lunedì 3 dicembre 2007

Naturalismo ed antinaturalismo

RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI

Nelle arti figurative, possiamo distinguere due atteggiamenti fondamentali: il naturalismo e
l’antinaturalismo.
Diciamo che un’arte figurativa è di tipo naturalistica, quando la rappresentazione tende ad
essere uguale alla realtà o alla percezione di essa. È invece antinaturalistica quando la
rappresentazione è dissimile dalla realtà o dalla sua percezione.
Naturalismo e antinaturalismo non sono due categorie assolute, ma hanno infiniti gradi
intermedi. Ad un estremo, avremo manifestazioni naturalistiche di tipo mimetico o imitativo
(ad es. il ritratto); dall’altro, manifestazioni quali la pittura astratta, che sono
antinaturalistiche in quanto rappresentano realtà che non sono altrimenti percepibili se non
attraverso quella rappresentazione.
Il concetto di naturalismo ed antinaturalismo non è da intendersi come meccanica
corrispondenza tra un modello (la realtà) e una copia (la rappresentazione), bensì definisce un
atteggiamento più complessivo che potremmo definire come segue. La produzione umana è
sempre artificio. Essa, tuttavia, può simulare la natura, utilizzando le immagini che essa offre,
anche per rappresentare cose prodotte dalla propria immaginazione. Il naturalismo, quindi, si
basa più sul concetto di simulazione, che non di imitazione della realtà. Quando manca non
solo l’imitazione, ma anche la categoria più generica di simulazione del reale, si ha, in
assoluto, l’antinaturalismo.
Rivedendo la storia dell’arte, sulla scorta di questi due parametri, si possono classificare tutti
i periodi storici come naturalistici o antinaturalistici. L’arte, nelle sue prime manifestazioni
del periodo paleolitico, nacque come naturalistica. Il pensiero umano, non possedendo ancora
la razionalità che solo un linguaggio articolato consente, operava per categorie analogiche:
l’immagine percepita differenziava e qualificava la sostanza delle cose. E così l’immagine era
il referente unico per la rappresentazione del reale.
Quando nel neolitico si abbandona la rappresentazione dell’immagine, per ricercare la
sinteticità del graffito, si opera, forse, la più grande rivoluzione culturale mai realizzata.
Passando dal disegno al segno, l’arte ci testimonia che l’uomo preistorico non lavora più sulle
immagini, ma sui concetti. È iniziato quel processo di razionalizzazione logica, che porta alla
nascita del linguaggio.
Il linguaggio, con la sua rappresentazione verbale del mondo, consente, prima ancora che la
comunicazione, il pensiero. È con la formulazione del linguaggio articolato che, l’uomo,
inventa il software per far funzionare il suo cervello. E la nascita del linguaggio, si
accompagna ad una sperimentazione per tradurre il linguaggio in scrittura. È una fase di
elaborazione lenta, che si andò perfezionando per alcuni millenni, anche se è implicito
ritenere che linguaggio e scrittura abbiano seguito fin dall’inizio un percorso comune e
parallelo.
E tra i graffiti neolitici e i geroglifici egizi non correre alcuna differenza concettuale. Infatti le
prime scritture, per essere ideogrammatiche e non fonetiche, ci danno la prima prova di come
linguaggio e scrittura nascono con il passaggio dal disegno al segno, operata tra la fine del
paleolitico ed l’inizio del neolitico.
L’arte neolitica, quindi, è sicuramente antinaturalistica. Ma, seppure in misura minore, lo
sono anche le arti delle prime grandi civiltà che troviamo nei periodi storici: quella egiziana e
quella sumerica.
Il primo grande balzo, per ritornare al naturalismo, lo operò solo la cultura greca classica, nel
VI secolo a.C. Solo in questo momento l’arte recupera un legame forte con l’oggettività della
realtà che rappresenta, senza il filtro di schematizzazioni o semplificazioni interpretative più
o meno logiche. E l’aderenza all’oggettività è il dato che caratterizza ed omogeneizza tutto il
periodo classico, esteso non solo all’arte greca, ma anche a quella ellenistica e romana.
Il medioevo è invece profondamente antinaturalistico. Abbandonando la preoccupazione per
la resa formale, per privilegiare l’aspetto contenutistico del messaggio artistico, fece divenire
l’arte visiva un surrogato della comunicazione verbale. In ciò, giocò un ruolo notevole
l’egemonia della cultura religiosa cristiana sulle manifestazioni artistiche.
Il ritorno al naturalismo coincise con la fine del medioevo. In scultura, il naturalismo fu
riconquistato già dalla cultura tardo-gotica. In pittura, invece, il ritorno al naturalismo fu tutto
di marca italiana, e soprattutto fiorentina, prima con Giotto e poi con la scoperta della
prospettiva e l’avvio della grande stagione dell’arte rinascimentale. E l’arte moderna è
rimasta naturalistica fino alla metà dell’Ottocento. Da Manet in poi, attraverso
l’Impressionismo e le Avanguardie storiche, l’arte ritorna ad essere profondamente
antinaturalistica. E, come detto, non è un caso che questa trasformazione avvenga in
coincidenza con l’avvento della fotografia e del cinema, che consentono una diversa
rappresentazione della realtà del tutto naturalistica, perché ottenuta con mezzi meccanici.
Di Francesco Morante

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