Kahlil Gibran:
A CURA DI DANILO PICCHIOTTI
Biografia
Kahlil Gibran nasce a Bisherri, un villaggio nel Libano settentrionale, il 6 gennaio 1883. Nel 1894 emigra negli Stati Uniti, e a 12 anni e comincia a frequentare le scuole americane. I genitori sono cristiani maroniti, cioè cattolici della Palestina settentrionale; ha due sorelle, Mariana e Sultana, e un fratellastro, Boutros, nato dal primo matrimonio della madre, rimasta vedova. La sua formazione si può ricostruire attraverso gli anni neoplatonici e paganeggianti di Boston, dove emigra nel 1894 con la madre, i fratelli e alcuni zii. Sono gli anni dell'emigrazione araba verso gli Stati Uniti e il Brasile. Il padre, semialcolizzato, rimane in Libano: Gibran non avrà un buon ricordo del rapporto con lui; la madre, Kamele Rahmè, gli trasmette la religiosità e i valori umani della sua tradizione culturale.
A 14 anni Kahlil torna in Libano per frequentare la scuola superiore all'Hikmè di Beirut. In questo periodo si imbatte nel classicismo libanese, che separa abissalmente i ricchi dai poveri, l'aristocrazia e il clero dal popolo. Completati gli studi nel 1897, viaggia attraverso il Libano e la Siria. Ritorna in patria nel 1902 come guida e interprete di una famiglia americana, ma presto deve rientrare a Boston a causa della malattia della madre, che muore di tisi l'anno seguente, così come Sultana e Boutros. A Boston, nel 1904, conosce Mary Haskell, l'incontro più importante della sua vita: Mary sarà sua protettrice, amica, musa, e più tardi curatrice delle sue opere. Si incontrano all'esposizione di alcuni quadri di Kahlil presso lo studio di un amico fotografo; Mary che ha dieci anni più di lui, è preside di una scuola femminile. Grazie a lei Gibran studia pittura a Parigi, tra il 1908 e il 1910, all'Acadèmie Lucien; legge Voltaire e Rousseau, Blake, Nietzsche; scrive "Spiriti ribelli", pubblicato in arabo nel 1908, una breve raccolta di racconti dal tono aspro e nostalgico sulla società libanese.
Tornato negli Stati Uniti, va a vivere a New York, dove comincia a essere conosciuto come pittore. Nel 1918 pubblica il suo primo libro in inglese, "Il folle". Vive tra gli artisti del Greenwich Village, insieme a Mikhail Naimy eAl-Rabitah, il principale animatore di un'associazione letteraria siriano-libanese nata tra Boston e New York tra letterati e pittori arabi d'oltre oceano, i Mahjar. Gibran vuole portare avanti una "rivolta contro l'occidente tramite l'oriente", parole scritte in occasione della pubblicazione de "Il folle", cioè contro il decadentismo dell'occidente e il tradimento del suo stesso Romanticismo. Allo stesso tempo sente il bisogno di un rinnovamento formale e contenutistico della letteratura araba: per esempio si libera della poesia monorima e quantitativa (da Qasida) per il verso libero. Gibran era stato preceduto nel secolo precedente da Al Bustani e da Marrash, due importanti scrittori del filone cristiano-orientale, che si è sviluppato nel XVI secolo; si differenzia da loro per l'uso del linguaggio: mentre Marrash attinge tanto alla filosofia quanto alla scienza, Gibran ha un vocabolario più limitato ma è più attento all'effetto artistico, anche se questo può sembrare strano agli europei che trovano più determinante per Gibran "il messaggio" dell'opera rispetto alla "letteratura". Nel nuovo continente egli si inserisce nella poesia americana sulla scia di Thoreau, Whiteman ed Emerson (che stima in modo particolare), poeti naturalisti di tradizione protestante e predicatoria. Spesso pubblica dei disegni insieme alle opere, mai lunghe; sembra che Auguste Rodin lo abbia definito "il William Blake del XX secolo".
La salute di Gibran è piuttosto minata negli ultimi anni di vita che trascorre tra New York e Boston, dove vive e lavora sua sorella Mariana; muore a New York, di cirrosi epatica e con un polmone colpito da tubercolosi, il 10 aprile 1931; viene sepolto in un antico monastero del suo Paese d'origine, in un giorno di pioggia, accompagnato da pochi amici, tra i quali Barbara Young. Con le sue ultime volontà, Gibran lascia i diritti d'autore in eredità agli abitanti di Bisherri, per opere di pubblico beneficio.
Citazioni
1. La bellezza è l'eternità che si mira in uno specchio.
2. Ragione e passione sono timone e vela della nostra anima navigante.
3. Se tutti noi ci confessassimo a vicenda i nostri peccati, rideremmo sicuramente per la nostra totale mancanza di originalità.
4. L'oblio è una forma di libertà.
5. Il vero giusto è colui che si sente sempre a metà colpevole dei misfatti di tutti.
6. È strano come tutti difendiamo i nostri torti con più vigore dei nostri diritti.
7. Quando la mano di un uomo tocca la mano di una donna, entrambi toccano il cuore dell'eternità.
8. Per arrivare all'alba non c'è altra via che la notte.
9. Se riveli al vento i tuoi segreti, non devi poi rimproverare al vento di rivelarli agli alberi.
10. L'ovvio è quel che non si vede mai, finché qualcuno non lo esprime con la massima semplicità.
11. Il ricordo è un modo d'incontrarsi.
12. Spesso ci indebitiamo con il futuro per pagare i debiti con il passato.
13. Il significato di un uomo non va ricercato in ciò che egli raggiunge, ma in ciò che vorrebbe raggiungere.
14. L'uomo è due uomini contemporaneamente; solo che uno è sveglio nelle tenebre, e l'altro dorme nella luce.
15. Il silenzio dell'invidioso fa molto rumore.
16. Non mascherare i tuoi difetti con le virtù acquisite. Preferisco i difetti: sono simili ai miei.
17. Quando ci rivolgiamo gli uni agli altri per un consiglio, noi riduciamo il numero dei nostri nemici.
18. Se vuoi possedere non devi pretendere.
Nessun commento:
Posta un commento