giovedì 20 settembre 2007

 Guillaume Apollinaire

DI Gianna Nervi - 


 
Guillaume Apollinaire, nato a Roma nel 1880, è il poeta che più di ogni altro esprime l'eccitata creatività dell'inizio del '900. 
A Parigi si forma artisticamente nel memento delle avanguardie. Poesia e pittura si precedono, si sfidano, si rincorrono. Dalle tele dei Futuristi, piene di fumo di ciminiere, di visioni dinamiche (vedi Boccioni), dalle "parole in libertà" (vedi Marinetti) che rimbalzano in Manifesti, su riviste e giornali, si arriva alla grafica, supporto artistico di un'industria moderna nascente che deve pubblicizzare i propri prodotti per farli conoscere ad un vasto pubblico. Ma in questa "contaminazione" tra arti vi è un'esasperata ricerca di essenzialità. 
La poesia deve ottenere la stessa rapidità di segno, di allusione, di deformazione cercata dalla pittura. I Calligrammi (1918) (periodo cubista) sono lo specchio di una nuova sensibilità, di nuove esigenze: poesie-conversazioni, ricerca grafica nella disposizione dei versi, giochi di parole. E insieme aggettivazione insolita e secche esposizioni, estrosità nelle rime, soluzioni funamboliche, abolizione della punteggiatura, senso estetico ed insieme musicale o meglio, fonico, ritmico. 
I temi dell'amore respinto, del tempo che fugge (vedi poesia tombale di fine '700), dell'incertezza del domani sono trattati con soluzioni innovatrici.
Sensibile critico d'arte, autore di romanzi, e poeta, fu volontario nella prima guerra mondiale e morì nel 1918 per le conseguenze di una ferita alla testa all'ospedale italiano di Parigi.

Le innovazioni grafiche e ideografiche dei suoi Calligrammi non esisterebbero, forse, senza il garbo e il "frizzante" che Apollinaire seppe imprimervi. Verso libero, "vaghi" esametri, espressionismo, associazioni analogiche, humour, libere immagini verbali e visive riproduco sulla pagina bianca mondi e stili singolari dei suoi amici pittori.

Fu insieme l'ultimo dei poeti dell'800 per il suo gravitare attorno all'io e allo spazio-tempo, nobile e tragica maschera antica, immodificabile e fissata per sempre, senza spazio e tempo; poeta epico e lirico della guerra, senza ormai rime, versi lunghi e brevi che si alterneranno con assoluta elasticità quasi come un segno di incertezza. Il suo verso libero fu via via sempre più frammentario, senza un'apparente successione logica, ricco di passaggi analogici, senza enigmi, ma, pur scabro, sempre più interlocutorio. 


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