domenica 16 dicembre 2007

L'ARTE DEGENERATA

 RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI
   
Il 15 novembre 1933 il ministro della Propaganda nazista Joseph Goebbels formò la Camera della Cultura del Reich (Reichskulturkammer), che di fatto stabiliva quali artisti potevano lavorare e cosa si potesse mostrare al pubblico: una ferrea censura costrinse i pochi artisti non allineati rimasti in Germania al silenzio.
Negli anni '20 e '30 la Germania aveva generato scrittori, pittori e storici di ogni tendenza, ma i bersagli principali del regime furono coloro che si occupavano di arti figurative. Questo perché il nazismo aveva subito capito l'importanza e il fascino che esercitavano sulla massa le immagini, tanto da sfruttarle intensamente nella sua propaganda: Hitler voleva che la popolazione fosse circondata da simboli di potere. Allo stesso modo occorreva distruggere le opere che lanciavano messaggi non rispondenti all'ideologia nazionalsocialista. I movimenti dell'arte moderna, senza distinzioni, furono presto definiti "degenerati" e "corrotti". I nazisti volevano dimostrare che i pittori astratti contemporanei e gli espressionisti trasmettevano valori che avrebbero ostacolato il ritorno della Germania alla supremazia in Europa, inquinavano con le loro rivoluzionarie soluzioni e tecniche la presunta bellezza fisica e spirituale del vero tedesco. Secondo Hitler, che si considerava egli stesso un artista, l'uso ardito del colore e di immagini surreali da parte di questi pittori era una distorsione della natura.
Nell'ottobre 1936 la sezione d'arte moderna della Nationalgalerie di Berlino fu chiusa: fu istituito un tribunale che purgasse le gallerie e i musei di tutto il paese. Si calcola in circa 16.000 il numero di tele, disegni, sculture che finirono nella categoria dell'"arte degenerata", la maggior parte di espressionisti e di pittori moderni tedeschi, anche se vi furono comprese opere di grandi stranieri come Picasso, Van Gogh, Cézanne. Le migliori furono messe all'asta a Lucerna, mentre diverse migliaia furono bruciate nel cortile della sede del Corpo dei Pompieri di Berlino nel marzo 1939. Alcune opere si salvarono, essendo state requisite dal maresciallo Hermann Göring in persona, desideroso di tappezzare di capolavori le pareti della sua residenza.
Ma distruggere le opere degli artisti non bastava: era necessario mobilitare l'opinione pubblica contro gli artisti stessi. Nell'estate del 1937, a Monaco furono allestite due mostre contemporaneamente. Una esibiva le opere di artisti ben accetti al regime, dove si esaltavano eroismo, dignità ariana, muscoli, fatica ed i valori semplici e sani delle rustiche famiglie lavoratrici dai capelli biondi e gli occhi azzurri e dove soprattutto facevano mostra di sé innumerevoli ritratti del Führer. Quattrocentomila persone visitarono la mostra.
L'altra si svolgeva nella nuovissima Casa dell'Arte Tedesca, terminata quell'anno e progettata da uno dei più importanti architetti nazisti, Paul Ludwig Troost. All'interno c'era una mostra grottesca, intitolata "Arte degenerata". Vi erano esposte oltre 650 opere delle avanguardie del XX secolo, con grande concentrazione di quelle espressioniste, senza cornici e nella più totale confusione. I titoli erano stati aggiunti dagli organizzatori: un quadro, raffigurante un gruppo di lavoratori agricoli, era intitolato Contadini tedeschi visti alla maniera yiddish. Un opuscolo fungeva da guida, essenzialmente in senso concettuale: mostrava al visitatore quale fosse il modo "giusto" di interpretare le opere esposte avvicinandole a prodotti di dilettanti o di malati di mente. Una condanna ulteriore di tali opere derivava dal fatto che, appartenendo a istituzioni pubbliche, erano state acquistate col denaro del "popolo lavoratore tedesco". Adolf Ziegler, che tenne il discorso di inaugurazione della mostra, definì i lavori esposti «prodotti della follia, della spudoratezza, dell'incapacità e della degenerazione». Due milioni di visitatori si riversarono nella Casa dell'Arte.

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