domenica 23 dicembre 2007

Pittura

RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI


La pittura nel periodo gotico manifestò un sentito scarto rispetto alle altre arti arrivando a un rinnovamento, tramite la scuola italiana, in particolare toscana, solo nella seconda metà del XIII secolo e bruciando velocemente le tappe per arrivare a un livello di rinnovamento artistico pari a quelli di scultura e pittura solo alla fine del XIII secolo con gli affreschi di Giotto. I motivi di questo ritardo possono essere legati ai modelli diversi che pittura e scultura ebbero: in epoca romanica la scultura si era già rinnovata, riscoprendo in alcuni casi anche le opere della classicità ancora esistenti, mentre per la pittura l'unico modello di riferimento era la scuola bizantina, senza tracce di pitture più antiche (i rari esempi di opere pittoriche dell'antichità risalgono tutti a scoperte successive al XVI secolo).
Con la conquista di Costantinopoli durante la quarta crociata (1204) e con la formazione dei Regni latini d'Oriente, il flusso di opere bizantine si era addirittura infittito. Nella seconda metà del Duecento, all'epoca di Nicola Pisano lo scollamento tra vivacità narrativa, resa naturalistica e forza espressiva tra scultura e pittura è veramente al culmine, con i pittori disarmati di fronte alle straordinarie novità. Nel giro di due generazioni però i pittori seppero bruciare le tappe, rinnovando modelli e linguaggio, fino a arrivare anche nelle arti pittoriche a storie coinvolgenti con figure credibili e ambientazioni architettoniche o paesistiche verosimili.
La pittura ebbe anche il vantaggio di una committenza più ampia, per via dei costi decisamente più economici.
Dal romanico la pittura, specialmente in Italia centrale, aveva ereditato la diffusione delle tavole dipinte, appoggiate dagli ordini mendicanti per la loro pratica trasportabilità. I principali soggetti non sono molti: Crocifissi, speso appesi al termine delle navate delle chiese per suscitare la commozione dei fedeli; 
Madonne col Bambino, simboli dell'Ecclesia e simbolo di un rapporto madre/figlio che umanizza la religione; 
Raffigurazioni di santi, tra i quali spiccano le nuove iconografie legate alla figura di San Francesco d'Assisi. 
Tra i maestri del Duecento ci furono Berlinghiero Berlinghieri e Margaritone d'Arezzo, entrambi ancora pienamente bizantini, ma che iniziano a mostrare alcuni caratteri tipicamente occidentali. In seguito Giunta Pisano arrivò al limite delle possibilità dell'arte bizantina, sfiorando la creazione di uno stile tipicamente "italiano". Questo limite venne superato da Cimabue, il primo, secondo anche Giorgio Vasari che si discostò dalla "scabrosa goffa e ordinaria maniera greca". Nel cantiere della basilica superiore di Assisi si formò infine un nuovo stile occidentale moderno, con i celebri affreschi attribuiti a Giotto. Oltre alla scuola giottesca (Taddeo Gaddi, Giottino, il Maestro della Santa Cecilia, Maso di Banco, ecc.) ebbe in seguito grande importanza anche la scuola senese con maestri quali Duccio di Buoninsegna, Pietro e Ambrogio Lorenzetti e Simone Martini. Riscoperta piuttosto recente è anche l'importanza della scuola romana con Pietro Cavallini, Jacopo Torriti e altri. Personalità più indipendenti furono Buonamico Buffalmacco o Vitale da Bologna.


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