martedì 15 gennaio 2008

La Vergine delle tre mani

RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI

L’icona (dal greco eikon, immagine) è la forma più semplice ed immediata dell’autocoscienza ecclesiale dei popoli bizantini e slavi, è il segno della presenza di Dio, la fede convertita nelle presenze divine "incarnate" in forme e colori: Cristo, la Vergine, i Santi. 
La prima icona fu chiamata Acheropita (acheiropoietos, dal gr. a priv., cheir, mano, poieo, fare, " non dipinta da mano umana") poiché l’ origine la vuole non riferibile ad un artista, ma divina, rivelata, come i testi dei Vangeli, e rappresentò il volto del Cristo, impresso dal Salvatore stesso sul panno di lino inviato ad Abgara, re d’Edessa, malato di lebbra, perché, guardandolo, guarisse. Guardando il panno sacro, mandylio (dal greco "μανδύλιον") con i tratti del volto del Cristo impressi per sempre, il re guarì.
Avversata per lungo tempo, perché si negava l’incarnazione del Cristo, perciò anche la rappresentazione della sua immagine, con lotte, persecuzioni e violenze fisiche contro coloro che la sostenevano (l’iconoclasmo lacerò per più di un secolo l'Oriente cristiano), infine l’icona trionfò definitivamente nell’843 e da allora s’impose, adorando i fedeli ciò che essa realmente rappresenta: finestra spalancata sul mistero, congiunzione fra visibile e invisibile, fra materiale e spirituale. 
La tradizione attribuisce a San Luca, di professione medico, siro convertito al cristianesimo, autore del terzo Vangelo, scritto verso il 70, e degli "Atti degli Apostoli", le prime icone che rappresentano la Vergine con in braccio il Bambino.
San Luca sarebbe, dunque, il primo ritrattista ufficiale della Vergine, che conobbe dopo la morte di Gesù ed in età avanzata, alla quale consacrò un’icona quando era ancora viva, icona che determinò, poi, il modello iconografico particolarmente diffuso nei secoli XV e XVI nell’arte fiamminga. 
A documentare e a raccontare quest’episodio della vita del Santo e la sua attività di pittore di Madonne (diversi sono i ritratti conservati a lui attribuiti) abbiamo icone e quadri (oltre a vari testi liturgici) che lo rappresentano intento a dipingere Madre e Figlio, seduto dinanzi ad un cavalletto o mentre traccia schizzi su un foglio.

Madre di Dio delle Tre mani
prima metà del XIX secolo, proveniente dalla Russia centrale, collezione privata.

Moltissime nel tempo le icone dedicate alla Vergine: la Madonna della protezione, della tenerezza, delle carezze, della passione, delle grotte, del gioco, che allatta, che indica la via, fonte di vita, roveto ardente, gioia inattesa, gioia di tutti gli afflitti, giardino chiuso, della supplica, del rifugio, che istruisce, gioia immarcescibile, grande umiltà, orante, in trono, delle tre mani, etc.
Particolare è, appunto, quest’ultima, l’immagine della "Vergine delle tre mani" (Tricherusa), con le mani che escono dal manto, oppure la terza mano in oro o argento appesa al collo con una catena. 
Primo ex voto nella storia della pietà cristiana, nacque nell'VIII secolo in Siria, durante la lotta in difesa delle icone, ed è collegata alla vicenda del siriano Giovanni Damasceno, arabo cristiano, considerato il maggior teologo del tempo, ardente difensore del culto delle immagini.
Nel cuore della Siria, sotto il regno della dinastia degli Omayyadi, si oppose fermamente al furore iconoclasta che scuoteva il mondo bizantino.
Secondo l'agiografia, l'imperatore Leone III Isaurico, per contrastare la sua lotta in difesa del culto delle immagini, gli istigò contro il califfo di Damasco, facendogli pervenire una lettera falsificata, nella quale Giovanni Damasceno incitava l’imperatore a conquistare la Siria; allora il califfo gli fece tagliare la mano destra. 
Giovanni Damasceno trascorse tutta la notte in preghiera e promise a Dio che, se la mano gli fosse stata restituita, avrebbe continuato a lottare in difesa delle icone; in sogno gli apparve la Vergine che lo rassicurò, dicendogli: La tua mano è guarita, compi quanto hai promesso.
Al risveglio, miracolosamente di nuovo integro, compose l'inno "In te si rallegra" e, in segno di riconoscenza, fece aggiungere una mano votiva nella parte inferiore dell’icona: sarebbe, appunto, questa, il prototipo delle icone dette "La Vergine delle tre mani", che onora la memoria di questo Santo.
Quando, poi, Giovanni Damasceno si trasferì nel monastero di San Saba in Palestina, dove morì centenario, portò con sé l'icona; in seguito l'icona fu trasferita in Serbia dall'arcivescovo Saba e poi al monastero greco di Chilandari, sul monte Athos, e fu qui che trovò una nuova rappresentazione, con la terza mano che, come ex voto, invece di pendere dal collo, esce naturalmente dal manto della Vergine.
Il 28 luglio1663 il patriarca di Mosca, Nikon, chiese al monastero di Chilandari una copia dell'icona, il cui culto cominciò, così a diffondersi, come per le altre icone, anche in Russia.
Fondata su un ricordo storico, la terza mano, che evoca la mano votiva fatta aggiungere da Giovanni Damasceno, riceve, dunque, un’interpretazione allegorica: è la mano soccorritrice della Madre di Dio, che sempre aiuta il fedele, così come miracolosamente aiutò il suppliziato.

metà del XIX secolo, proveniente dalla Russia centrale.

In questa icona russa di squisita fattura, la Vergine, affiancata ai bordi da due figure oranti, san Giovanni e la profetessa Anna (probabilmente i santi protettori dei committenti) indossa un maphorion (il manto usato dalle donne bizantine, che copre il capo e le spalle e, a volte, l’intero corpo) di colore rosso di diverse tonalità, rese cangianti dai riflessi d’oro che illuminano e riverberano anche sull’himation (il mantello) del Bambin Gesù.
Madre e Figlio, avvolti dai panneggi delle vesti tradizionali, sono, qui, corpi spiritualizzati investiti dalla Luce divina; a ricordare l’episodio della mano fatta mozzare a Giovanni Damasceno c’è l’ex voto, la terza mano, che pende dalla catena appesa al collo della Vergine.
Francesca SantuccI

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