sabato 10 novembre 2007

INFORMALE "L'informale materico"

A CURA DI D. PICCHIOTTI

L'Informale fu soprattutto una direzione di ricerca intorno alla possibilità di una forma libera da schemi e strutture significanti. Questa espressione venne usata per la prima volta nel 1952 proprio da Michel Tapié, allorché pubblicò il suo libro "Un art autre". La definizione venne suggerita dai quadri di Dubuffet, per l’idea completamente nuova, "del tutto altra", che essi danno della pittura, nell’assoluta libertà da ogni regola, da ogni schema e per la sensazione continua di qualcosa di inatteso e sorprendente che suscitano nell’osservatore. In questo saggio, il critico proponeva tra l’altro il termine di "art informel" a definizione di una tendenza ormai larga della pittura, che parte dall’improvvisazione psichica e ha in Wols, il capostipite. Il termine Art Autre ebbe molta fortuna e venne usato per esposizioni e pubblicazioni. Oggi viene abitualmente sostituito dalla definizione Art Informel (arte informale) Il terrnine, spesso respinto dagli stessi artisti poichè troppo incline a volgarizzazioni, ha conservato nel ternpo una forte ambiguità indicando via via esperienze pittoriche legate al testo (Pollock e De Kooning), alla materia (Jean Fautrier e Burri), al "segno" Wols e Capogrossi), esperienze i cui tratti di significative diversità rischiano di perdersi nel magma delle definizioni teoriche. E' quindi miglior cosa individuare alcune coordinate di riferimento e lasciare all'opera dei singoli protagonisti il compito di declinare la virtualità del paradigma:
1) Arte a-segnica e a-semantica ovvero una pittura in cui le forma dell'espressione non rirnanda ad altro che a se stessa. La forma è in tal senso significativa e non significante, e come tale altra, irriducibile ad immagini, oggetti, entità del mondo fenomenico o psichico. Wols, Hans Hartung, Capogrossi, unico italiano invitato a partecipare alla rassegna parigina "Vehemences confrontées", organizzata da Tapié nel 1951, ne sono i protagonisti più significativi.
( TITOLO 2) Pittura materica che, in altri termini, non rappresenta ma assume la materia grezza e la porta sulla tela. Il colore ha, nella pittura informale, una consistenza tangibile e corporea: ha peso, quantità, spessore, aggetto. Viene steso a strati, con le dita o con spatole e coltello, come nel caso di Fautrier e del primo Dubuffet (la sede delle 'Hautes pates" 1915-1946) oppure scomposto fino a diventare un impasto vibratile, percorso di sottili tracce aggettanti, quasi nervature di tessuti organici.
3) Arte gestuale nelle quale il segno nasce da un impulso legato alle rapidità alla non premeditazione del gesto pittorico. La componente gestuale, come de resto le altre, è comune e molti degli artisti "informali" tuttavia trova la sua massima espressione nel dripping di Jackson Pollock: il colore viene lasciato gocciolare dall'alto, rendendo necessario un diverso rapporto con la tela. Stesa per terra, in posizione orizzontale, aggirata, e quindi offerta a molteplici punti di vista, la tela, non si dà più di faccia, ad un rapporto contemplativo, ma chiede che le si giri attorno, in un'esperienza di tipo comportamentale piuttosto che ottico. Arte gestuale è anche quella di Lucio Fontana, specialmente nella serie dei "tagli e dei buchi" e di Enrico Baj. Materica è la pittura di Ennio Morlotti in cui la pasta spessa tende a dissolvere i contorni figurativi in un'erosione lenta, in un agglutinarsi indistinto di colore, materia, motivi paesaggistici e figure umane. Nell'opera di Burri l'uso di materiali presi dal mondo esterno (tele di sacco, legno, stracci, grumi, lamiere, materie plastiche) è sempre sottomesso ed una composizione rigorosa: partizioni, contorni tracciati con precisione, aree delimitate manifestano la sottomissione della materia ad una griglia o reticolo di relazioni strutturali.

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