lunedì 12 novembre 2007

APRILE 1912:CON IL TITANIC AFFONDANO LE SPERANZE DELL'800


L'orchestra continuò a suonare fino alla fine. Nessuno dei musicisti, tutti in impeccabile frac nero, abbandonò il proprio posto. Le musiche, dolci ma che lasciavano trasparire la drammaticità del momento, erano le stesse che accompagnavano le serate di gala nelle e la vita mondana di tutte le grandi città d'Europa, da Vienna a Parigi, da Berlino a Mosca. In questa surreale, ma cruda cornice, il 14 aprile del 1912 affondava il Titanic.
Oltre 1.600 uomini e donne perirono nella tragedia. I più poveri erano stati rinchiusi nelle stive. Non dovevano contendere ai più ricchi il posto sulle poche scialuppe di salvataggio. Neanche nella morte vi è uguaglianza tra ricchi e poveri.
Nel freddo Mare del Nord, al largo delle coste britanniche, una collisione con un iceberg faceva colare a picco il transatlantico che da solo rappresentava il trionfo della tecnologia e con essa le speranze e i sogni di un intero secolo, l'800.
Speranze e sogni che in quella fredda mattina di primavera del 1912 affondavano anch'esse aprendo le porte ad un secolo tra i più turbolenti della storia umana, ma anche più ricco di rapide trasformazioni nella vita e nei costumi degli uomini.
Con più di dieci anni di ritardo rispetto alle date riportate sui calendari, si concludeva definitivamente il XIX secolo, il secolo della "belle epoque", periodo di stabilità politica ed indiscussa supremazia europea che era troppo a lungo sopravvissuta a se stessa.
Centinaia di migliaia di tonnellate di acciaio, saloni e cabine arredate con lo stile e con la ricchezza di stucchi e di preziose tende e raffinato mobilio che caratterizzavano le corti ed i teatri di tutto il Vecchio Continente. Gli scaloni e i ponti facevano invidia alle scalinate ed ai ballatoi di Versailles o dei migliori teatri viennesi. Le pietanze preparate nelle cucine di bordo e i vini conservati nelle stive gareggiavano tranquillamente con i cibi e le bevande servite nei più raffinati ristorati di Roma e di Parigi.
Come l'Oriente Express, il Titanic simboleggiava il predominio incontrastato della meccanica e della scienza. Incarnava, così, il simbolo del pensiero positivista ottocentesco per il quale la scienza e la tecnologia avrebbero tutti i problemi degli uomini arrivando, per alcuni, anche a sconfiggere la morte. Giuste speranze e giusti riconoscimenti allo sviluppo degenerati da fede granitica nel progresso a una sorte di delirio collettivo.
Bastarono pochi metri cubi di ghiaccio per porre fine a tutto ciò.
Lo choc nelle coscienze europee fu enorme. Ciò che rappresentava tutti i valori in cui si era fino a quel momento creduto senza dubbi o remore naufragava miseramente in balia delle forze della natura portandosi dietro le vite di centinaia di uomini rimasti imprigionati nel ventre della nave.
Il Titanic anticipò solo di un paio di anni quella frattura nella storia europea che nella primavera del 1914 avrebbe definitivamente spazzato via intere nazioni e causato la Prima Guerra Mondiale.
Infatti, a soli 24 mesi dal naufragio del transatlantico ritenuto inaffondabile, i popoli europei si combatterono gli uni con gli altri ponendo fine ad un equilibrio tra le nazioni che senza troppi scossoni era resistito fina dai giorni del Congresso di Vienna quando, le teste coronate dell'Ancien Regime avevano riportato il proprio predominio sul continente dopo i terremoto giacobino e la furia napoleonica. 

Come ha scritto qualcuno, dopo "Nulla fu più come prima".
Tecnologia e scienza non furono più usate per migliorare e allungare la vita degli uomini, ma per creare armi di distruzione di massa e di sterminio collettivo.
Ciò che fino ad allora era stato la speranza dell'umanità divenne il suo peggiore incubo.
Anche la cartina dell'Europa uscì completamente ridisegnata dal conflitto.
Tre millenari imperi, Impero d'Austria - Ungheria, Impero ottomano, Impero zarista, cesseranno di esistere e saranno smembrati.
L'Austria diventerà una piccola ed ininfluente repubblica, con una capitale, Vienna, ridotta al rango di grande città per un piccolo stato. Una testa senza corpo. La Turchia perderà ogni influenza nel vecchio continente dove conserverà solo un piccolo istmo di terra e non riuscirà mai a giocare un ruolo veramente influente nella politica mediorientale.
Ma le trasformazioni più profonde avverranno in Russia dove, sulle note dell'Internazionale trionferà la Bandiera Rossa con l'affermazione del comunismo bolscevico leninista.
Inizia quel "secolo breve" descritto dallo storico inglese Eric Hobsmawn, caratterizzato dall'avvento sulla scena della grande politica delle masse che, con la concessione del diritto di voto a suffragio universale furono così indennizzate per il grande sacrificio subito durante la Grande Guerra.
Masse che solo parzialmente erano pronte alla vita politica attiva. Solo la classe operaia, egemonizzata e guidata pedagogicamente dai partiti socialisti e socialdemocratici, aveva una certa coscienza di se e un graduale preparazione all'esercizio del potere nelle democrazie parlamentari.
I ceti medi e quelli rurali, arrivarono al palcoscenico della politica attiva, senza alcuna formazione politica di riferimento precostituita e con il timore di rimanere schiacciati, come tra l'incudine e il martello, da un lato dai grandi potentati industriali e dall'altro dal sempre più forte proletariato industriale urbano. Piccoli borghesi e contadini spaventati che il credo socialista si diffondesse a macchia d'olio sconvolgendo definitivamente quel loro "piccolo mondo antico" ormai consegnato agli annali di storia.
L'Europa fu sconvolta dal conflitto che segnò l'inizio di un'epoca di incertezze che sfocerà nei tre grandi totalitarismi (fascismo, nazismo e stalinismo).
Totalitarismi nati e fortificati dalla paura e che faranno sì, come ha scritto lo storico tedesco Momsen, che le due Guerre Mondiali, in realtà non siano solo che la prima e la seconda parte di una lunga guerra civile europea che raggiungerà l'apice con la Seconda Guerra mondiale alla fine della quale l'Europa troverà un nuovo equilibrio e la più lunga epoca di pace e benessere diffuso della propria esistenza, ma perderà la propria centralità a vantaggio delle due nuove superpotenze: gli Stati Uniti d'America e l'Unione Sovietica.
Superpotenze che determineranno un equilibrio basato sulla reciproca paura, rafforzata dal deterrente dell'uso di quell'arma nucleare la cui forza distruttiva si era vista all'opera all'ombra del "fungo atomica" di Hiroshima e i cui guasti durano nel tempo tanto da essere ancora ben visibili nei corpi di molti giapponesi.
Dopo il 1945 si è nel cuore del "secolo breve". Un secolo che ha sì prodotto le grandi e sanguinarie tragedie, ma che ha evoluto le coscienze degli uomini al punto che gli uomini stessi hanno condannato queste barbarie.
Cuore del "secolo breve" caratterizzato dalla pace europea e dallo economico e dal miglioramento delle condizioni di vita dei popoli dell'Europa occidentale. Sviluppo e benessere diffuso che furono considerati come migliore antidoto alla diffusione anche in occidente del modello sovietico. Possiamo quindi affermare con forze che i popoli dell'Est europeo, vissuti fino al 1989 sotto il giogo della dittatura sovietica, hanno pagato con la loro libertà il nostro benessere. L'Occidente ha così contratto con loro un debito morale del cui risarcimento ci si è cominciati ad interrogare dopo quel 1989 che con l'abbattimento del Muro di Berlino e la fine delle democrazie popolari ha segnato la fine del "secolo breve" e l'inizio di una nuova era di incertezze in cui non è ancora stato trovato un nuovo equilibrio internazionale.
Tutto, però, era stato anticipato in quel freddo aprile del 1912 dalla tragedia del Titanic e dei suoi passeggeri, ignaramente divenuti simboli viventi e morenti di una di quelle svolte radicali che influenzano lo scorrere impetuoso del fiume della storia
di LUCA MOLINARI
BIBLIOGRAFIA
Nicola Abbagnano Giovanni Fornero, Fare filosofia, (Vol. III), Paravia, Milano 2001
S. Guglielmino H. Grosser, Il sistema letterario, Novecento (2), Principato, Milano 1996
Antonio Desideri Mario Themelly, Storia e storiografia, il Novecento, Casa editrice G. D'Anna, Messina-Firenze 1997
Paul Ricoeur, Della interpretazione saggio su Freud, Casa editrice Il Saggiatore, Milano 1965.

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