mercoledì 18 marzo 2009

EPICURO "LA LIBERTÀ DALLE PASSIONI"


A CURA DI D. PICCHIOTTI
La scuola epicurea e la nozione stessa di "epicureo" hanno attraversato, come abbiamo visto, un arco temporale davvero ampio. Quando usiamo l'aggettivo "stoico", invece, ci riferiamo a una corrispondenza più diretta con la Stoà vera e propria. Si parla ad esempio di "impassibilità stoica"; in Orazio leggiamo queste parole: "Se anche la Terra, l'intero universo crollasse, impavidum ferient ruinae, le rovine seppellirebbero un impavido". Questa è la virtù stoica dell'impassibilità rispetto a tutte le passioni, e in particolare a tutte le paure, ed è anche il significato popolare che si attribuisce alla parola "stoico",… che non ha conosciuto la deformazione che ha invece interessato il concetto di "epicureo" in epoca moderna. Sarebbe opportuno riflettere sul motivo per cui questo atteggiamento stoico si sia conservato tale nelle diverse costellazioni culturali. Perciò, come è bene ricordare, nel caso della Stoà parliamo di una prima, antica Stoà (Zenone, Crisippo e altri),… di una Stoà media (Panezio e Posidonio), e… infine anche di una CiceroneStoà romana, che poi è entrata nella coscienza popolare con Cicerone e, soprattutto, con Seneca. Chi conosce i quadri famosi, nei quali insigni pittori hanno descritto la morte di Seneca, ha ben presente la forte esemplarità che gli stoici ponevano nel loro modo di atteggiarsi. Seneca, un ministro di primo piano, se così si può dire, nell'epoca imperiale di Nerone, cadde in disgrazia e fu infine condannato a darsi la morte. In circostanze del genere, alle persone benemerite veniva offerta la possibilità di sottrarsi all'esecuzione pubblica, suicidandosi. Però, le cose sono ancora… più complesse, nel caso della Stoà, perché entra in gioco anche la consapevolezza della libertà umana. C'è un'unica forma di suicidio… che, possiamo immaginare, consenta all'uomo la libertà di pentirsi: chi magari… si spara, o si getta sotto un treno in corsa, si lancia dalla finestra di un palazzo, può agire anche per mancanza di libertà, per paura del futuro, in preda a uno stato d'animo. Invece chi si taglia le vene dei polsi… e lentamente… lentamente si dissangua, in qualunque istante può dire: "Basta, voglio continuare a vivere!". Questo tipo di suicidio, assieme alla morte per inedia (la rinuncia al cibo, la volontaria morte per fame), erano dunque le classiche forme di suicidio del mondo stoico,… poiché conservavano la libertà fino all'ultimo momento. Persino nell'immagine popolare dello stoicismo è presente l'idea che per esso la libertà consista in tali forme di autocontrollo. Ciò che sta in noi - "tò ef'emîn" - questa è la parola d'ordine della tarda Stoà!

venerdì 13 marzo 2009

IL GIOCO COME CRESCITA CREATIVA

A CURA DI D. PICCHIOTTI
Giocare vuol dire fare
È questo il senso dell’operazione culturale che sta alla base dell’interven- to. Infatti, si dà spazio all’espressione dei propri vissuti nell’ambito di una situazione giocosa. Giocare per crescere facendo, in un susseguirsi di luoghi e di tempi propri dell’azione creativa. Dove poter esprimere il pro- prio universo senza tralasciare la relazione con l’altro da sé che stimola l’azione stessa. È nel gioco che si consente alla creatività di manifestarsi, nel modo libero di rapportarsi col proprio mondo interiore. Il tempo della realizzazione del gioco lo qualifica nell’agire, promuo- vendo cambiamento non solo in un luogo ben definito quale quello men- tale, ma anche nella fisicità propria del corpo. Infatti, qui si evidenzia come le reazioni corporee sono convogliate nella realizzazione del processo creativo messo in atto. Cosicché l’azione del giocare promuove lo sviluppo psicofisico, con la modificazione di quegli atteggiamenti posturali che caratterizzano la persona, condizio- nandone le relazioni con l’altro. Un buon atteggiamento posturale, che consente il pieno svolgimento delle attività della persona, in un ambito in cui si dà modo di esprimere il piacere del fare, è alla base per un corretto sviluppo dell’autostima.
Ed è questo lo scopo principale che ci prefiggiamo,in quanto si rileva la difficoltà di avere un buon rapporto con se stessi, derivante da una scarsa fiducia nelle proprie capacità. La magia dell’incontro
Il carattere precario, altresì, della realtà del gioco, nel suo divenire, consen- te la condizione per sentire “magico”, il modo di vivere il fenomeno che si realizza nella propria espressione. Espressione che si concretizza comuni- cando in relazioni sane, dove l’Io e il Tu rappresentano i cardini di un rap-
porto: dove il Tu si rende disponibile senza prevaricare, dando la possibi- lità d’interazione e di promozione d’idee nuove che modificano il fare. pensiero pag 001-059 16-06-2006 16:02 Pagina 25
Avere uno spazio e un tempo definiti permette di vivere, tramite una condizione di rilassamento che facilita la fiducia, la possibilità di svilup- pare l’esperienza del giocare. Sviluppando le capacità creative, fisiche e mentali proprie del gioco, si sviluppa il senso del sé. Si dà la possibilità di agire come unità che espri-
me l’Io sono, Io sono vivo, Io sono me stesso, costruendo le peculiarità
dell’essere creativi. (Winnicott, 1962) Facilita l’impressione che la vita valga la pena di essere vissuta, non
subita in un aspecifico adattamento alla realtà. Questo modo di vivere il proprio sentimento vitale, acquista maggio- re significato quando interessa persone che di solito non hanno stima di
sé, vivendo la propria disabilità come condizione negativa. Dare la possibilità di sviluppare il senso del sé, sottolineando e inca- nalando produttivamente la parte sana della persona, consente di avere
maggiori chance nel creare prodotti della mente. Crescita emotiva e gioco L’espressione, emotiva nel gioco è importante nella sua simultaneità con la crescita creativa che è messa in atto nell’esperienza. Non valutati per il loro senso estetico, ma importanti e, quindi, estetici perché rappresenta- no il meglio dell’azione creativa del gioco.Si dà valore estetico al gioco, in quanto manifestazione dell’espressione intima del vivere. La condizione ottimale è la libertà d’espressione che fa sì che ci si concentri sui mezzi per raggiungere il risultato, che non rappresenta il fine del gioco, ma n’è solo la conclusione del loro divenire. È preso in esame soprattutto nel suo carattere simbolico, nella capacità d’astrazione che permette il superamento della realtà contingente, quindi condizionante la concezione dell’essere presenti nella realtà personale.Il suo carattere imitativo della realtà, fa sì che permetta la costruzione del pen-
siero autonomo,staccandosi dalla semplice imitazione e dalla semplice ese- cuzione di un compito prestabilito,come di solito avviene. Infatti, si tende alla costruzione di situazioni che permettono la crescita di un’elaborazione di contenuto rispetto la formulazione delle consegne, per consentire la
capacità di lettura della realtà di ognuno, rispettando il “magico” del gioco. Esprimendo il proprio mondo, infatti, si fa dell’esperienza un’occasio- ne irrepetibile della fisicità del reale da condividere con l’altro in una rela- zione sentita in prima persona. Si sviluppano le capacità narrative, dando un senso di temporalità e spa- zialità all’immaginazione , concretizzandola in azioni ben definite e defini- bili nel gioco, consentendo, così, di prendere in esame l’aspetto cognitivo. Creatività e intelligenza emotiva
È di recente la concezione dell’universalità della creatività, non più appannaggio di pochi eletti che qualificano il tempo culturale, ma capa- cità insita in ognuno che va sviluppata; è da quest’assunto che si dà la possibilità di crescita a dei soggetti con ritardo mentale, che altrimenti non avrebbero modo di manifestare il proprio mondo. Consentire, con il gioco, all’intelligenza emotiva d’avere campo libero
nel manifestare tutte le proprie capacità, permette, altresì, lo sviluppo cognitivo altrimenti sacrificato in un ambito non reale per tali soggetti. A tale riguardo, si fa riferimento al modo di mettere in relazione la
capacità di vivere le proprie emozioni liberamente con la possibilità di svi- luppare i processi cognitivi che danno opportunità di leggere il presente. Infatti, tali prerogative, altrimenti inusate, sono attivate tramite il gio- co e il suo libero manifestarsi, dove le emozioni hanno una loro impor- tanza, per un migliore adattamento al reale. Quest’adattamento dà possibilità di presa di coscienza d’abilità diver- se per ognuno, che sono evidenziate, nella loro specificità nei vari labora- tori, e sono così sviluppate per dare continuità comportamentale in ambi- ti diversi dalla situazione privilegiata messa in atto. Scopo, non ultimo, è promuovere una vita relazionale scevra da con- dizionamenti sulla diversità, in quanto condizione d’inferiorità che non consente lo sviluppo armonioso della persona. Creatività e collaborazione La realizzazione della condizione del gioco permette, altresì, di sviluppa- re rapporti collaborativi non competitivi, se non nel reciproco piacere di fare e di far conoscere all’altro il proprio mondo. Diventa, così, importante il carattere sociale del gioco, in quanto occa- sione di scambio d’esperienze e occasione di crescita collettiva del grup- po d’appartenenza. Il riconoscersi, costituisce uno dei punti di forza nella ragione dell’intervento, in quanto l’accettazione della diversità, come
valore da portare nelle relazioni con gli altri, diventa motivo di rivalsa delle abilità che caratterizzano la persona. Non è un caso, che perciò, si prende in esame la creatività, come ele- mento e condizione imprescindibile di cambiamento culturale, per un’ef- fettiva presa in carico della problematica della diversità. Si considerano, altresì, le capacità trasformative del gioco che con l’im- maginario costruiscono realtà diverse per ognuno. L’identificazione in altro da sé, permette la considerazione che la persona può superare la condizione usuale in un’altra idealizzata. E, in quest’altra collocare la possibilità di crescita interiore, che è facilitata e promossa per diventare effettivo cambiamento. L’immaginazione Il ruolo dell’immaginazione è fondamentale nel senso che consente la visione di un’alternativa possibile del reale e quindi l’aspirazione e la sco- perta di capacità altrimenti non sviluppate. Le capacità prese in esame coinvolgono la persona nell’insieme della corporeità e del mentale, essendo non disgiunti, ma l’uno conseguente l’altro, determinando aggiustamenti e miglioramenti nella percezione, fruizione ed elaborazione dei vissuti. Fare dell’arte il processo entro il quale collocare l’azione educativa, dà al gioco la dimensione culturale di promozione di un atteggiamento attento all’istanze dell’utenza, in quanto non si produce gioco fine a se stesso (anche così si ottempera ad un ruolo educativo avulso da intellet-
tualismi). Il mondo immaginario sviluppato è il contesto entro il quale la perso- na può esprimere liberamente i propri sogni, in una teoria d’aspettative che costituiscono la base per aspirazioni da realizzare o da esorcizzare. Il gioco terapeutico Infatti, si dà modo di giocare su problematiche altrimenti spie d’angosce personali, che in questa maniera sono affrontate in modo che siano tra-
sformate in esperienze positive. Il carattere giocoso dell’esperienza permette, quindi, di prendere in
considerazione quegli aspetti dolorosi che opprimono l’immaginario in quei soggetti che presentano tali ossessioni. Questa modalità è stata messa in evidenza nella realizzazione di sto- rie che rispecchiavano tematiche proprie dei soggetti, come ad esempio nella “...e la sposa scappò”, dove il tema del matrimonio come aspira- zione a relazioni significative con l’altro sesso, era esorcizzata dal carat tere giocoso dello sberleffo e dell’elemento sporco per superare la pau- ra di tale contatto. Il giocare con i propri vissuti ha permesso di sviluppare in un ambien- te sereno le problematiche che di volta in volta erano affrontate. Così si dava spazio e senso al raccontare storie “strampalate”, riuscendo a svi- luppare legami profondi tra i partecipanti. L’aspetto relazionale, messo in evidenza, scaturisce dal bisogno di rac-
contare e di ascoltare l’altro per creare rapporti non vincolati dall’appar- tenenza ad un’istituzione. Infatti, la libera espressione sviluppa l’ascolto e, quindi la nascita di rapporti significativi all’interno di un gruppo che assolve la funzione di contenitore protetto. Le storie inventate acquistano significato per una cultura collettiva, divenendone la caratteristica e il collante. In tale ambito, acquista signifi- cato l’individualità, in quanto si sottolinea con l’appartenenza, il ruolo differenziato nel gruppo.
Ognuno ha la sua storia da raccontare e tutti sono partecipi del cam- biamento che è attuato. Imparare ad ascoltare dà significato al racconto e, chi racconta è apprezzato acquistando importanza. Nel duplice ruolo di narratore e d’ascoltatore, è fissata l’importanza di ognuno, dando risalto al gioco messo in atto.

mercoledì 4 marzo 2009

PICASSO " FAUNI E I MINOTAUR"I

A CURA DI D. PICCHIOTTI


Françoise Gilot racconta di quando Picasso le mostrò alcune incisioni: "Erano popolate di minotauri, centauri, fauni, uomini barbuti o rasati, di ogni sorta di donne. Tutti erano nudi o quasi, e sembravano gli interpreti di un dramma della mitologia greca" . È Picasso stesso a spiegare il Minotauro, figura gaudente e tragica, che "mantiene le sue donne nel lusso, ma regna col terrore, ed esse sono felici di vederlo morire". È sempre il Mediterraneo del mito, trasformato in Montparnasse, all'origine delle incisioni in cui piccole Marie-Thérèse bambine conducono minotauri ciechi e illuminano le lotte del mostro: "L'ambiente è un'isola rocciosa del Mediterraneo. Creta, per esempio. Là, lungo la costa, vivono i minotauri. Sono ricchi signori dell'isola. Sanno di essere dei mostri e vivono, come i dandies e i dilettanti di ogni luogo, una esistenza che sa di decadenza, in case piene di opere d'arte dei pittori e scultori più alla moda. Adorano essere circondati di belle donne, che i pescatori del luogo vanno a cercare nelle isole vicine. Quando il calore del giorno ha ceduto, invitano gli scultori e le loro modelle a delle feste, dove, fra musiche e danze, ognuno si sazia di ostriche e di champagne, fino a quando la gioia succede alla malinconia. Allora nasce l'orgia. [...] Un minotauro non può essere amato per se stesso. O almeno non pensa di esserlo. Non gli sembra logico, ecco. Forse per questo si abbandona alle orge". A volte, i suoi fauni e i suoi minotauri si abbandonano a gesti di apparente tenerezza e sembrano vegliare placide donne addormentate, come Picasso amava ritrarle: "Passò a un'altra incisione, un Minotauro in atto di sorvegliare una donna dormiente. "Sta studiandola, cercando di leggere i suoi pensieri, per scoprire se lei lo ama perché è un mostro. [...] Le donne sono abbastanza bizzarre per farlo". Guardò di nuovo l'incisione: "Difficile dire se intenda svegliarla o ucciderla"".
I fauni e i minotauri degli anni Trenta, impegnati a svelare donne addormentate, diventeranno in vecchiaia innocui suonatori di flauti (come in una tela del 1971) e voyeur che disegnano in bordelli d'altri tempi. È alla fine della sua vita che Picasso elabora un singolare omaggio a Degas: non all'artista che con la sua Ballerina di quattordici anni vestita di tulle e dai capelli di crine anticipava l'uso di materiali quotidiani nell'opera d'arte, ma quello più nascosto e segreto, l'autore dei monotipi che ritrae la vita delle case chiuse. Richardson racconta come, vedendo il monotipo di Degas Sul letto, Picasso rimanesse sedotto dal lavoro, ritrovandovi l'immediatezza di una foto in bianco e nero e la forza, l'impatto di un disegno di Rembrandt. Era il 1958, quando Picasso riuscì ad acquistare quei monotipi che Vollard si era sempre rifiutato di cedergli, usati dal mercante come illustrazioni per le edizioni di lusso de La Maison Tellier di Maupassant (1934) e Mimes des courtisanes de Lucine di Pierre Louÿs (1935). Passò quasi un ventennio, prima che da queste opere nascessero le incisioni che vedono Degas come protagonista, non variazioni sul tema come quelle elaborate su opere di Delacroix o Manet, Le Nain, Velázquez o El Greco, piuttosto una piccola ossessione come quella che gli aveva ispirato Rembrandt che ritrae Saskia e decine di dipinti con pittori e modelle. Nel caso di Degas, che compare per la prima volta in un'incisione datata 16 marzo 1971, l'artista diventa il voyeur in giacca e cravatta che prende appunti sulla nudità senza inibizioni delle prostitute, compare in un quadro che adorna la stanza delle donne, appare armato di sguardi che emanano raggi indirizzati verso le oscene contorsioni delle modelle, indiscreto spettatore spesso relegato al margine del foglio. Secondo Brassaï, Picasso in quell'uomo con barba rappresentava il padre. Anche lui pittore, noto frequentatore dei postriboli di Malaga, che però dipingeva colombe.
Storie di uomini che guardano, di uomini che si trasformano in fauni e minotauri. Fantasmi della malinconia che con l'orgia diventa gioia, della solitudine che potrebbe portare alla santità. Perché, raccontava Picasso, "nulla può essere fatto senza la solitudine. Mi sono creato una solitudine che nessuno sospetta. È molto difficile oggi essere solo, perché abbiamo gli orologi. Avete mai visto un santo con l'orologio? Ho cercato dappertutto per trovarne uno, perfino tra i santi che sono considerati i protettori degli orologiai" .