MTERIA E PITTURA
RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI
L'importanza attribuita al medium dell'opera d'arte, ossia al mezzo espressivo della stessa, si è fatta più
acuta negli ultimi decenni. Si sa che l'importanza della tecnica non fu mai svalutata dall'artista di qualsivoglia
epoca, anzi fu sempre l'artista in prima persona a dare rilievo aimisteri tecnici che sottostavano alla produzione
artistica (spesso ignorati da critica e pubblico).
Ma, con tutto ciò, fino ai nostri giorni la tecnica e l'uso di un determinato materiale costituivano soltanto
un particolare, utile ma non essenziale, per la considerazione critica ed estetica di un lavoro specifico. Non solo,
per lungo tempo, una stessa tecnica o materiale si tramandavano con poca, pochissima, innovazione, e anzi
alcuni segreti del maestro rappresentavano un vero canone iniziatico che solamente il discepolo prediletto
avrebbe potuto ricevere dal venerato maestro.
Si può affermare, dunque, che soltanto negli ultimi tempi abbiamo assistito a un farsi preminente da
parte della materia, se non protagonista, ragion prima, o unicad'un dipinto o d'una statua. Ne è testimonianza
prima, l'esistenza stessa di un termine come materico, a designare una tipologia di pittura che fa
dell'importanza attribuita alla materia il suo primo vessillo.
Il ricorrere a nuovi materiali: a cortecce (Schumacher, Crippa), a sacchi e stracci (Burri, Millares), a reti
metalliche (Rivera, Lippold), a stoffe da tappezzeria (Baj), a banconi corrosi dall'uso (Chamberlain, César), a
lenzuoli sovrapposti e cuciti (Scarpitta, Nuvolo), a brandelli di tessuto cuciti ad intelaiature metalliche
(Bontecou), e, ancora, all'uso di sabbie quarzifere, di segatura, impastate a vinavil, smalti, vernici, ha un
significato che non è solo quello scandalistico e sperimentale. Più avanti, con l'avvento della pop-art,
l'utilizzazione dei materiali più eterocliti, anzi addirittura degli oggetti già usatie dei rifiuti, doveva diventare
sempre più d'uso comune, fino a raggiungere, con l'arte povera l'aspettod'una rinuncia o d'un rifiuto del
piacevole e del “bello”. Non è facile dire a chi si possa far risalire la paternità della pittura materica; anche
perché spesso gli artisti che se ne servirono sfociarono in breve, o contemporaneamente in altri settori; così
dicasi per un “materismo” alla Pollock in cui l'aspetto informale diviene subito più rilevante, o per il materismo
del gruppo Cobra.
I primi esempi di questo nuovo peso dato alla materia si trovano già in certi lavori dei primi surrealisti, e
addirittura dei dadaisti. Molte opere dada, specie quelle che si valevano del collage dell'oggetto trovato, o i
Merzbilder di Schwitters sono da ascriversi a questo contesto, come certe opere del secondo futurismo, in
particolare di Prampolini. Una successiva stagione di materismo si può considerare quella iniziata negli Stati
Uniti negli anni '50, con l'uso di stratificazioni particolarmente spesse, talvolta veri e propri rilievi di colore a olio,
o anche di colore “imbottito” con materiali che fungessero da supporto, carta pesta, stoppa, usanza che dilagò
immediatamente in Europa, se ne videro esempi nel lavoro di Appel, Jorn, Baj, Crippa, Fautrier in Francia
creatore di raffinato di “matericità” ottenuta con la sovrapposizione e la stratificazione di superfici di carte
incollate e colorate con tempera e colla così da raggiungere spessori assai rilevanti di una consistenza
cartilaginea.
Ma gli artisti che forse riuscirono ad imporsi in maniera più rilevante tramit l'utilizzo di tale tecnica furono
probabilmente Burri e Tapies, anche se non li si deve descrivere all'interno di un orizzonte limitato.
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