quando si accoppia, ne trarrà il
massimo beneficio. Se potrà cavalcarne più di dieci in una notte, sarà ancora
meglio!»
Il motivo di questo consiglio si basava sul fatto che se l’uomo si accoppia
sempre con la stessa donna, l’essenza vitale di quest’ultima si indebolisce
gradualmente e alla fine non e più capace di apportargliil necessario per una
procreazione ottimale. Aberrazione filosofica o semplice pretesto per una poligamia
dominata da un maschilismo senza vergogna?
In India le concezioni della vita si fondano sui Veda, insieme di testi rivelati da
Brahma: complessi e di una finezza che sfugge allo spirito occidentale,
integravano lo sperma nella sessualità, nel piacere e nella pienezza dell’essere;
solo secondariamente veniva preso in considerazione come veicolo della
procreazione.
Nell’antico Egitto le iscrizioni ritrovate nei templi di Ibis, di Edfu, di File e
Dendera testimoniano che nella civiltà del Nilo è proprio il seme dell’uomo che
feconda la donna. Lo sperma è formato nel midollo osseo, poi passa nel midollo
spinale e nel pene; il suo destino a livello dell’embrione è quello di formare i tendini
e la struttura ossea dell’individuo; la carne è fornita dalla madre. Così lo sperma
proviene dalle ossa e dà le ossa, queste ossa imbalsamate con la massima cura e
che persistono eternamente dopo la morte. Il figlio si incarica del culto del padre
defunto, ma racchiude in se stesso il prolungamento della vita del padre:
un’energia vitale imperitura passa di padre in figlio attraverso la madre e si incarna
in un rinnovamento ininterrotto nella successione delle generazioni.
Nella Grecia del VI secolo a.C. Alcmeone di Crotone studia la sede di
formazione dello sperma e pensa che non sia il midollo, bensì il cervello, a fornire il
seme. Democrito (460-370), fondatore della Scuola anatomica, pensa che lo
sperma sia la quintessenza delle diverse parti del corpo; risolve così il problema
dell’eredità. Due teorie si affronteranno presto, quella di Ippocrate (460-377) e
quella di Aristotele (384-322).
Secondo Ippocrate:
«Il seme attraversa tutte le parti del corpo, altrimenti non avvertiremmo uno
sfinimento così improvviso e universale quando abbracciamo una donna... La
voluttà non sarebbe così estrema, se non interessasse tutta la nostra persona.
«Il seme passa attraverso il midollo, i reni, i testicoli per arrivare infine al pene.
Così come l’uomo, la donna produce una secrezione emanata da tutto il corpo e i
due semi parentali prendono uguale parte nella formazione del nuovo essere».
L’autore del “De genitura” ammette l’equivalenza primordiale dei due sessi
nell’opera procreatrice. Di più: ogni genitore secerne due specie di liquido
seminale, uno forte o maschile e uno debole o femminile; se il liquido forte
dell’uomo si mescola al liquido forte della donna, si forma un maschio, nel caso
contrario una femmina. Insomma Ippocrate riesce a spiegare la generazione e
l’eredità con il suo sistema di doppio seme maschile e femminile formato a partire
da tutte le parti del corpo. Il piacere sessuale è necessario perché dimostra che
tutte le parti del corpo hanno partecipato di buon grado alla copulazione. Quando i
semi si incontrano in quantità determinata, si forma il feto. Se manca una goccia di
sperma, non si formerà una parte del corpo, una mano o un piede.
Al contrario Aristotele definisce il maschio come l’essere che “genera in un
altro essere” cioè la femmina. Il seme non appartiene che ad altri maschi e la
femmina, sprovvista di vero seme, non contribuisce alla generazione se non con il
sangue mestruale. Se quest’ultimo non esce più durante la gravidanza, è per
formare la carne dell’embrione.
Aristotele rifiuta formalmente il concetto ippocratico dell’equivalenza dei sessi,
della similarìtà dei contributi parentali.
“Non si deve dire che si tratta di una cosa che esce dal maschio e dalla
femmina. Nello sperma il maschio apporta il principio dell’efficienza, il principio del
movimento, la forma, l’idea, mentre invece con le sue mestruazioni, la donna non
apporta che il corpo, la potenza, la materia dell’embrione. Il maschio è quindi il
motore, la femmina il recipiente”.
Lo sperma per Aristotele deriva dal sangue e il preteso seme femminile non
ha niente di spermatico, è solo un olio di Venere. Il principio dello sperma è della
categoria dell’aria e Aristotele aggiunge che anche “l’atto amoroso ha la natura del
soffio, tant'è che il membro virile si gonfia bruscamente perché si riempie d’aria”:
un’idea da approfondire per i fabbricanti di protesi gonfiabili!
Il mondo romano riprende le teorie greche, ma Galeno è più vicino ad
Ippocrate che ad Aristotele. Tra la fine dell’Impero Romano e il Medioevo i
problemi riguardanti la riproduzione sono piuttosto lontani dalle preoccupazioni
giornaliere, in un periodo così tormentato in cui il bisogno di sopravvivenza
superava ogni altra considerazione. L’Islam delle grandi conquiste, dopo aver
riesumato i documenti scientifici e filosofici degli antichi, riprende la meditazione
medica. Costantino l’Africano verso l’anno 1000 esprime le idee dell’epoca:
“Lo sperma è una sostanza umida, pura e calda, cotta e spessa; trasmette
uno spirito che tenta di fuggire quando è in un luogo a lui estraneo. Il seme non
resta a lungo fertile dopo l’eiaculazione”.
La sua teoria deriva da quella di Aristotele. I testicoli intrattengono rapporti di
scambio con il corpo e riuniscono lo sperma a partire dall’insieme degli organi e lo
trasformano; in cambio trasmettono al corpo una forza la cui assenza si traduce
con uno stato imberbe, vene sottili e caduta del desiderio sessuale: così definisce
chiaramente le due funzioni del testicolo, quella esocrina, con la produzione di
spermatozoi, e quella endocrina, con la produzione di ormoni che stimolano lo
sviluppo dei caratteri sessuali secondari e della libido, insomma della
mascolinizzazione. Ne deduce una classificazione della patologia sessuale con i
disturbi della libido, dell’erezione e dell’eiaculazione.
Dal Medioevo al XVIII secolo le teorie classiche vengono riprese con
entusiasmo, la Chiesa controlla ogni pensiero, esercita una forte influenza sul
mondo scientifico e disprezza con disgusto le «cose sessuali». Teorie seministe e
non seministe si oppongono. Tra le non seministe la più famosa è quella della
generazione spontanea che dovrà attendere Pasteur per essere definitivamente
superata.
I seministi si dividono in due fazioni: gli uni ammettono l’esistenza di un
doppio seme, gli altri di uno solo. Per Cartesio esistono due liquidi che si
mescolano, servendo da lievito l’uno all’altro. Per Buffon, che formula la teoria delle
molecole organiche, le molecole di tutto il corpo concorrono a formare il seme.
Secondo Maupertuis solo la teoria del doppio seme spiega l’eredità.
William Harvey, precursore dell’ovismo, privilegia il ruolo femminile, quello
dell’uovo, nella formazione del nuovo essere e minimizza il ruolo dello sperma.
Harvey, grande cacciatore, pratica dissezioni sulle cerve nel momento dell’estro,
dopo l’accoppiamento e poi ai diversi stadi della gestazione. Non trova mai sperma
nell’utero e ne conclude che quest’ultimo agisce solo per impregnazione e che
l’esclusiva facoltà di concepire il feto non appartiene che all’utero, come quella di
concepire le idee appartiene solo al cervello. Contrariamente a quello che si è
preteso e come suggerisce la celebre formula stampata sulla copertina dei suoi
libri «Ex ovo omnia», Harvey non ha capito che il feto si forma a partire da un uovo
fecondato dallo sperma.
Reijnier de Graaf descrive a livello dell’ovaio il follicolo che porta il suo nome,
confondendolo con l’ovulo e il corpo giallo. Nel 1671 descrive anche il meccanismo
della generazione:
«Sostengo che tutti gli animali e anche l’uomo traggano origine da un uovo,
non da un uovo formato nell’utero dal seme, secondo la teoria di Aristotele o per
virtù seminale secondo Harvey, ma da un uovo che esiste prima del coito nelle
ovaie.
«Secondo me gli ovuli contenuti nell’ovaio sono fecondati dall’aura seminalis
che, alzandosi dall’utero fino alle ovaie attraverso le tube di Falloppio, provoca
l’espulsione degli ovuli. Questi, raccolti dalle frange terminali delle tube, sono
condotti fino all’utero».

(liberamente tratto da testi vari)

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