giovedì 13 dicembre 2007

I MANIFESTI DELLO SPAZIALISMO

RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI
(liberamente tratto da testi vari)

Raccogliendo l'eredità dei Futuristi che, per primi, avevano compreso l'effettiva importanza della pubblicizzazione delle proprie idee e dei propri programmi su manifesti e riviste, Fontana diviene l'ispiratore dei manifesti dello Spazialismo, movimento fondato ufficialmente nel '47, con il Primo manifesto dello Spazialismo, firmato a Milano.
Tutti i manifesti dello Spazialismo sono pubblicati in volantino (1) dai firmatari, distribuiti nel corso di mostre o manifestazioni e sottoscritti non soltanto da pittori, scultori e architetti, ma anche da letterati e filosofi.
Da sottolineare il continuo inneggiare a nuove forme d'arte e all'utilizzazione di nuovi mezzi che, nella realtà dei fatti, non vengono utilizzati - eccezion fatta per la luce di Wood e il neon nell'architettura - ed il tono profetico che, a tratti, assumono gli scritti.
Manifiesto Blanco
"Un curioso miscuglio di futurismo e surrealismo, un magma uscito dalle avanguardie storiche e non ancora raffreddato" (2), così Giorgio De Marchis definisce il Manifiesto Blanco, il primo dei manifesti ispirati da Fontana, steso da un gruppo di giovani artisti nel 1946, a Buenos Aires.
Il Manifiesto, che è sicuramente il più interessante dei manifesti dello Spazialismo - poiché gli altri scritti ribadiscono semplicemente, solo a volte ampliandoli, concetti ivi espressi - inneggia ad un rinnovamento totale, che, come afferma Roccamonte, non è comprensibile senza conoscere il clima in cui è nato. Dice Roccamonte:
"Chi non tiene conto della situazione dell'Argentina [...] forse non può capire bene l'essenza di questo Manifiesto. Che non è soltanto un proclama estetico, ma è anche sociale. Mi sembra che segni la volontà di passare da una civiltà agricola, tradizionale, rurale [...] ad una civiltà nuova, industriale, proiettata verso il futuro" (3).
Il Manifiesto, dal punto di vista letterario, si pone come una trattazione storica dell'arte che, ora, "si trova in un periodo latente".
Dei differenti periodi storico-artistici presi in esame quello che meglio si adatta allo "spirito nuovo" è il Barocco, fondamento dell'arte moderna, quando gli artisti "aggiungono alla plastica la nozione di tempo" e "comincia la rappresentazione dello spazio". In seguito la necessità di dinamismo, non potendo essere corrisposta dalla plastica, viene portata avanti dalla musica, mentre pittura e scultura entrano in quella che viene qui chiamata "palude nella storia dell'arte": il Neoclassicismo. Con l'Impressionismo le arti figurative tornano alla ribalta e, in seguito, si moltiplicano le tendenze, dal Cubismo al Futurismo, dall'Astrattismo al Dinamismo, situazione che fa sentire agli artisti la necessità di ritornare alle prime esperienze artistiche, quelle degli uomini della preistoria.
Ad ogni modo, al di là della trattazione storica che viene fatta, il discorso approda all'esigenza del dinamismo nell'arte, come nei manifesti futuristi, ma viene sottolineato il fatto che i mezzi tecnici per rappresentare un reale dinamismo i futuristi - e con loro tutti gli artisti moderni - non li possedevano e non li posseggono, perciò il Manifiesto inneggia al nuovo mezzo.
Ci troviamo quindi di fronte ad un manifesto futurista della seconda generazione? Non credo, d'altronde, al ricordo dei manifesti futuristi, con la loro esigenza di distruggere gli antichi mezzi e la necessità di un'arte dinamica, si sovrappone la meditazione sul Surrealismo, evidente nella chiusura del testo.
Nell'esaltazione del subcosciente, a cui "tutte le concezioni artistiche sono dovute", e nella subordinazione della ragione ad esso - "la ragione non crea" - , riecheggiano infatti le concezioni artistiche di Breton. Non si deve infatti trascurare il fatto che Fontana, poco prima della stesura del Manifiesto, si dedica approfonditamente all'automatismo grafico, che lo ha sempre interessato, anche se egli
"non si interessa al surrealismo d'immagine, con prospettive inquietanti, di effetto onirico, ma mentalmente distaccate: ricollegandosi a certe premesse espressioniste della componente barocca e alla spinta dinamica futurista, riprende l'urgenza di un automatismo irrazionale, che gli farà sviluppare lo spazialismo" (4).
È da sottolineare infine, a mio parere, il fatto che al subcosciente non si debba solo la creazione, ma anche l'interpretazione della nuova arte, in queste parole trovo sia implicita l'importanza che Fontana dà al fruitore, esplicita negli Ambienti spaziali.
Primo manifesto dello Spazialismo
Tornato in Italia nel '47, Fontana, dopo incontri e discussioni sull'arte tenuti alla Galleria del Naviglio, fonda ufficialmente il Movimento Spaziale, subito dopo viene steso il Primo Manifesto.
Il Primo manifesto, messo a confronto coi successivi, è quello che offre il maggior numero di novità rispetto al Manifiesto Blanco.
Queste diversità sono sostanzialmente due: la prima è costituita dall'asserzione "L'arte è eterna, ma non immortale" - e da ciò che ne consegue, ovvero la volontà di svincolare l'arte dalla materia, etc. - , la seconda è una nuova posizione presa nei confronti degli antichi mezzi dell'espressione artistica. Infatti, mentre il precedente scritto è analogo, su questo punto, ai manifesti futuristi, che volevano distruggere tutto ciò che era esistito nel passato, il Primo manifesto cambia registro e afferma: "Siamo convinti che [...] nulla verrà distrutto del passato, né mezzi né fini", anche se pone come premessa la necessità di passare "alla pura immagine aerea, universale, sospesa", in una parola: Spaziale.
Secondo manifesto dello Spazialismo
Nel Secondo manifesto è nuovamente ribadito il concetto, opposto al futurismo, di non voler abolire l'arte del passato.
Non propone quindi nulla di nuovo e la sua bellezza resta soltanto nello stile fortemente visionario, di intonazione profetica:
Quando, poi, nel rogo finale dell'universo, anche il tempo e lo spazio non esisteranno più, non resterà memoria dei monumenti innalzati dall'uomo, sebbene non un solo capello della sua fronte si sarà perduto. [...]
Milano, 18 marzo 1948
(Lucio Fontana, Gianni Dova, Beniamino Joppolo, Giorgio Kaisserlian, Antonino Tullier).
Proposta di un Regolamento del Movimento Spaziale
Il terzo dei manifesti dello Spazialismo è rappresentato dalla Proposta, in cui viene ribadito il concetto che il fondatore del Movimento Spaziale nel mondo è Fontana (punto primo).
Dopo una breve premessa i punti che vengono espressi rappresentano schematicamente le caratteristiche del gruppo. Da sottolineare il punto ottavo, collegato al nono:
8. L'Artista Spaziale non impone più allo spettatore un tema figurativo, ma lo pone nella condizione di crearselo da sé, attraverso la sua fantasia e le emozioni che riceve.
9. Nell'umanità è in formazione una nuova coscienza, tanto che non occorre più rappresentare un uomo, una casa, o la natura, ma creare con la propria fantasia le sensazioni spaziali.[...]
2 aprile 1950
(Lucio Fontana, Milena Milani, Giampiero Giani, Beniamino Joppolo, Roberto Crippa, Carlo Cardazzo).
Manifesto tecnico dello Spazialismo
In occasione del I Congresso Internazionale delle Proporzioni alla IX Triennale di Milano nel 1951 Lucio Fontana legge il presente manifesto.
Dopo una premessa che ricalca fedelmente alcuni brani del Manifiesto Blanco, che ha lo scopo di esporre i presupposti teorici dell'arte Spaziale, l'artista espone la basi tecniche dello Spazialismo, incentrando significativamente il discorso sull'architettura, di cui non si fa menzione nei precedenti manifesti.
Si ha così l'immagine di un'architettura indipendente da leggi gravitazionali e da proporzioni, Spaziale nell'utilizzo di nuovi mezzi, quali la luce di Wood e il neon.
Di indubbio fascino l'immagine finale della torre di Babele, illusoria conquista dello spazio, a cui viene contrapposto il distacco dalla linea d'orizzonte, reale conquista dello spazio avvenuta con la costruzione della "prima architettura dell'Era Spaziale: l'aeroplano".
Manifesto dell'Arte Spaziale
Dalla discussione svoltasi alla Galleria del Naviglio a Milano, la sera del 26 novembre 1951, nasce questo manifesto, che, pur se arricchito da nuovi firmatari, ribadisce semplicemente i concetti espressi nei precedenti scritti.
Firmatari:
(Anton Giulio Ambrosini, Giancarlo Carozzi, Roberto Crippa, Mario Deluigi, Gianni Dova, Lucio Fontana. Virgilio Guidi, Beniamino Joppolo, Milena Milani, Berto Morucchio, Cesare Peverelli, Vinicio Vianello)

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