DIBATTITO Al Festival della Mente " Ma dove va la creazione?"
Di Leonardo Servadio
Al «Festival della Mente» di Sarzana un architetto e un pittore si chiedono cosa rimane della creatività, proprio oggi che sembra così sfrenata
Francesco Guccini, cantautore, e Gianfranco Ravasi, biblista. Il fotografo Oliviero Toscani con lo storico Alessandro Barbero. Poi Giuliano Montaldo, Laura Bosio, Salvatore Natoli, Paolo Poli, Carlo Mazzacurati... Sono alcuni dei personaggi che parteciperanno da venerdì al «Festival della mente» di Sarzana. Tra gli altri, anche l’architetto Mario Botta e l’artista Michelangelo Pistoletto, che abbiamo intervistato in anteprima.
Ma dove va la creazione? " Ma dove va la creazione?"
Botta: ci sono troppi musei e l’invenzione non trova spazi
«Forse badiamo a difendere il passato perché sappiamo di avere poco da offrire nel presente»
L'architettura oggi vive un nuovo momento di gloria. Gli architetti sono scesi dal banco degli imputati, che compartivano con altri accusati delle nefandezze avvenute nelle espansioni urbane del secondo dopoguerra, e hanno conquistato il più nobile sito riservato a chi dona prestigio al panorama abitato. Mario Botta, maestro svizzero dell'architettura contemporanea, autore del Moma di San Francisco e del Mart di Rovereto, di una dozzina di chiese (tra cui la cattedrale di Evry presso Parigi) e di una sinagoga, è a Sarzana il 1° settembre con una relazione su «Architettura e territorio».
Architetto, come avviene il dialogo tra progetto e paesaggio?
«Qualsiasi oggetto architettonico non sussiste se non entro un contesto. Il problema è la qualità del rapporto che si instaura in questo inevitabile gioco di dare e avere, di reciproca influenza e contaminazione che l'architettura attiva non solo con l'intorno geografico, naturale o costruito, ma anche col tempo: con la storia passata, con la cultura, con il complesso di sedimentazioni che costituiscono quel legato globale che è sinonimo di identità. Per non parlare dell'organizzazione sociale e della qualità della vita, delle quali l'architettura è espressione e sulle quali direttamente incide».
Si pensa che l'incontro debba essere armonico, ma spesso è fondato sul contrasto...
«Il cont rasto non solo è inevitabile, ma in un certo senso fa parte dell'equilibrio che l'intervento architettonico realizza. Credo infatti che l'architettura stimoli a una riflessione critica sul contesto, mettendo in evidenza aspetti che altrimenti resterebbero nascosti. Consideriamo una magnifica valle montana, attraversata da un ponte: questo rivela gli elementi costitutivi del paesaggio; ricollegandoli, evidenzia la separatezza dei due versanti. Oppure un campanile che sorga su una balza: con la sua presenza la fa risaltare e la individua nell'orografia del sito».
Gli stili di progetto sono cambiati, e col moderno drasticamente.
«L'architettura è specchio della cultura contemporanea. Oggi viviamo un'epoca di frammentazione in cui sarebbe ben arduo ricercare i valori forti del passato. La cultura del moderno è fragile; ha saputo esprimersi nelle conquiste tecnologiche, ma siamo rimasti orfani del pensiero. Così, a volte mi chiedo che cosa resterà dell'architettura della nostra epoca... Forse il futuro preparerà una cultura più solida che saprà esprimersi con maggiore chiarezza e coerenza. Oggi mi sembra che lo stesso proliferare di musei sia un segno dell'assenza di produzione originale: badiamo a difendere il passato, anche perché in fondo sappiamo di avere ben poco da offrire nel presente. Nell'animo di ognuno si cela il desiderio dell'immensità, ma oggi non trova espressione. Si pensi anche soltanto alla quantità di monografie sulla produzione architettonica corrente: un tempo ci voleva almeno un secolo prima che ci si impegnasse a rileggere criticamente la produzione passata».
In questo la sua produzione è eccezionale: lei si mantiene coerente e fedele a un approccio progettuale.
«Il linguaggio è importante, anche se non credo sia determinante. Ho scelto la lingua delle forme geometriche, che costituiscono presenze forti e riconoscibili: sono qualità che aiutano anche nel dialogo col paesaggio e permettono facilità di lettura. Da una sola angolatura si può comprendere la totalità dell'oggetto: è qualcosa che avviene anche col Pantheon o con la cattedrale di Chartres... e lo considero una qualità. Soprattutto quando si progettano chiese, in cui si richiede potenza iconografica e facilità di lettura».
Pistoletto: uno specchio per vedere l’arte in modo «sociale»
«Nel XX secolo ha avuto luogo una rivoluzione estetica, adesso però occorre una evoluzione etica»
Lo specchio, per indagare oltre il soggetto e ricollocarlo nel contesto dell’oggettività: questa è stata l’invenzione di Michelangelo Pistoletto, artista le cui opere sono esposte nei principali musei di arte contemporanea del mondo. Nel suo Centro internazionale Cittadellarte di Biella si svolgono convegni in cui si affrontano temi diversi, dall’economia alla spiritualità, e soprattutto si richiama l’arte a un’idea di missione. Domenica a Sarzana Pistoletto parlerà di «La spiritualità laica nello specchio».
Maestro, la sua Cittadellarte è un progetto complesso e affascinante...
«È nata dal mio lavoro sui quadri specchianti realizzati negli anni ’60. Attraverso lo specchio in cui collocavo l’immagine, accoglievo nel quadro anche lo spettatore. Poi sono maturato, ho lavorato al di fuori dei luoghi deputati al sistema artistico, con attività e interattività per le strade. Perché nel XX secolo l’arte aveva conquistato la sua indipendenza, ma correva il rischio della autoreferenzialità. Ho cercato di mantenere l’indipendenza aprendo l’arte al mondo. Per questo all’inizio degli anni ’90 in una fabbrica di tessuti in disuso ho costituito un luogo dove lo specchio è attivo, diventa strumento attraverso cui l’arte interagisce con la società».
Lo specchio è riflessione: riesce a coniugare emozione e razionalità?
«Il mio lavoro è assolutamente razionale. Le opere specchianti non raccontano nulla che sia identificabile con l’emozione o la frustrazione, temi cari agli artisti dagli anni Sessanta in particolare. Il qu adro specchiante nasce per cercare una soluzione al dramma della vita. Il fondo specchiante dell’icona la memoria, nel quadro il presente si fonde col passato e tende verso il futuro. È una dinamica oggettiva, considerata in modo razionale: da questo si ricava il massimo dell’emozione, quando si comprende che nello specchio tutto si riflette, ma solo nella misura in cui l’individuo è lì per osservare e comprendere».
E che relazione stablisce tra creazione ed educazione?
«L’educazione è elemento primario: siamo umani in quanto aggiungiamo intelligenza alla natura. Ma quel che maggiormente conta oggi è costituire il binomio tra etica ed estetica. Nel XX secolo, infatti, ha avuto luogo una grande rivoluzione estetica. Oggi però è necessario arrivare all’evoluzione etica, il che implica un’assunzione di responsabilità: dell’arte come di ogni singolo. Per questo in Cittadellarte desideriamo produrre messaggi di valore etico».
Come può la creatività, eminentemente individuale, esprimersi in una dinamica sociale?
«Penso che la risposta attenga al piano della politica, e si riassume nello slogan "amare le differenze". Ognuno è differente, ognuno ha la sua propria forma di creatività. Non penso a uno stare assieme sotto un’unica legge, ma a una legge che tenga conto delle differenze. Purtroppo invece le regole tendono a schiacciare le differenze e l’educazione appiattisce gli individui. Credo che l’aspetto sostanziale sia questo: l’individuo è autocosciente, in quanto è cosciente delle differenze attorno a sé».
Come vede la relazione tra arte e religione?
«Nel XX secolo l’arte si è staccata dalla religione, ma ha pur sempre un bisogno profondo di spiritualità: un bisogno che è insito nell’essere umano. Questo bisogno dall’oggettività del piano religioso si è rivolto alla soggettività; l’arte si è rivolta alla soggettività e in questa ricerca è giunta all’eccesso, per esempio nell’espressionismo astratto. Il mio intento oggi è prendere l’autonomia conquistata dall’arte e riportarla sul piano dell’oggettività».
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1 commento:
Keep up the good work.
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