lunedì 24 settembre 2007

LA CRITICA D'ARTE

di Vilma Torselli

La crisi di identità della critica d'arte e la ridefinizione della sua funzione nella società moderna.
La funzione della critica è sempre stata controversa, definita in modi diversi dalla modernità e revisionata a più riprese in passato parallelamente al mutare del concetto di arte: accusata di volta in volta di voler imporre una sua visione dell'opera, di fare della semplice storiografia, di svolgere un'attività di parte a favore di alcuni artisti, di involversi in intellettualismi indecifrabili per i destinatari, la critica moderna, nella generale confusione dei valori e nell'attuale carenza di parametri di riferimento, si è spesso assunta, a torto o a ragione, il compito di discriminare ciò che è arte da ciò che non lo è.
Oggi il concetto di arte si è talmente dilatato, caricandosi di tutte le connotazioni di indefinitezza che ciò comporta, che pare che la critica ad esso rivolta possa coinvolgere nella sua elaborazione la totalità della realtà, non solo visibile e quindi oggetto delle Arti Visive, ma anche invisibile, data l'esistenza di forme d'arte concettuali e simboliche che l'arte visiva ha inglobato, specialmente durante il '900.
Questa tendenza allo sconfinamento e la possibilità che la critica d'arte si esprima in ambiti in passato inaccessibili, ha posto la necessità di valutare se la critica debba o possa avere una funzione morale, possa elaborare un giudizio etico dell'arte, parallelamente al fatto che l'attività artistica ha in realtà sempre una sua valenza filosofica implicante valori morali in senso lato: si tratta di una posizione che critici illustri, filosofi e pensatori di un recente passato hanno dibattuto con stimolante pluralità di vedute, non è questa la sede per proporre una storia della critica, argomento peraltro interessante ed avvincente quanto la stessa storia dell'arte ("E' vero che la poesia è autonoma rispetto alla morale , in quanto non predica verità né suggerisce valori etici, ma rispecchiando essa la personalità dell'artista, che è essenzialmente un ente morale , non può non essere rivolta anche alla moralità". Benedetto Croce).
Pur ritenendo la modernità che la critica non debba dare valutazioni di tipo morale, è però il caso di sottolineare che la possibilità di coinvolgere la critica in una sorta di patto etico non è estranea all'odierna cultura, ne è convinto il critico americano Michael Fried che in un suo famoso testo, "Three American Painters" (1962), pone le basi per una moderna distinzione della funzione del critico, che per essere tale è necessariamente moralmente coinvolto nel lavoro dell'artista, e dello storico dell'arte, affermando una sua posizione, opinabile e soggettiva, che conferma tuttavia ancora una volta la varietà delle opinioni all'interno della critica stessa.
Che oggi, sempre più spesso, fa autocritica, rivedendo il suo ruolo alla luce delle "incertezze" di giudizio che sembrano la regola in una società dove le certezze sono sempre meno ed alla quale essa si adegua: infatti "possiamo dire che la funzione critica oggi fa molta paralogia e poca ontologia, ci offre ragionamenti e spesso sofismi intorno a qualcosa chiamata arte, ma non ci dice perché quel qualcosa è effettivamente arte", afferma Alessandro Tempi , che aggiunge poi, riallacciandosi all'evoluzione dell'arte nel '900, "L’arte insomma si trasforma in una qualità immateriale, un effetto di pensiero, uno spostamento insieme fisico e concettuale di qualcosa da un piano all’altro dell’esperienza. E’ a questo punto che il lavoro dei critici diventa indispensabile".
I critici, insomma, servono, se non altro per decodificare ad uso del fruitore linguaggi altrimenti incomprensibili "in una società come la nostra, dove regna l’esperienza vicaria, mediata, impersonale", dovendo però aver presente la provvisorietà della loro funzione che, cito ancora Tempi, "dovrebbe consistere nel portare il pubblico a non avere più bisogno di noi, ma questo, a dire la verità, nessuno lo vuole, né il pubblico, che delega volentieri ai critici la funzione interpretativa, né i critici stessi, per un’ovvia questione corporativa, si direbbe".

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