IL SORGERE DELL'ARTE E IL SUO LUNGO CAMMINO
RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI
L'immenso periodo che vede il sorgere dell'arte ha inizio una trentina di millenni prima della nostra era e si conclude, a seconda dei paesi (per Europa occidentale intenderemo la Spagna, la Francia e l'Italia; le Isole Britanniche, il Belgio, i Paesi Bassi e la Danimarca; la Germania, il Lussemburgo, la Svizzera e l'Austria) qualche secolo prima o dopo il principio di questa, a seconda del diverso sviluppo delle civiltà mediterranee classiche e dell'estendersi dell'egemonia e dell'influenza delle conquiste romane. Limitandoci a considerare i fattori di civilizzazione, è l'avvento della scrittura che segna, per lo storico, la fine della protostoria, dapprima con l'apparizione di iscrizioni più o meno rudimentali, poi con quella di una letteratura scritta di cui il mito, l'epopea, il teatro e la storia costituiscono i più antichi generi principali. Per le epoche anteriori all'uso della scrittura, il solo linguaggio offerto alla nostra interpretazione, sia pure frammentariamente, a misura delle scoperte, è quello delle opere d'arte, dalla più rudimentale alla più sofisticata, dalla più istintiva alla più consapevole.
L'esatta comprensione di queste opere richiede uno sforzo critico che negli ultimi decenni ha goduto di un notevole rinnovamento. L'archeologia ha perfezionato i suoi metodi di scavo esaminando con minuzia crescente gli archivi materiali del passato più lontano, sepolti per strati successivi nel sottosuolo. Le scienze naturali, poi, hanno messo a punto diversi processi sperimentali in grado di rivelare alcuni segreti delle tecniche antiche, di risalire a una cronologia assoluta o di studiare anche a livello microscopico ogni resto dell'ambiente geografico o dell'attività umana. Le scienze umane, da parte loro, moltiplicano i metodi di indagine sulle società, le mentalità e le stesse tecniche, a cui la genesi delle opere d'arte e la loro interpretazione sono strettamente legate. La storia dell'arte preistorica e protostorica comincia dunque, a sua volta, a poter ricostruire alcuni frammenti del passato che ha visto nascere queste opere, la cui sensibilità plastica e il cui stile continuano a sfidare i secoli a dispetto della nostra ignoranza circa il loro contenuto concettuale storico, emozionandoci e affascinando la nostra immaginazione quasi fossero figlie di un sogno del nostro tempo.
È quella della fase recente dell'epoca paleolitica, detta paleolitico superiore. Le prime manifestazioni dell'arte risalgono al 35000-30000 a.C, e allo stato attuale delle conoscenze archeologiche le più antiche testimonianze risultano fornite dall'Europa occidentale. Quest'arte, che conosce uno sviluppo assai lento, raggiunge uno straordinario livello di perfezione per poi scomparire bruscamente intorno al 10000 a.C. senza lasciare continuatori. Al momento della sua scomparsa, i ghiacciai che ancora ricoprono il nord dell'Europa occidentale si ritirano di fronte a condizioni climatiche sensibilmente prossime a quelle attuali. La fauna di erbivori o di felini che ispira l'arte paleolitica è la stessa che l'uomo ha dovuto affrontare nella steppa che in quel tempo ricopre immense estensioni del suo territorio. Agricoltura, allevamento e lavorazione dei metalli sono ancora sconosciuti. Armi e utensili sono intagliati nella selce, nel legno, nell'osso, nel corno o nell'avorio. L'uomo (la cui morfologia fisica è quella dell'Homo sapiens sapiens, ossia la nostra), vive di raccolta, di caccia e di pesca. La sua dimora non è stabile: al contrario, deve costantemente spostarsi per inseguire la selvaggina abituale o scoprire nuovi territori di sfruttamento.
LE OPERE
Possediamo un vasto campionario di opere risalenti al paleolitico, benché molte di più siano quelle andate perdute a causa di incidenti di trasmissione o per la natura deperibile dei materiali (legno, pelle animale, argilla cruda). Gli strumenti impiegati erano limitati: bulini, lame o raschiatoi di selce, pennelli o stampini realizzati con ciuffi di peli o steli vegetali e, come colori, alcuni semplici pigmenti di origine minerale. Le materie conservate sono l'osso, il corno o i palchi di renna, l'avorio di mammuth e la stessa pietra (tavolette, o le pareti rocciose dei ripari e delle grotte). Alcune serie di oggetti di uso quotidiano presentano una decorazione a carattere geometrico o vegetale (Bacchette di Isturitz, Bassi Pirenei), ovvero raffigurazioni animali o umane. Quest'arte figurata è la più frequente. Gli oggetti così decorati sono arpioni e zagaglie, bacchette, bastoni forati senz'altro impiegati per raddrizzare a caldo frecce e zagaglie, spatole e propulsori utilizzati per scagliare le zagaglie con maggior vigore, accanto a tutta una serie di altri oggetti destinati ad essere appesi: rotelle, gocce o amuleti e piccoli pezzi detti "contorni dentellati" che raffigurano quasi sempre una testa di cavallo. Si sviluppa così tutta un'arte dell'arredo, legata a concetti religiosi, con statuette animali e umane (queste ultime principalmente femminili) e con tavolette incise che pare venissero disposte lungo le pareti delle grotte. Le creazioni più spettacolari sono quelle di un'arte parietale che ha coperto con le sue pitture, incisioni e sculture in alto e basso rilievo i fianchi o il soffitto di ripari, gallerie o sale sotterranee scavate naturalmente dall'erosione, nelle quali è ormai certo che gli uomini si riunivano per la celebrazione del culto. L'esistenza di tali santuari dimostra che, sebbene la mancanza di mezzi tecnici impedisse all'uomo paleolitico di cimentarsi nell'architettura, pure egli era almeno sensibile alla misteriosa lezione di queste architetture fortuite che la natura offriva alla sua immaginazione.
GLI STILI E LA CRONOLOGIA
Lo studio di tali architetture "naturali" è stato oggetto di un'analisi sistematica ad opera di A. Leroi-Gourhan, che ha potuto osservare la lunga serie continua formata dalle rappresentazioni animali nella regione franco-cantabrica, che comprende il nord della Spagna e la Francia sud-occidentale e centrale.
I primi esempi, preceduti da incerti tentativi attribuibili non più all'Homo sapiens sapiens ma all'uomo di Neanderthal, si collocano fra il 30000 e il 27000 a.C. (aurignaciano): si tratta di incisioni su tavolette calcaree che rappresentano cupole, vulve e sagome stilizzate di animali (stile I di A. Leroi-Gourhan). Si trovano soprattutto in Dordogna, ma appaiono in misura minore anche altrove. Fra il 25000 e il 18000 a.C. (graveziano, solutreano antico), le opere, ancora poco numerose, cominciano a diversificarsi: gli utensili con decorazione figurata fanno la loro comparsa accanto alle statuette umane e animali e alle prime manifestazioni dell'arte parietale (stile II). La distribuzione geografica delle opere si estende considerevolmente e si affermano alcune costanti di stile, sia con le statuette femminili dette "veneri di Aurignac", sia con la rappresentazione di animali il cui dorso e le parti posteriori sono rappresentate da una linea ampiamente sinuosa, mentre le zampe sono omesse o soltanto abbozzate. Fra il 17000 e il 13000 a.C. (solutreano, magdaleniano antico), l'abilità nel tracciare sagome animali si perfeziona in conformità con le tradizioni dello stile II: il corpo conserva la sua linea dorsale sottile e sinuosa, ma si ingrossa e si gonfia a scapito della testa e delle zampe (stile III), tanto che queste figure, indipendentemente dal sesso, sono state descritte come "gravide". L'arte parietale produce allora i suoi primi capolavori: le pitture di Lascaux (Dordogna) e di Altami-ra (Spagna, provincia di Santander) e i bassorilievi di Roc-de-Sers (Chiarente) e di Bourdeilles (Oordogna).
A partire dal 13000 a.C. si apre l'età d'oro dell'arte paleolitica, un periodo di piena fioritura in cui la produzione artistica è particolarmente abbondante. In una prima fase (magdaleniano medio), le proporzioni delle sagome animali diventano anatomiche, conservando però una certa rigidità e dando l'impressione che l'animale, privo di peso, rimanga sospeso al di sopra del terreno (stile IV antico). A partire dall'11000 a.C. (magdaleniano recente), gli atteggiamenti, la plasticità e la pesantezza fisica dell'animale diventano perfettamente naturalistici (stile IV recente). Una parte delle pitture di Lascaux può essere attribuita allo stile IV, così come i grandi soffitti di Altamira. Fra le numerose grotte decorate di questo periodo possiamo ricordare quelle di Combarelles e di Font-de-Gaume (Eyzies, in Dordogna), quelle di Rouffignac (Dordogna), di Niaux o dei Trois-Frères (Ariège) e di Las Monedas (provincia di Santander); queste ultime rappresentano le sole vestigia attualmente conosciute in Spagna dello stile IV recente.
Questa vena naturalistica, la cui perfezione non sarà in seguito mai più superata, si esaurisce bruscamente alla fine dell'epoca magdaleniana: le rappresentazioni animali diventano impacciate e sommarie, appena accennate con pochi tratti sparsi e senza vigore, segnando la fine di un ciclo artistico completo sviluppatosi regolarmente nel corso di venti millenni. La scomparsa di quest'arte è stata spiegata con la partenza dei cacciatori di renne al seguito della cacciagione, attratta verso l'Europa del nord dal ritiro dei ghiacciai. Ma le modalità di un così vasto sconvolgimento nella distribuzione dei popoli e nelle condizioni di esistenza rimangono oscure, ed enigmatica l'assenza quasi completa di una tradizione artistica erede di una così ricca corrente.
RAPPRESENTAZIONI ANIMALI
II cacciatore paleolitico è rimasto affascinato dagli animali che inseguiva come prede o che era costretto ad affrontare per difendersi. Alcune delle specie raffigurate sono tuttora presenti nell'Europa occidentale (cavallo, cervo, stambecco, orso), altre vi sono state sterminate o si sono trasferite altrove (bisonte, renna, uro o bue selvatico, grandi felini, rinoceronte); una di esse è estinta, quella del mammuth. Dello scontro temibile tra uomo e animale, l'arte paleolitica ha fatto il suo oggetto favorito di meditazione spirituale.
L'abilità nelle rappresentazioni animali che si afferma a partire dallo stile III deve il suo vigore da un lato alla semplicità dei mezzi disponibili per dipingere, dall'altro all'esigenza di tradizioni millenarie che regolavano la policromia, l'applicazione dei colori, la resa della luce e della prospettiva o quella della plasticità e dei particolari morfologici distintivi delle specie. L'espressione delle pose degli animali è densa, tesa. La bestia, sia essa rappresentata ferma o in movimento, trasmette sempre un'impressione di vitalità e di potenza, e alcune scene di salto o galoppo sono sapienti raffigurazioni che drammatizzano il manifestarsi dell'istintiva impetuosità dell'animale. Una tale maestria, spettacolare nei grandi complessi di pitture come Lascaux o Altamira, non è meno perfetta in opere di dimensioni modeste come i bisonti modellati nell'argilla di Tue d'Audoubert (Ariège) o nelle figurine animali scolpite in gran numero in corno, osso o avorio, come il cavallo del propulsore per giavellotto di Bruniquel (Tarnet-Garonne).
Per rispondere pienamente a quello che la sensibillità moderna si aspetta da un'arte a soggetto animale, queste opere presentano anche quell'"al di là" immaginario della rappresentazione naturalistica che rivela, in quanto di inafferrabile o fugace vi è nel comportamento dell'animale, una scintilla di spiritualità in cui all'uomo è dato di riconoscere un riflesso della propria vita inferiore. Così la tenerezza maliziosa del piccolo bisonte al bagno di La Madeleine (Dordogna), o l'abbandono fiducioso del cavallo pensoso di Las Monedas, che sogna immobile nella steppa. Quest'arte, tuttavia, non è semplicemente animalista. Il modo in cui alcune rappresentazioni sono state intaccate da numerosi colpi di zagaglia rivela come esse assumessero una funzione magica nel contesto di cerimonie rituali destinate a rendere la caccia più fruttuosa. Gli studiosi della preistoria hanno anche osservato che le grotte dipinte utilizzate come santuari presentano delle composizioni in cui le specie animali vengono combinate fra loro in modo volontario e costante, secondo sequenze che invitano a vedervi ben altro che una semplice constatazione delle associazioni naturali nella fauna dell'epoca. Ad esse, inoltre, si aggiungono a volte combinazioni di figure geometriche o sistemi di punti. Da queste osservazioni si è dedotto che il bestiario paleolitico dovesse avere un significato simbolico, che senza dubbio illustrava un sapere concettuale e trasmetteva un insegnamento astratto particolare. La difficoltà consiste nel decifrarne l'enigma: può trattarsi di culti primitivi, come quello della fecondità o dell'associazione dei principi maschile e femminile, oppure di un più vasto insieme di conoscenze, formulazione figurata della prima mitologia destinata a perpetuare il sapere dell'uomo paleolitico e la sua concezione del sacro.
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