Parmenide -Il Poema sulla Natura
Il Poema sulla Natura Parmenide, è il protagonista dell’omonimo dialogo di Platone, redatto dal filosofo ateniese nel periodo della sua ultima fase. In quest’opera Parmenide ci viene presentato da Platone come un vegliardo di bell’aspetto che era giunto ad Atene insieme al suo allievo Zenone, di venticinque anni più giovane, per assistere alle Grandi Panatenee, le solenni celebrazioni quinquennali in onore di Atena. In quella occasione avrebbe conosciuto Socrate. Non si hanno molte notizie su Parmenide oltre agli accenni fatti da Platone. Del suo poema Della natura gli studiosi, più o meno concordi, sottolineano l’aspetto autobiografico, inteso come la descrizione di un’esperienza personale paradigmatica, non necessariamente reale, se non addirittura di un’esperienza iniziatica. L’incontro del filosofo con una divinità, che illustra la differenza sconosciuta ai più tra la verità (aletheia) e l’opinione (doxa), può essere una pratica narratoria che Parmenide riceve dalla tradizione poetica e traduce, con altri riferimenti, all’interno del poema. Anche il tema del viaggio per venire a contatto con un’entità soprannaturale, che troviamo nel Proemio, potrebbe indicare il passaggio da uno stato di ignoranza ad uno stato di acquisizione di nozioni non disponibili generalmente, rivelate quindi al singolo individuo, Parmenide, che si è messo in cammino per superare la propria condizione di umana tenebra intellettuale. Viaggio quindi nel senso di immagine, da non prendere alla lettera, che rappresenta il mutamento di colui che, partendo da un grado zero di conoscenza (l’opinione), raccoglie la “rivelazione” della verità. Il poema sarebbe allora la descrizione di un’esperienza che ha valore universale, pur essendo stata “vissuta” in prima persona da Parmenide, in quanto principio per gli uomini che riescono a superare la condizione di ignoranza. Parmenide descrivendo questo suo viaggio dimostra che la conoscenza è possibile, grazie all’intervento divino, e può essere trasmessa. In Della natura vi sono inoltre dei Leitmotive, quali quello della via (odos, keleuthos) da percorrere o da abbandonare per non errare lungo il “sentiero dell’opinione”, che troviamo nel Proemio, altro motivo è quello del giorno e della notte, nel senso cosmologico di termini opposti che si riconducono alla luce e all’oscurità, ; la presenza di Dike, la divinità che impersona la giustizia e la garanzia che Parmenide possa essere iniziato alla Verità, come nella prima parte del Proemio Nel Proemio si descrive un percorso che va dalla doxa all’aletheia, mentre nel resto del poema si analizza il percorso inverso, dall’aletheia alla doxa, per meglio comprendere e superare l’entità della doxa, dell’opinione degli uomini. La dottrina esposta da Parmenide riguarda essenzialmente il concetto di verità che coincide con la via dell’essere «Orbene io ti dirò, e tu ascolta accuratamente il discorso,/ quali sono le vie di ricerca che sole sono da pensare:/ l’una che “è” e che non è possibile che non sia») , contrapposta alla via del non-essere : « l’altra che “non è” e che è necessario che non sia»), dove il non-essere corrisponde al nulla: «Occorre per il dire e il pensare che l’essere sia: infatti l’essere è,/ mentre il nulla non è»), e alla confusione generata dall’opinione degli uomini, per i quali «… l’essere e il non essere sono considerati lo stesso/ e non lo stesso . L’essere per Parmenide è verità e si identifica con il pensiero, in quanto, presumibilmente, logica del pensiero che si basa sui principi di non contraddizione (è impossibile che una proposizione, oggetto del pensiero, sia compatibile con un’altra proposizione a lei opposta: «è e non può non essere») e del terzo escluso (ogni proposizione avente significato ammette due sole possibilità, l’una che sia vera, l’altra che sia falsa: «è o non è»). In Parmenide, inoltre, la voce “è”, esti in greco, avrebbe tre accezioni fondamentali nel suo significato: copulativa («è qualcosa»), esistenziale («esiste») e equivalente al concetto di verità («dire o pensare “è” equivale a dire o pensare “è vero”).Marco Vignolo Gargini
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