lunedì 8 ottobre 2007

Freeman W., “Come pensa il cervello “


Martin Heidegger, studente di Husserl, si allontanò dalla posizione di Kant avanzando la proposta che le idee umane provengono dalle azioni e dagli interessi quotidiani che costituiscono l’esistenza umana nel tempo. Heidegger individuò la base dell’intelligenza umana nell’ambito delle strutture ordinate della società in cui si ritrovano le persone quando emergono alla coscienza. Chiamò «essere gettati nel mondo» [Geworfenheit] la condizione di un individuo in queste strutture. Queste non sono le forme mentali indipendenti proposte da Platone, Descartes e Kant e neanche rappresentazioni, ma nascono attraverso le azioni che le persone compiono per far fronte all’ambiente. In altre parole, l’intenzionalità precede la coscienza, e la dicotomia tra soggetto e oggetto svanisce. L’azione precede la percezione. Come osservò Napoleone, quando gli domandarono quale fosse il segreto del suo successo in battaglia: «On s’engage, y puis on vois» (Ci si butta e poi si vede).
Freeman W., “Come pensa il cervello”,

La nostra percezione di un oggetto è già stata concepita prima del segnale d’ingresso sensoriale, da parte dell’azione intrapresa per ottenere l’ingresso. La strutturazione si realizza grazie a cicli ripetuti di azione e percezione che Merleau-Ponty chiama «arco intenzionale», che costituisce lo sforzo di raggiungere la massima presa. Le parole «porre ogni dettaglio» nell’orizzonte percettivo significano sostanzialmente mettere in posizione i recettori sensitivi mediante efferenza e mettere a fuoco le cortecce sensitive mediante preafferenza, vale a dire prestare attenzione allo scopo di realizzare l’assimilazione ottimale del sé a un oggetto. Il sé si adatta a quell’oggetto e ne acquisisce conoscenza modellando il corpo e anche rimodellando o mettendo in una nuova posizione l’oggetto. Come esempio familiare, si può pensare a quando si tiene fra le dita un utensile sconosciuto, lo si stringe, se ne esaminano gli aspetti con gli occhi, si sente che suono produce a batterlo leggermente e poi lo si applica ad altri oggetti, nei modi che si riescono a concepire.
Freeman W., “Come pensa il cervello”,

La musica ha un ruolo particolarmente importante, poiché la forte sensazione di sapere quando arriva la battuta successiva, e di chiusura imminente nella risoluzione di una settima diminuita, ci afferra e ci tiene fermi come nessun altro linguaggio sa fare. Agire insieme è la base per avere fiducia reciproca ed esistono poche forme di azione congiunta più forti e più intime della danza collettiva a uno stesso ritmo. La varietà e l’ubiquità dei neuromodulatori suggerisce che il disapprendimento, che è un preludio all’apprendimento di nuovi significati assimilati mediante azione cooperativa, èdeterminato dalla liberazione di uno o più neuromodulatori nel cervello. Mi pare che l’azione di tali sostanze chimiche possa allentare la trama sinaptica del neuropilo e aprire la strada al cambiamento globale. Un esempio è dato dal ricordo della musica che stavamo ascoltando quando ci siamo innamorati.

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