venerdì 7 dicembre 2007

Ricchezza e cultura

RICERCHE ACURA DI D. PICCHIOTTI

(liberamente tratto da testi vari)

Il fluire dell'attività umana attraverso i secoli, quantunque conosca l'alternanza di sviluppi lineari e di fratture rivoluzionarie paragonabili a veri e propri salti, non può essere scandito in una periodizzazione rigida e schematica. Di nessuna epoca, infatti, si può indicare con assoluta certezza la data del suo inizio o quella del suo compimento. Le epoche storiche, infatti, diversamente dagli individui, non vengono alla luce o scompaiono in un tempo determinabile con esatta precisione, ma gradualmente vengono assumendo caratteristiche proprie e connotati specifici attraverso la lenta usura di valori esistenti e l'altrettanto lento sviluppo di nuove esigenze emergenti. Anche quando il processo dinamico della storia umana si realizza con atti di violenta opposizione al passato, segnando svolte significative e profonde rispetto al momento antecedente, bisogna riconoscere che quel "salto" rivoluzionario non è frutto di una decisione capricciosa ed improvvisa di un gruppo sociale o di un partito politico, ma rappresenta il momento di sintesi e di maturazione di una serie di "germi" rivoluzionari già presenti nella "situazione storica" superata.
Risulta chiaro, da quanto abbiamo detto, che sarebbe impresa vana e poco significativa quella con la quale ci si sforzasse di indicare in un anno preciso o in un determinato evento storico la "nascita" o la "morte" del Rinascimento.
Col termine Rinascimento, infatti, più che un arco di tempo racchiuso tra due date, dobbiamo intendere un atteggiamento di vita e di pensiero che, sulla scia delle imprese commerciali e militari, si diffuse, dove più dove meno, in tutte le nazioni europee per circa due secoli, il XV ed il XVI.
Il Rinascimento fu un fenomeno complesso, ma sostanzialmente unitario. Esso è contrassegnato dall'accelerazione del ritmo di sviluppo di tutte le attività umane, tanto di quelle economico-politiche quanto di quelle teorico-speculative, e da una valutazione diversa delle capacità dell'uomo e del significato da dare alla natura. Tale fenomeno presenta segni di maggiore evidenza nella parte centro-settentrionale della penisola italiana. Già a partire dai secoli immediatamente precedenti si era venuto realizzando un diverso assestamento economico e politico in molte città italiane e negli altri paesi dell'Europa. In Inghilterra, in Francia, in Germania, anche se in quest'ultima con maggiore difficoltà e lentezza, si andava realizzando un processo di unificazione politica e di integrazione economica tra le diverse città, e si veniva profilando lo stato moderno centralizzato e burocratizzato, con a capo un monarca assoluto che sottomette ai suoi interessi dinastici e di potere tutti i sudditi. Nel centro-nord della penisola italiana, invece, le varie città erano divise e contrapposte fra di loro. All'interno di ognuna di esse la classe dirigente era rappresentata da una attiva borghesia, sensibile al fascino del guadagno e dell'espansione economica più di quanto non fosse interessata al prestigio derivante dal potere politico e militare.
Questa maggiore inclinazione verso la ricchezza è documentata in modo estremamente chiaro, anche se con linguaggio troppo crudo sino all'irriverenza, in un gruppo di lettere, indirizzate significativamente "ai signori ed amici denari e fiorini d'oro", scritte da un anonimo nella prima metà del XIV secolo:
Vi amo, perché colui che vi ama e vi possiede, ha Cristo ed i Santi e guadagnerà la vita eterna... I ciechi vedono grazie a voi, i sordi odono, i malati guariscono, i malfattori diventano agnelli innocenti, se hanno il denaro. Il denaro muta il diritto, corrompe i tribunali, compra le grazie del cielo anche ai peccatori più scellerati!
In un'altra lettera Denari e Fiorini personalizzati rispondono:
Il nostro nome è santo e terrificante poiché teniamo in nostro potere tutti i popoli del mondo... Dove siamo noi, là è superbia; noi possiamo, di gente nata tra i rifiuti, fare nobili illustri.
E concludono:
Un uomo senza noi non è un uomo.
(Cit. da Josef Macek, Il rinascimento italiano,
tr. it. di H.K. Casadei, Roma 1972, pag. 51)
La consapevolezza della potenza del denaro e la sua capacità di modificare i costumi degli uomini è presente anche in autori più tardi, come Franco Sacchetti, ed in autori rinascimentali. Non a caso Leon Battista Alberti considererà il denaro "la radice e l'animatore di tutte le cose".
Proprio dall'intraprendenza industriale e commerciale di questa borghesia sbocciò l'"età nuova"; anzi, meglio, proprio l'agiatezza economica, prodotta dalla frenetica attività di questa borghesia, permise di soddisfare il desiderio della bellezza in tutte le sue manifestazioni, e alimentò la fiducia nell'uomo e nel suoi poteri "divini". L'assenza di un potere politico centrale assoluto favorisce l'affermarsi dello spirito concorrenziale tra le diverse famiglie rivali nelle attività produttive. La concorrenza commerciale, però, ben presto viene configurandosi come lotta politica per la conquista del potere e come gara per rappresentare all'esterno i segni della ricchezza e della potenza, attraverso la pratica del mecenatismo e la costruzione di dimore sempre più imponenti architettonicamente e sempre più sfarzose per l'arredamento e per le opere d'arte in esse contenute.
Un contributo determinante alla nascita della nuova civiltà venne dalla borghesia fiorentina. Attivi ed industriosi, i mercanti fiorentini erano presenti con i loro prodotti in quasi tutti i paesi allora conosciuti. Famosi banchieri, come i Bardi, i Peruzzi, gli Strozzi, i Pitti, i Medici, finanziavano con i risparmi dei loro clienti queste industrie e questi traffici. Ben presto Firenze divenne la capitale finanziaria dell'Europa ed il centro in cui venivano fissati i tassi di cambio delle varie valute. I guadagni erano talmente elevati che le più ricche famiglie, oltre a condurre vita agiatissima, facevano a gara per abbellire Firenze con opere che si sono rivelate capolavori dell'architettura, della scultura e della pittura.
Richiamati da tanta munificenza e da tanto mecenatismo, si affollarono intorno a questi finanzieri e mercanti i nuovi uomini di cultura. Pittori, scultori, architetti, letterati, filosofi, formatisi fuori dalle tradizionali università, in cui si attardava ancora la cultura medioevale, animati da forti interessi speculativi, ma percorsi anche da una vigorosa spinta attivistica, fecero corona ai potenti aiutandoli con la loro competenza a gestire gli affari pubblici, o sostituendosi ad essi nella cura del governo. Tra politica e cultura si stringono legami profondi. Per un certo periodo Firenze sceglie i suoi cancellieri tra i dotti più famosi del tempo: Coluccio Salutati, Leonardo Bruni, Poggio Bracciolini.
La cultura si emancipa sempre più dalla organizzazione ecclesiastica e, pur rimanendo permeata di spirito religioso, si caratterizza come cultura "laica". In tutta la penisola sorgono, alimentati dal mecenatismo di principi o di ricchissimi mercanti, "studi" ed "accademie". Artisti, letterati, filosofi lavorano su commissione o sotto protezione degli Sforza di Milano, dei Gonzaga di Mantova, degli Estensi di Ferrara, dei Malatesta di Rimini. La stessa Roma papale è attraversata dalla ventata di entusiasmo culturale che anima le altre corti d'Italia. Anche le città più lontane dal cuore geografico e culturale di questo movimento sono prese dal fervore innovativo: Napoli dà vita all'Accademia Pontaniana e Venezia diventa un attivo centro culturale. Ma l'epicentro della "rinascita" rimane Firenze. La classe dirigente fiorentina al fiuto per gli affari, all'abilità ed alla passione politica accomuna l'amore per l'arte, per le lettere, per la filosofia, in breve per qualsiasi manifestazione dell'intelligenza umana.

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