ALBERTO BURRI
La concezione panteistica della materia, vista nell'evolversi del suo vissuto sofferto e doloroso, metafora della precarietà della vita umana
Leopere di Alberto Burri sono astratte, informali, materiche, ma nonostante la relativa ricchezza di aggettivi loro attribuibili, le opere di Burri appaioni troppo limitate da queste definizioni: meglio è dire semplicemente che questo artista pone tra le sue priorità la materia, che elabora con una sensibilità fisica ed un amore sensuale e sofferto che trovano parallelo forse solo in Antoni Tàpies e nelle sue "tracce" materiche, eredità e testimonianza della vita degli uomini.
Burri, che compie le sue sperimentazioni fondamentali tra gli anni '50 e '60, in realtà non si preoccupa di tramandare, usa materiali consunti, stracci, lamiere, legni combusti, sacchi, materiali volgari, già vecchi, che danno da subito la sensazione di una durata limitata nel tempo, destinati a mutare, degradare, morire, in una chiara metafora di quello che è il destino dell'uomo: e quando invece utilizza materiali nuovi, li trasforma, li brucia, li tormenta, li straccia, caricandoli, attraverso la sua azione, di un significato inusuale ed intenso, sollecitandoci ad interrogarci sul loro stato, su quello che erano prima dell'intevento dell'artista, su quello che è accaduto perchè si siano trasformati nell'immobile fissità di un'opera d'arte.
Ancora una volta, l'artista sublima i relitti, la materia di scarto e di recupero, secondo il vecchio concetto dadaista dell'objet trouvé, del ready-made di Duchamp, dei dipinti polimaterici di certi futuristi, dei Merzbilder di Schwitters, ma in Burri l'azione creativa coesiste con l'intenzione distruttiva di accelerare con un intervento diretto il processo di consunzione e di logoramento dei residui materici per inglobarvi il concetto del tempo, che inesorabile trascorre e corrode: il fuoco, l'essicazione (si veda la serie dei "Cretti" degli anni '70) sono mezzi per attuare una forma di purificazione che, devitalizzando l'oggetto, ne amplia il significato simbolico, le "combustioni" sono materia danneggiata che perde la sua integrità fisica per acquistare un significato meta-fisico, perchè solo così può raccontare la mutevolezza e la caducità della vita.
Come ogni essere umano, l'inerte materia ha un suo vissuto, secondo una percezione quasi animistica e panteistica della realtà fisica, partecipe delle vicende umane e come l'uomo capace di sofferenze, di cambiamenti, di decadimento e di morte: il concetto di un'arte costruita dall'uomo, destinata ai posteri, a valenza universale, consegnata all'eternità, viene così definitivamente superato in una visione in cui "Non è l’arte che rappresenta la realtà: è la realtà che si presenta da sé facendosi arte" (Francesco Morante), conservando tutte le sue limitazioni ed imperfezioni.
Al di là dell'eterogeneità dei materiali e dell'apparente casualità degli accostamenti, le opere di Burri sono sempre saldamente intelaiate in uno schema strutturale fermo ed equilibrato, secondo una rigorosa legge compositiva che regola rapporti di spazi, dimensioni e relazioni tra le masse cromatiche, e, seppure in modo inusuale, determina timbri ed accenti con gusto quasi classico, sfruttando le diversità dei materiali eterocliti e le loro caratteristiche superficiali e volumetriche.
Sono tutti elementi facilmente leggibili nell'opera presentata, una composizione di sacchi su fondo rosso, una delle molte versioni realizzate, posizionata trasversalmente al centro del supporto, secondo una sostanziale simmetria, dove gli effetti pittorici e plastici sono affidati alle diverse tonalità delle tele, mosse in diversi spessori e sovrapposizioni, sfilacciate e strappate, percorse da una "sofferenza" tutta umana che le ha, nel tempo, sdrucite e consunte fino a farne umili testimonianze di una "vita" passata con la stessa fatica e lo stesso dolore che percorre la vita di tutti noi, poveri uomini su questa terra.
Lo stesso Burri dice :"Nel sacco trovo quella perfetta aderenza tra tono, materia e idea che nel colore sarebbe impossibile."
E' un sentire laico, mistico e romantico, di contenuta empatia, la visione di un mondo precario e destinato alla fine, nella poetica di un artista di grande spessore umano e morale, che ha contribuito in maniera determinante a ridefinire quel mutato rapporto tra arte e vita che è alla base di tutta la cultura moderna nel mondo occidentale.
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