venerdì 14 settembre 2007

VOLTI NELLA FILOSOFIA

di Andrea Bonavoglia

Ritrattistica e filosofia
Nella storia della pittura e della scultura occidentale si incontra con frequenza il tipo del ritratto, legato sia all’arte religiosa e celebrativa, sia a quella funeraria e realistica. A seconda delle epoche, l’autorità politico-religiosa può essere resa visibile da una statua del capo degli dei (lo Zeus di Capo Artemision ad esempio) o da un’immagine di Cristo, mentre la verità della morte o della vita può essere eternata da un monumento dell’uomo illustre (l’Augusto di Prima Porta, il papa Urbano VIII in San Pietro) o da un’immagine cruda nella sua sincerità (il vecchio pescatore in età ellenistica, il ritratto di una pazza in età romantica).
Queste varie funzioni che la ritrattistica ha assunto nel corso del tempo, sono state studiate con attenzione in numerosi testi e in ancor più numerosi saggi, ai quali si rimanda per approfondimenti. Con frequenza, inoltre, sono state organizzate mostre a tema, o sui grandi ritrattisti, o sui ritratti di una certa epoca, o su interessanti percorsi storici che affrontavano il variare della tipologia stessa del ritratto nel corso del tempo, e anche i cataloghi di queste mostre possono rivelarsi fruttuosi testi di riferimento (su tutto questo, cfr. la breve bibliografia in appendice).
All’interno quindi di una ricerca consolidata, sembrerebbe oltremodo interessante porsi degli obiettivi parziali, tanto sincronici, come l’analisi di un determinato tipo di stile o di tecnica, quanto diacronici, come lo studio dell’evoluzione di un determinato tipo nella storia dell’arte: l'iconografia di Cristo ad esempio potrebbe facilmente sovrapporsi alla storia della pittura europea tra IX e XIX secolo.
In termini generali, il ritrattista non deve obbligatoriamente conoscere tutto di colui o colei che deve rappresentare, gli basta conoscere le circostanze in cui il personaggio vive (o visse), una sintesi del suo carattere e del suo pensiero (o magari la parte di quel carattere o di quel pensiero che sia funzionale allo scopo per cui il ritratto viene realizzato) e naturalmente la sua fisionomia. Quest’ultima può essere derivata tanto dall’osservazione diretta (il personaggio si reca nello studio dell’artista come modello), quanto da quella indiretta (l’artista desume le fattezze del personaggio da un’altra riproduzione, altro quadro o statua che sia, o da una fotografia, o da una descrizione attraverso le parole); non è da escludere comunque che l’artista inventi l’immagine del personaggio senza conoscere nulla della sua vera fisionomia. Quest’ultima ipotesi, per ovvi motivi, si verifica di regola in gran parte dell’arte religiosa e simbolica, mentre non dovrebbe verificarsi se non eccezionalmente nella ritrattistica di stampo storico e politico.
Fare il ritratto di personaggi a volte celebri e ammirati, a volte meno noti e discussi, quali sono gli intellettuali, assume un aspetto particolarissimo quando l’intellettuale è un filosofo. Per l’artista che ritrae (non dimentichiamoci che un quadro è sempre opera di un pittore e una statua di uno scultore, cioè di qualcuno che usa le mani e la tecnica per creare, e non soltanto il cervello e la sensibilità), vale a dire per l’artista visivo, il volto da costruire materialmente deve di norma essere chiaro, cioè esplicito, cioè diretto a estrinsecare non un mistero ma una verità, e sicuramente la verità dell'intelletto è più difficile da esprimere che le verità del coraggio, del potere o della bellezza.
Raffaello, non a caso tra i ritrattisti più celebrati della storia della pittura, nella sua mirabile Scuola di Atene, descrive il pensiero di Platone, di Aristotele e di tanti altri servendosi del prediletto linguaggio dei gesti (il dito verso il cielo, la mano rivolta alla terra) e per dare il massimo della vita a quei volti utilizza come modelli i sembianti di uomini a quel tempo ben noti. Anche Botticelli, quando aveva raffigurato Sant’Agostino nello studio, ce lo aveva proposto credibilissimo e umano, lo studioso che scrive, uomo di fede e profondo e accorato pensatore, e che legge, non solo libri sacri e di filosofia, ma anche teoremi pitagorici, come testimoniano l'ambiente e i testi visibili.
Socrate secondo Johann Friedrich Greuter , XVII secolo Socrate secondo Daniel Nicholas Chodowiecki, XVIII secolo Socrate secondo Antoine Louis Romanet , XVIII secolo Il celebre volto di Socrate tramandatoci dal passato, attraverso le copie romane di un originale forse lisippeo, è un volto che comunque ha finito per diventare vero, l'icona dell'uomo Socrate, filosofo e simbolo di un mondo lontano. Come è ovvio, a questa icona si sono poi ispirati tutti i pittori e gli scultori che hanno dovuto o voluto affrontare la rappresentazione del filosofo, in particolare Raffaello, che lo dipinge mentre espone un sillogismo contando sulle dita, e David, che ne fa fisicamente e moralmente un eroe neoclassico pronto ad affrontare la morte. Si noti come i lineamenti fissati nell'antica statua, dalla fronte spaziosa al naso e alla barba, ritornino con maggiore fedeltà in Raffaello, che riesce miracolosamente ad animare quel volto senza alcuna forzatura, e con maggiore libertà in David, che migliora e abbellisce i tratti meno nobili e regala al vecchio filosofo una corporatura e una presenza degne di un dio.
2) Fisionomia dei filosofi
Ma che cosa fa sì che il volto di un uomo assuma un aspetto, un'espressione o un significato diverso a seconda del variare di dettagli apparentemente minori quali l'altezza delle sopracciglia, le proporzioni tra bocca e naso, la distanza degli zigomi? Cercare di capire come i lineamenti del volto di un uomo ispirino interpretazioni sul suo carattere, come l'aspetto esterno possa manifestare il carattere interno e al limite addirittura esserne uno specchio rivelatore, è stato da secoli occupazione prediletta da pittori e da studiosi del comportamento. Sono stati scritti innumerevoli manuali sull'argomento, ora rivolti a una dimostrazione psicologica, in cui quindi prevale il dato caratteriale, ora invece a una dimostrazione di tipo scientifico, in cui prevale il dato anatomico. Da Aristotele a Kaspar Lavater, cui nel XVIII secolo si attribuì la creazione della scienza fisiognomica, passando per il contributo fondamentale di Giovanni Battista Della Porta nel XVI secolo, il tentativo comune è stato di trovare una chiave per definire quali elementi visibili della fisionomia umana possano coincidere con elementi interni, e quindi non visibili, del carattere umano.
Lucia Rodler ha con grande lucidità sintetizzato tale storia fino all'Ottocento: "Già praticata nel XII secolo a.C. dagli indovini babilonesi, la decifrazione dei fenomeni somatici viene compiuta allo scopo di verificare l'intreccio tra il passato, presentificato dalle forme corporee, e il futuro, svelato attraverso la loro interpretazione".
In tempi moderni, dopo che una sorta di degenerazione razzista aveva fatto convergere su questa disciplina, in particolare a seguito dell'opera di Cesare Lombroso, una connotazione universalmente deprecata, e dopo che la psicanalisi di Freud aveva determinato in Occidente una fondamentale e radicale trasformazione del modo di interpretare la realtà, studiosi come Arnheim e Gombrich hanno restituito interesse e serietà a questo genere di studi. Come scrive, ancora, Lucia Redler: "Gombrich ha definitivamente chiarito il funzionamento della percezione fisiognomica". Infatti, lo storico austriaco-americano ha posto questi prerequisiti nella trattazione dell'argomento:
a) la nostra esigenza di trovare un rapporto tra corpo e carattere dipende dalla nostra necessità di ricondurre la realtà a schemi noti e rassicuranti,
b) spesso accettiamo i rapporti così trovati senza porli in discussione,
c) tutto ciò è comunque strettamente collegato alla nostra cultura.
E' del resto evidente che la fisiognomica non può essere tout court considerata una disciplina non motivata o magari vicina soltanto ad argomentazioni esoteriche; gli artisti di ogni tempo hanno, con maggiore o minore consapevolezza, modificato in meglio o in peggio l'aspetto esterno degli uomini che ritraevano sulla base di precise scelte e conoscenzee fisionomiche. Il fatto stesso che ancor oggi, spesso, ci capiti di associare a un certo tipo di qualità umana un certo tipo di bellezza, rivela che persino l'atteggiamento di Lombroso non è del tutto estinto. In questa sede allora può essere utile considerare la fisiognomica come una delle componenti dello studio anatomico e cercarne altre tracce nella storia dell'arte.
L'esempio citato in precedenza, relativo all'iconografia di Socrate, ha messo in luce una possibilità interessante di lettura dei temi della ritrattistica nel corso del tempo: dati per accertati i caratteri fisionomici, a caratterizzare la rappresentazione del volto sono gli elementi propri dello stile e del tempo. Lo pseudo-Lisippo e Raffaello sono realisti, accettano che il grande personaggio possa non essere un modello di regolarità e di bellezza, e studiano lo sguardo, o l'espressione, o i gesti, per accentuarne le caratteristiche non ordinarie; David invece non può concepire che la bellezza morale non sia anche riflesso della bellezza fisica, e si sente libero di apportare correzioni all'immagine codificata.
Anche quando non è possibile un riscontro storico così evidente, si può comunque rintracciare con una certa facilità l'influenza stilistica sul modo di ritrarre. Lo stile chiaro, rinascimentale, dei ritratti filosofici di Bramante e di Botticelli (Democrito e Eraclito e il già citato Sant'Agostino), è in palese contrappunto con lo scuro, ossessivo, barocco dei ritratti di Josè De Ribera e di Luca Giordano (Democrito, Archimede, Eraclito e un filosofo cinico), a prescindere dal filosofo rappresentato.
In realtà, sembra difficile che gli spettatori profani, ma anche molti tra i più esperti, siano in grado di distinguere un personaggio dall'altro: le caratteristiche visibili, a differenza degli attributi così suggestivi dei Santi cristiani, sono ridotte al minimo (la veste composita del filosofo cinico ad esempio) e si ripetono senza apparente specificità: il filosofo studia, legge, scrive ed è profondamente concentrato e appassionato dal proprio lavoro, come i gesti delle mani sottolineano; il suo ambiente è un luogo dove abbondano libri, carta e penne. Nell'opera di Bramante, Democrito ed Eraclito parlano tra di loro, ma i libri oggetto del loro dialogo sono ben visibili. Secondo una tradizione consolidata, Democrito sorride e Eraclito appare sofferente, ma questo non può certo aiutarci a distinguerli in assoluto dagli altri. E si noti come Eraclito, nel ritratto di Luca Giordano (che per molti anni fu interpretato come socratesco), sia tanto vicino al Sant'Agostino di Botticelli nell'atteggiamento, quanto ne è lontano per stile, per colore, per impatto visivo.
Il ritratto di Nietzsche opera del norvegese Munch, il celebre autore del Grido, rappresenta un episodio straordinario nel contesto della nostra ricerca: un pittore sofferente e profondamente legato ad una visione interiore ed espressionista dell'arte, ritrae (non dal vero, Nietzsche era già morto) il filosofo che così profondamente sarà oggetto di studi nel Novecento e al quale lo accomuna il disagio mentale. Le fluide colline e la valle riprendono la tematica del Grido e avvolgono la figura dell'uomo come se ne fossero un'emanazione, ma la nostra attenzione cade sicuramente sul volto di Nietzsche, che conosciamo dal vero attraverso fotografie di alto livello artistico. La capacità di verosimiglianza di Munch è indubbia, ma alcuni particolari pittorici risultano fisionomicamente indicativi, laddove la fotografia ci consente di controllarli. Nel quadro Munch ha accentuato, anche attraverso la posizione di tre quarti del volto, non solo la prominenza delle sopracciglia, che rende ancor più intensa la profondità degli occhi, ma anche quella dei baffi e dei lobi frontali. E se il Nietzsche fotografato ha uno sguardo incisivo, il Nietzsche di Munch non guarda fuori, i suoi occhi sono socchiusi, egli guarda dentro. L'effetto è icastico e conferma, se vogliamo, la superiorità dell'artista nei confronti del mezzo meccanico, che, pur guidato da mano espertissima, non può per sua natura modificare il mondo reale.
D'altra parte, forse nessun pittore può evitare di modificare il mondo a propria immagine. Quando Leonardo e il suo allievo Francesco Melzi eseguono le loro celebri caricature, senza pretese di fornire all'umanità un modo di capire il passato o il futuro, stanno soltanto studiando come e perchè certe parti del volto, se deformate, risultino comiche e altre invece tragiche, e fino a che punto esista una pretesa regolarità dei lineamenti: in altri termini, stanno inventando la fisiognomica in una chiave moderna, ancor oggi accettabile per pittori e scultori.
Appunti per una bibliografia cartacea e virtuale
Nel testo citato di Lucia Rodler, Il corpo specchio dell'anima, da pag.159 a pag.198, è presente un eccellente percorso blibiografico internazionale, al quale rimando per ogni ulteriore approfondimento.
Libri e articoli
Rudolf Arnheim, Arte e percezione visiva, Feltrinelli 1962
Carlo Carena, Fisiognomica, dai greci a Lombroso, Corriere del Ticino 20 ottobre 1998
Flavio Caroli, Storia della fisiognomica. Arte e psicologia da Leonardo a Freud, Leonardo Arte 1998
G. Battista Della Porta, Coelestis phisiognomonia libri sex, Edizioni Scientifiche Italiane 1996
Piero Gaspa, Manuale pratico di fisiognomica, l'Airone 1995
Ernst H. Gombrich, Arte e Illusione, Einaudi 1962
Kaspar J. Lavater, Della fisiognomica, TEA 1993
Giovanni P. Lombardo e Marco Duichin, Frenologia, fisiognomica e psicologia delle differenze individuali di Franz Joseph Gall. Antecedenti storici e sviluppi disciplinari, Bollati Boringhieri 1997
Ca L'anima e il volto: Ritratto e Fisiognomica da Leonardo a Bacon, Milano, Palazzo Reale (30/10/1998 - 14/03/1999), Catalogo Electa.
Il volto di Cristo, Roma, Palazzo delle Esposizioni (9/12/2000 - 16/04/2001), Catalogo Electa
Von Angesicht zu Angesicht. Mimik, Gebärden, Emotionen, Catalogo della mostra del museo di Leverkusen, 2000, ed. E.A.Seemann
In Internet
Ritratto e società, www.comune.roma.it/museodiroma/indice.htm
CGFA http://sunsite.dk/cgfa/jdavid/p-jdavid30.htm
Hidden Things of God's Revelation by Arthur C. Custance
Gli ultimi giorni di Socrate The last days of Socrates
Spazio filosofico dell'Università di Milano http://www.lettere.unimi.it/~sf/index.html
Philosophers and Philosophy http://www.columbia.edu/~pjs38/
Catalogo per argomenti (fisiognomica) dei libri in vendita presso Internet Bookshop
http://www.internetbookshop.it/hme/hmepge.asp
Catalogo per argomenti (fisiognomica) dei libri in vendita presso Amazon Europa
http://www.amazon.co.uk/
Catalogo per argomenti (fisiognomica) dei libri in vendita presso Unilibro
http://www.unilibro.it/find_buy/default.asp
Ringraziamenti
Nonostante la sua semplicità, questo articolo ha richiesto impegno e tempo, soprattutto per la ricerca delle immagini e della terminologia. Devo allora caldamente ringraziare, per l'aiuto che mi hanno dato e per i suggerimenti, innanzitutto Star Meyer e Piero Palmero, e poi altri corrispondenti come Lola Kazovsky, Marilyn Lavin, William Steinhurst, John Davies e Juergen Zaenker.

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