domenica 14 ottobre 2007

Una riflessione sull’arte

RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI

E’ esperienza di molti aver notato che l’ opera d’arte canalizza e irradia le energie, l’amore per
l’opera, le finalità, le intenzioni e le intuizioni dell’artista.
E’ come se questi elementi permanessero nell’opera d’arte; chi entra in sintonia con essa può
percepirne le vibrazioni.
E’ da questa esperienza apparentemente ordinaria che è nata questa breve riflessione sul senso
dell’arte e sulle energie che essa simboleggia ed evoca, purificandone le scorie, e che può infondere
in chi è pronto a trasmutarle in prassi e operatività.

Leonardo afferma che gli artisti, oltre ad avere spirito di osservazione, meditano su ciò che
vedono; essi sono i migliori scienziati – continua - poiché, dopo aver meditato su ciò che vedono, lo
comunicano agli altri mediante la pittura, la musica, la scultura, la poesia.

Giambattista Vico scopre i principi essenziali dell’estetica moderna.
Egli afferma che l’arte è una delle operazioni fondamentali della mente umana : è il momento in cui
l’uomo avverte con animo perturbato e commosso, cioè il momento della fantasia.
Omero e Dante furono grandissimi non per la sapienza umana ma per il vigore estremo delle
passioni.
Lo spirito non è immobile ma si evolve attraverso un processo continuo, dalla passione fantastica
del sentimento alla coscienza della ragione: dal senso all’intelletto.

Per Kierkegaard la volontà dell’esteta di vivere nell’istante e nel sensibile è illusione e fa confluire
la sua vita nel nulla (da Il concetto dell’angoscia, pag. 124).
L’istante – per l’esteta – è brivido superficiale e passeggero, non pienezza e intensità.
L’animo dell’esteta effettua movimenti disordinati e momentanei come una rana percorsa dalla
corrente elettrica (da Le concept d’ironie, pag.238).
L’esteta è una sintesi di tutte le possibilità e quindi si può vedere in lui ora la possibilità di una sua
perdizione, ora di una sua salvezza.
Egli porta alla più alta vibrazione ogni sentimento, ogni pensiero buono o cattivo, triste o lieto ma
lo fa in modo più astratto che concreto. Nulla in lui esiste realmente. Ne consegue che l’esteta, teso
alla ricerca del piacere della bellezza, è infelice votato alla disperazione, malattia mortale; spesso
vive una vita anarchica e disordinata. Votato al piacere, trova il dolore; mirando all’immediato si
perde nel susseguirsi delle proprie sensazioni.
Ma il piacere si logora e sbiadisce nel momento stesso in cui viene portato all’esasperazione. Così
la noia opprime l’esteta; anche Baudelaire afferma che la sua vita oscilla tra ennui e ideal.
Ricercando l’attimo che fugge e delude l’attesa, l’esteta vive spesso nel passato, coltivandone il
ricordo. La memoria è per lui tristezza e malinconia poiché il passato non è suscettibile di
ripetizioni.

Benedetto Croce considera l’arte attività rappresentativa attraverso la quale l’intuizione si trasforma
in espressione. Non vi è intuizione artistica senza espressione, che è poi adeguata al contenuto.
L’arte è, pertanto, intuizione-espressione libera da ogni cura di verità o moralità. Essa è lirica,
soggettiva, fantastica rappresentazione del sentimento.
Il filosofo prende nettamente posizione contro i sensualisti che considerano l’arte strumento di
piacere, di chiassoso gioco futuristico e di raffinatezze decadentistiche, contro gli istrioni del
sublime che vogliono comunicare attraverso di essa le loro meditazione sull’uomo e sul mondo,
contro i sentimentalisti che la usano come scopo della loro passionalità .
Egli sostiene la convinzione del Baumgarten per il quale la poesia è una oratio sensitiva perfecta;
questa sorta di perfezione è la bellezza.

Rari i poeti, coloro che accolgono la poesia in modo degno:
“Quella fusione di dolore e di gioia, di tumulto e serenità, quella gioia che è venata di dolore, quella
serenità che sa di essere stata tumulto e di contenere in sé il tumulto dell’anima, richiede un
raccoglimento e un’elevazione interiore, un’interiore purificazione che in molti accade debolmente
e fugacemente e solo nei non molti si spiega libera a e intera e si converte in atteggiamento e
capacità spirituale.
Chi entra nella sfera estetica (diceva il Baumgarten ai suoi allievi) deve avere gran cuore. E certo,
come ben vide Federico Schiller, l’elevazione estetica si congiunge intimamente all’elevazione
morale e trapassa in essa” (da L’aesthetica del Baumgarten).

Fonte di letteratura usata per questo testo

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