mercoledì 26 dicembre 2007

PITTURA E IMMAGINAZIONE

RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI

La questione della pittura è raramente legata alle ideologie avanguardistiche, non si confronta con il concetto evolutivo dell’innovazione ma intende dialogare con tutto il corpo dei linguaggi pittorici esistenti, esprimendo semmai l’esigenza di seguire nuove motivazioni e nuove intenzioni. Non è dunque questione di astratto e di figurativo ma di materia visibile, di materia vivente dove non ci sono soluzioni ma solo processi di sconfinamento e di avvicinamento verso l’altrove, verso altre tentazioni, altre tensioni che caricano la pittura d’azione e di emozione. I propositi programmatici non servono, il colloquio tra opera e spettatore si costruisce volta per volta, come possibilità del lettore di entrare nel dinamismo segreto dell’evento creativo. Le idee e i sentimenti racchiusi nella superficie sono presenza tattile e fisica, una vera presenza di sensi pittorici che si trasmettono al corpo-mente dello spettatore che, assumendo il punto di vista del pittore, speri-menta la propria capacità di sentire l’immagine. Cosi’ evita di ridurre il senso dell’opera ad una
serie di dogmi che esprimono situazioni chiuse, incapaci di verificare le tensioni conoscitive del
fare, senza possibilità di coltivare uno sguardo in bilico tra memoria e immaginazione. La dialettica tra memoria e immaginazione è necessaria per costruire un terreno di lettura dove i
nutrimenti del passato contribuiscono a costruire un territorio mobile dove l’immaginazione inventa nuovi modi di cogliere la materia dei sogni pittorici. La lettura si apre nei confronti del colore come 11 evento materialistico e insieme immaginativo, si tratta di una sorta di immaginazione materiale in grado di sconfinare dalle sue stesse procedure, in presenza del loro esercizio fisico. Questo atteggiamento si rafforza soprattutto nei casi in cui la pittura pretende di essere se stessa senza funzioni illusorie, illusive, illudenti, presentandosi nella sua nuda e cruda realtà di linguaggio possibile, alle prese con le infinite possibilità dello sguardo. Quello che bisogna cogliere è la diversa identità del colore, l’origine e il destino della sua messa in opera e, soprattutto, è necessario leggere la pittura come esperienza non confrontabile con la questione
della letteratura, della psicanalisi, della sociologia. E’ infatti riferibile solo al dipingere e dipingere significa porsi in una discontinuità, in un processo mai uguale a se stesso, in una situazione dove il fluire delle immagini si costruisce e si decostruisce continuamente. La pittura non è intesa come un linguaggio persuasivo, è un’etica dello sguardo che si rivolge agli stupori dell’immagine, all’incanto che va svelato volta per volta, sollecitato al di fuori di ogni regola stilistica. Non esiste uno stile in cui il corpo della pittura può identificarsi ma esiste un insieme di movimenti slittanti, di ipotesi a venire, di eventi provvisori e possibili, in cui la pittura riconosce la persistenza di molteplici vie verso le fonti del colore. Ben sapendo che il futuro che l’artista ha alle spalle ( la cosiddetta tradizione del nuovo) è un canto sospeso che continua a valere attraverso l’impegno del dipingere. Si tratta allora di conoscere senza pregiudizi le opere di questi pittori che amano la tradizione, di questi sognatori che abitano la dimora della pittura senza curarsi dei clamori esteriori, pittura come luogo di ritrovamento degli occhi, la cui capacità è purtroppo distratta, spesso spenta quando non addirittura accecata da falsi miti linguistici.
Per questa intima passione nei confronti della pura sensibilità cromatica i pittori esplorano il pre-sente come fonte di nuove visioni, come storia e attualità indivisibili, con vocazione autentica di testimoniare in modo poetico il futuro possibile attraverso le dismisure dell’immaginazione.
DI Claudio Cerritelli

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