lunedì 18 giugno 2007

Action Painting

«Parlare del mio lavoro come di Action Painting rasenta il fantastico. A prescindere da qualsiasi particolare accezione si voglia conferire alla parola azione, la definizione di pittura d’azione è assolutamente antitetica alla realtà e allo spirito del mio lavoro». Sono le parole che il grande pittore Rothko disse al direttore di Art News nel dicembre del 1957: parole non conosciute, o peggio ignorate, da chi ha collocato l’artista all’interno della mostra modenese sull’Action Painting in corso al Foro Boario. Riferisco questo episodio perché mi dà la possibilità di sfatare la funzione didattica che secondo gli organizzatori avrebbe questa mostra. In realtà l’idea risulta pericolosa, perché al contrario si inculcano concetti discutibili nei visitatori, percorrendo la strada della conoscenza superficiale e cercando di surrogare con la quantità la serietà dell’analisi storica, quindi l’approfondimento del periodo nel quale la vicenda dell’Action si è svolta. E poi, francamente, non si capisce cosa c’entri un calvinista come Mondrian — ovvero l’artista che della purezza delle linee ortogonali aveva fatto la propria religione, aborrendo addirittura la diagonale dalle sue composizioni come qualcosa di impuro ed irrazionale — con l’origine del movimento dell’Action che è per sua stessa vocazione espressione dell’azione meccanica ed emotiva. Paul Klee, inoltre, è un altro illustre ospite... fuori luogo, mentre si parla di collegamenti con il surrealismo europeo e sudamericano, cosa in parte vera. Ma la mostra Action Painting non indaga e approfondito il rapporto, ormai da anni e da più parti riconosciuto, tra i più raffinati artisti di questo movimento pittorico e il periodo finale del gigante dell’impressionismo, ovvero Claude Monet. Sarebbe stata se non altro una prova di coraggio parlarne, alla ricerca di una verità nuova e meno banale. Chi invece ha avuto la voglia e la fortuna di andare in Piemonte a visitare l’esposizione di Kline a Rivoli, ha potuto constatare che le analisi storiche sul movimento dell’Action Painting passano per strade stratificate e diverse: dall’utilizzo di tecniche meccaniche rotatorie alla ricerca di una sorta di «misura visiva» dell’attualità, con le sue gioie e le sue disperazioni. E non manca uno sguardo alle pitture degli indiani nativi, con la loro tecnica di utilizzo delle sabbie colorate e con un evidente recupero della storia e della realtà del paese. Mi sono soffermato su quest’ultimo esempio perché racchiude, forse, il senso dell’intero ragionamento che voglio esprimere. Ovvero, piuttosto che riempire di artisti di secondo piano la mostra modenese, sarebbe stato preferibile approfondire, ad esempio, le tematiche degli «irascibili» e il loro destino utilizzando più opere per conoscerne il cammino estetico ed esistenziale. Parlo di Action Painting con queste critiche soltanto adesso perché la mostra è ormai alla fine e perché penso che sia giunto il momento di cominciare a guardarsi intorno. Bisogna spendere le risorse della comunità per interventi culturali più mirati, meno dispersivi e soprattutto — in una parola — per cominciare a produrre sul serio cultura.

Questo articolo si riferisce all'attività: Action painting.Arte americana 1940 - 1970: dal disegno all´ opera

Nessun commento: