mercoledì 13 giugno 2007

Action Painting
& altri stili pittorici
alcuni brani sono tratti da Wikipedia, l'enciclopedia libera


L'Action Painting (letteralmente "Pittura d'Azione" - a volte chiamata astrazione gestuale oppure espressionismo astratto) è uno stile di pittura che si realizza mediante lo spontaneo sgocciolamento del colore, lanciato o macchiato sulle tele, piuttosto che applicato con attenzione. Il risultato è un'opera che enfatizza l'atto fisico della pittura stessa.
Lo stile si diffuse inizialmente negli anni '40 e fino agli anni '60, ed è strettamente associato con l'espressionismo astratto (alcuni critici hanno usato i termini action painting e espressionismo astratto in modo intercambiabile). Una minima comparazione è spesso tracciata tra l'action painting americana e il tachisme francese.
Il termine venne coniato dal critico americano Harold Rosenberg nel 1952, e segnalava un maggior cambiamento nella prospettiva estetica dei pittori e dei critici della Scuola di New York. Mentre espressionisti astratti come Jackson Pollock e Willem de Kooning sono stati a lungo schietti nella loro visione di una pittura come un'arena all'interno della quale venire a patti con l'atto della creazione, i primi critici favorevoli alla loro causa come Clement Greenberg, si focalizzarono sull'oggettività delle loro opere. Per Greenberg, era la fisicità delle superfici coagulate e incrostate d'olio dei dipinti la chiave per comprenderli come documenti della lotta esistenziale degli artisti.
La critica di Rosenberg cambiò l'enfasi dall'oggetto alla lotta stessa, essendo il dipinto finito solo la manifestazione fisica, una specie di residuo, del lavoro effettivo dell'arte, che era nell'atto del processo della creazione del dipinto.
Nelle due successive decadi, la ridefinizione di Rosenberg dell'arte come un atto piuttosto che come un oggetto, come un processo piuttosto che un prodotto, si rivelò influente, e condusse alla formazione di numerosi movimenti artistici maggiori dagli Happening e Fluxus alla Conceptual e Earth Art.
Gli esponenti di spicco
Il pittore Jackson Pollock dipingeva facendo colare dall'alto vernici e colori su supporti di grandi dimensioni, creando texture di colori diversi. 
Altri pittori americani preferirono chiamare la loro arte Abstract Expressionism (espressionismo astratto). Tra questi artisti vanno annoverati Willem de Kooning e Mark Rothko.
Il contesto storico
È essenziale per capire questo movimento, comprendere anche in che contesto storico si fosse realizzato. Un prodotto dell'insorgenza artistica post-bellica, si sviluppò in un'era dove la Meccanica Quantistica e la Psicanalisi stavano cominciando a fiorire e cambiare l'intera comprensione del mondo e la coscienza di sé della civiltà occidentale.
La precedente arte di Kandinsky e Mondrian aveva cercato di distogliersi dal ritrarre oggetti e invece cercò di pizzicare e stuzzicare le emozioni dello spettatore. L'Action Art si appropriò di questo tentativo e lo sviluppò, usando le idee di Freud sul subconscio come fondamento principale. I dipinti degli Action Artists non volevano ritrarre nessun oggetto qualunque e allo stesso modo non venivano creati per stimolare l'emozione. Al contrario venivano creati per toccare gli osservatori nel profondo del loro subconscio. Questo venne realizzato dall'Artist dipingendo “inconsciamente”.
L'atto inconscio
Questa attività spontanea era l'azione del pittore. Il pittore avrebbe lasciato sgocciolare il coloro sulle tele, spesso semplicemente danzandoci intorno, o anche stare in piedi sulle tele, e lasciando semplicemente cadere il coloro dove il subconscio mentale vuole, quindi
L'arte informale


L'arte informale
L'arte informale è, più o meno consapevolmente, la risposta artistica che l'Europa dà alla profonda crisi morale, politica e ideologica conseguente agli orrori messi in luce dalla seconda guerra mondiale. Per sua stessa natura non è un movimento artistico omogeneo e in esso, pertanto, si raccolgono tendenze tra le più svariate e, a volte, anche contrapposte. Sviluppatosi nel decennio tra gli anni Cinquanta e Sessanta, l'Informale si pone in forte polemica con tutto ciò che, in qualche modo, può essere riconducibile ad una forma, sia essa figurativa o anche puramente astratta. L'Informale, dunque, nega in modo esplicito ogni forma e con essa la conoscenza razionale che ne deriva.
All'interno del movimento possono individuarsi varie matrici, che traggono soprattutto origine dal movimento Dada, dall'Espressionismo e dal Surrealismo. Da questo esplosivo miscuglio delle principali tematiche delle avanguardie storiche scaturisce una concezione dell'arte ironica e provocatoria, costantemente tesa a negare qualsiasi valore ad ogni attività che presupponga il filtro della ragione. Passioni, tensioni e disagi devono pertanto essere espressi nel modo più libero, spontaneo e violento possibile, al di fuori di qualsiasi schema precostituito e contro ogni regola normalmente accettata.
L'evento artistico, svuotato da qualsiasi residuo valore formale, si esaurisce pertanto con l'atto stesso della creazione. In questo nuovo contesto assumono fondamentale importanza i materiali impiegati. Essi non sono più un semplice mezzo del quale l'artista fa uso al fine di esprimere le proprie idee ma, al contrario, diventano i veri protagonisti dell'opera d'arte. Superfici rugose e butterate, ad esempio, richiameranno alla mente sensazioni di spiacevolezza o di conflitto, mentre superfici morbide e levigate indurranno più facilmente alla dolcezza e alla serenità.
Nell'uno e nell'altro caso le due componenti fondamentali dell'informale si precisano nel gesto e nella materia. Il primo viene fortemente enfatizzato, come già aveva fatto il Dada, in quanto lo si ritiene unico momento veramente creativo. Arte non è dunque la pittura eseguita ma l'atto di eseguirla. E se arte è eseguire un gesto, il valore artistico sta nel gesto stesso, non più nel prodotto di quel gesto. Ecco allora che il gesto può essere un gesto qualsiasi, non necessariamente un gesto pittorico. Può essere un gesto simbolico, ad esempio, come quello di tagliare una tela, o un gesto di provocazione, come quello di apporre la propria firma (una firma d'artista!) sul corpo nudo di una modella o, ancora, un gesto di protesta, come quello di realizzare macchie più o meno informi.
La materia, infine, si trova improvvisamente in primo piano. È nella sua scelta e in quella di tutti i possibili accostamenti tra materie diverse che l'artista manifesta la propria energia creativa. Un ruvido sacco, un lucido rottame d'acciaio, un morbido pezzo di gomma, una fredda luce al neon, una tagliente scheggia di vetro, altro non sono che altrettanti atti artistici. In questo senso l'arte diventa soprattutto scelta e questa nuova visione ne allarga il campo praticamente all'infinito. Tutto, allora, può diventare arte, così come è possibile che nulla effettivamente lo sia.
L'artista informale, dunque, non è più colui che crea nuovi eventi, ma colui che sa lasciarli accadere, limitandosi magari a favorirne l'attuazione con la spontaneità del caso o la fantasia del sogno. Emblematica in questo senso è la produzione del tedesco Wols, che si avvicina alle tematiche informali fin dagli ultimissimi anni della guerra. Nella tela dal titolo significativo di "Pittura", realizzata nel 1945-1946, troviamo già espresse tutte le principali tematiche dell'Informale. I vortici e le macchie di colore fanno evidente riferimento ad un'impostazione di tipo surrealista. Le esperienze più profonde della psiche emergono con spontanea casualità. La trascrizione delle sensazioni avviene con un automatismo slegato da qualsiasi intento descrittivo. Il disagio esistenziale dell'artista si fa direttamente materia, impastandosi con colori misti a sabbia, e saltando del tutto ogni passaggio di tipo figurativo. L'Informale, comunque, non è un fenomeno circoscritto alla sola Europa. Non solo l'Europa, infatti, era stata coinvolta dalla guerra, e la generazione dei sopravvissuti nutriva, a livello mondiale, lo stesso disagio profondo e la stessa incapacità di comunicare. L'Informale è proprio l'arte dell'incomunicabilità o, se vista da una prospettiva meno pessimista, l'arte del tentativo di comunicare di nuovo.
Molti e interessanti sono dunque i risvolti informali che maturano sia in Giappone, che l'alleanza alla Germania nazista aveva coinvolto in una terribile crisi di valori e d'identità, in modo particolare dopo il bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki, sia, soprattutto, negli Stati Uniti. Questi ultimi uscivano vittoriosi dalla guerra, ma con la consapevolezza che era necessario ricostruire al più presto un fruttuoso rapporto di dialogo politico, economico e culturale con il Vecchio Continente.



L'Action Painting e Pollock
L'arte informale americana, legata alle diverse e più pragmatiche tradizioni di quel popolo, si identifica con la cosiddetta Action Painting, che potremmo forse tradurre come "pittura d'azione". Precoce anticipatrice di alcune tematiche europee, essa si sviluppa nel primo decennio del dopoguerra e per le caratteristiche che assume viene anche definita Espressionismo astratto, in quanto in essa si coniugano la virulenza espressiva e l'assenza di forme immediatamente riconoscibili. Il maggior esponente dell'Action Painting è senza dubbio lo statunitense Jackson Pollock (1912-1956), la cui vita sregolata, stroncata da un incidente d'auto, si riallaccia a quella degli artisti bohémien della bélle epoque o dei primi anni del Novecento.
Pollock, uno dei pochi artisti-mito dell'ultimo dopoguerra, ha una formazione abbastanza irregolare, trascinata di malavoglia tra varie accademie e scuole d'arti applicate americane. Fin dall'inizio risente molto del fascino della pittura popolare messicana e di quella che gli indiani d'America praticavano secondo riti antichissimi a scopo magico-propiziatorio. Nel 1937, neanche trentenne, Pollock è già gravemente affetto dall'alcolismo e deve sottoporsi a varie terapie psicoanalitiche. Proprio nell'ambiente medico e culturale il giovane artista ha modo di conoscere le ultime avanguardie europee, dalle quali rimane immediatamente affascinato. Nel 1947, infine, Pollock mette a punto la tecnica del dripping, consistente nel sopprimere il pennello e sostituirlo con sgocciolature più o meno regolari di colori sintetici puri su tele o cartoni distesi al suolo. In questo modo si ottengono risultati quasi assolutamente casuali, generando grovigli filamentosi di colore che si sovrappongono gli uni agli altri in un caotico intreccio di schizzi, gocce e colature, come ben si vede in "Foresta Incantata", dove tecnica e soggetto si amalgamano in un'unica ragnatela di segni. Scrive Pollock: "Io dipingo per terra ma non è una cosa anomala. Gli orientali lo facevano. Il colore che uso quasi sempre è liquido e molto fluido. Utilizzo i pennelli più come bastoni che come veri pennelli. Il pennello non tocca mai la superficie della tela, resta al di sopra".
Nel celebre "Pali Blu", infine, realizzato dall'artista nel 1953, si ha un'idea abbastanza precisa di cosa sia il dripping. Lavorando concitatamente intorno alla tela disposta per terra, Pollock la schizza con batuffoli di cotone, con pennelli da verniciatore e con pezzi di legno; poi vi cola sopra fili sottili di colore che, a seconda del movimento della mano, si distribuiscono o si addensano creando zone di maggiore o minore concentrazione. Quel che ne nasce è un caotico labirinto di segni e colore all'interno del quale è lecito che ciascuno immagini ciò che più desidera o, al contrario, che più teme. I pali blu del titolo corrispondono agli otto segmenti variamente inclinati che percorrono l'intero dipinto. Essi rappresentano gli ultimi elementi geometrici residui, attorno ai quali si addensa il convulso assedio delle sgocciolature variopinte. È il grido disperato della ragione sopraffatta dall'urlo dell'irrazionale. È la testimonianza più tragica dell'intimo tormento di Pollock, l'eterno ribelle che amava ripetere: "ogni buon artista dipinge solo ciò che è". L'artista entra definitivamente nella leggenda nel 1956, quando muore in un incidente stradale.
Acclamato come artista maledetto per eccellenza, come talento giovane, illimitato e autodistruttivo, Pollock può ben collocarsi tra quelle celebrità "ribelli" a lui contemporanee: l'attore James Dean, anch'egli morto vittima di un incidente stradale alla sola età di ventiquattro anni e lo scrittore Jack Kerouac, per il quale il ricorso all'alcool diventa sempre più sistematico fino al 1969 quando un attacco di ernia non curata chiude un'esperienza umana che sembra segnata dal riconoscimento del primo e fondamentale principio del buddhismo: che la vita umana è essenzialmente dolore.


'Espressionismo astratto
L'Espressionismo astratto fu un movimento artistico statunitense successivo alla seconda guerra mondiale. Fu il primo fenomeno artistico tipicamente americano ad influenzare il resto del mondo e contribuì a spostare radicalmente la capitale artistica da Parigi a New York, e più in generale dall'Europa agli Stati Uniti d'America.
Il New Deal americano, che coincise con la diffusione delle dittature europee (il fascismo in Italia, il nazismo in Germania e il franchismo in Spagna), aveva favorito l'immigrazione degli artisti in fuga dall'Europa che portarono negli Stati Uniti cellule di ogni tendenza: Il Cubismo muralista con Léger, il Dadaismo con Duchamp, Mondrian e Hans Hofmann, l'Astrattismo con Albers, il Realismo con Grosz, il Razionalismo architettonico con Mies Van der Rohe e soprattutto il Surrealismo, che viene spesso considerato il più importante predecessore dell'Espressionismo astratto, grazie all'enfasi posta sulla creazione spontanea, automatica o subcosciente. Il dripping (tradotto dall'inglese: sgocciolatura) di Jackson Pollock su una tela di canapa stesa sul pavimento è infatti una tecnica che ha le sue radici proprio nel lavoro di Max Ernst.
Il termine "Espressionismo astratto" si deve ad Alfred H. Barr jr. che lo coniò nel 1929 a commento di un quadro di Vasily Kandinsky. Successivamente fu ripreso per essere applicato all'arte americana degli anni '40 dal critico Robert Coates nel 1946.
Il movimento prende il suo nome dalla combinazione dell'intensità emotiva e autoespressiva degli espressionisti tedeschi con l'estetica anti-figurativa delle scuole di astrazione europee come il Futurismo, il Bauhaus e il Cubismo sintetico. In aggiunta, il movimento possiede un'immagine di ribellione, anarchica, altamente idiosincratica e, secondo il pensiero di alcuni, piuttosto nichilista.
In pratica, il termine viene applicato a tutti quegli artisti operanti a New York nell'immediato dopoguerra con differenti stili, e perfino il cui lavoro non è né particolarmente astratto né espressionista. L'action painting energica di Pollock, è tecnicamente ed esteticamente molto differente dalla violenta e grottesca serie di donne di Willem de Kooning (che non è particolarmente astratta) e dai luccicanti blocchi di colore delle opere di Mark Rothko (che non sembrano particolarmente espressioniste), tuttavia tutti e tre vengono considerati espressionisti astratti.
L’espressionismo astratto ha delle caratteristiche comuni, ad esempio la predilezione per le ampie tele in canapa, l’enfasi per superfici particolarmente piatte, ed un approccio a tutto campo, nel quale ogni area della tela viene curata allo stesso modo (per esempio, al contrario, alcuni stili prediligono concentrare la raffigurazione nell’area centrale rispetto ai bordi).
Come prima originale scuola di pittura in America, l'espressionismo astratto dimostrò la vitalità e la creatività del paese negli anni del dopoguerra, tanto quanto il suo bisogno (o abilità) di sviluppare un senso estetico che non fosse ristretto negli standard europei di bellezza.
Il movimento attrasse l'attenzione, nei primi anni '50, della CIA. Vi videro un mezzo ottimale per la promozione dell’ideale statunitense di libertà di pensiero e di libero mercato, uno strumento perfetto per competere sia con gli stili del socialismo realista prevalente nelle nazioni comuniste, sia con il mercato dell’arte europea, allora dominante. I libri di Frances Stonor Saunders (La Guerra Fredda Culturale - The CIA and the World of Arts and Letters) spiega nel dettaglio come la CIA organizzò e finanziò la promozione degli artisti americani aderenti all’espressionismo astratto, tramite il Congresso per la libertà culturale dal 1950 al 1967.
Gli articoli su due figure portanti delle espressionismo astratto come Jackson Pollock e Philip Guston, scritti dall'artista statunitense Dorothy Koppelman, relazionano la loro arte alla loro vita seguendo un'ottica di Realismo Estetico, che possono essere visti sul sito Terrain Gallery.
L'artista Canadese Jean-Paul Riopelle (1923-2002) aiutò ad introdurre l'impressionismo astratto a Parigi negli anni '50.
Dal 1960, la corrente perse d'impatto e non fu più a lungo tanto influente. Alcuni movimenti, come la pop art e il minimalismo, furono una controrisposta e una ribellione verso quello che l'espressionismo astratto aveva generato. Ad ogni modo, molti pittori, come Fuller Potter, che aveva creato opere espressioniste astratte, continuarono a lavorare su questa linea per molti anni ancora, a volte estendendo ed espandendo le implicazioni estetiche e filosofiche di qusta ricerca artistica.
I più rappresentativi espressionisti astratti furono:
0. Willem de Kooning
0. Helen Frankenthaler
0. Arshile Gorky
0. Adolph Gottlieb
0. Philip Guston
0. Hans Hofmann
0. Franz Kline
0. Lee Krasner
0. Robert Motherwell
0. Barnett Newman
0. Jackson Pollock
0. Fuller Potter
0. Jean-Paul Riopelle
0. Mark Rothko
0. Clyfford Still

1 commento:

Anonimo ha detto...

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