martedì 8 gennaio 2008

Identità e differenza delle arti

RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI


Il Paragone delle arti - prima parte del Libro di pittura - mette in atto, in superficie, una competizione per il primato tra i differenti linguaggi artistici. Più in profondità esso indaga la comunicazione e l'estensione reciproca, come ambiti di esplicazione e di senso, dei medesimi linguaggi: "pittura [...] poesia muta", "poesia [...] pittura cieca", "musica [...] figurazione delle cose invisibili". Leonardo pittore, poeta e musicista, si presenta come uno strenuo assertore sia dell'autonomia e specificità di ognuna delle arti, sia dello scambio organico tra di esse. Un tale scambio o intreccio appare come un orizzonte di possibilità risultante dalla scoperta di uno spazio comune e comunicativo (che Leonardo percorre quotidianamente, come testimonia lo stile di suoi Quaderni). C'è separazione ma anche circolarità tra le arti, come fra arte e scienza. Il punto di vista di Leonardo privilegia assolutamente la pittura, ma esso getta luce anche su poesia e musica, si estende su di esse. La pittura si confronta non solo con le sue "sorelle" d'arte, ma anche con la geometria (scienza) e la fisica (filosofia). Da questo vero e proprio "paragone" cominciamo a capire qualcosa di estetica, cioè di teoria sia delle arti che della sinestesia dei sensi. La differenza ci parla dell'identità. Tra l'una e l'altra si sviluppa reciprocamente una dialettica del passaggio. 
 Leonardo ha assegnato alla pittura un compito di difficoltà immane (che l'apparenta, secondo lui, alla filosofia): la rappresentazione del moto sia dei corpi che degli animi. L'ambizione tematica della pittura raggiunge la soglia dell'impossibile: dipingere, ad esempio, gli effetti sui viventi di un terribile "diluvio". Si manifesta qui una ricchezza di movimento - e di tempo - eccessiva per un'arte dello spazio! Leonardo comincia allora a immaginare con la scrittura come potrebbe presentarsi una pittura adeguata a quel soggetto: ecco una pittura virtuale. L'immaginazione poetica prende il posto della realizzazione pittorica; la parola si sostituisce all'immagine. Ejzenstejn chiamerà la de-scrizione leonardiana del diluvio un "foglio di montaggio per un contrappunto audiovisivo". Ma non esistevano allora i mezzi tecnici affinché l'immagine del movimento potesse tradursi in movimento dell'immagine. Questa assenza è produttiva; essa agisce come un fuori campo nella pittura di Leonardo, determinando la forza straordinaria delle sue immagini-tempo-movimento (per dirla con Deleuze); esse affrontano problemi che nel Novecento si porrà il cinema, senza però saperli risolvere, come ha scritto Luporini (a metà del secolo). 
 Il Paragone-Competizione ha conosciuto una larga fortuna tra il Cinque e Settecento (con tonalità prevalentemente retoriche). Il Paragone-Intreccio ha dovuto invece attendere la lenta emersione del sogno di un'Opera d'Arte Totale per ritornare alla luce, ma con modalità anche opposte a quelle originarie. Wagner si pone, per molti versi, agli antipodi di Leonardo. Il suo è un ideale di fusione che contrasta con il paragone, il quale potrebbe venir inteso, con categorie attuali, come espressione esemplare di un 'comparatista', che però non solo studia, ma anche pratica un confronto attivo e dinamico, rispettoso della reciproca autonomia, cioè una comunicazione tra linguaggi.
 "Sventurata musica"! Così parla Leonardo della "sorella minore" della pittura. Perché sventurata? Perché essa è costretta a "nascere e morire" ad ogni istante, cioè "immediate dopo la sua creazione", allo stesso modo, e ancor più, della poesia. Si annuncia qui un paradosso. La pittura ha il primato tra le arti, in quanto linguaggio della totalità organica e simultanea. Oggetto della pittura, come della filosofia, è il movimento. Ma come può un'arte dello spazio rappresentare al meglio il movimento, che ha luogo nel tempo? La soluzione leonardiana, che svaluta il tempo-successione, cioè il tempo 'puro', della musica e della poesia, implica una valutazione positiva del tempo spazializzato della pittura; ma ciò equivale ad una rimozione teorica del problema che, nella pratica, mostra una ben diversa soluzione. Nell'opera pittorica di Leonardo, infatti, la musica - il tempo puro - celebra una rivincita: l'incessante venir meno o scomparire della forma (il continuo trapassare della vita nella morte), che è proprio della musica, l'avvicina a quel processo di dissoluzione dei confini e dei contorni che lo scopritore dello sfumato ha consapevolmente attuato nello spazio-tempo della pittura. Sfiora Leonardo il tempo-durata? (Luporini e Simmel hanno pagine illuminanti nell'analizzare la capacità di Leonardo di "dipingere il tempo"; Pedretti ha recentemente parlato di "tempo-durata" in Leonardo). Il primato della pittura può forse rovesciarsi nel primato della musica? Non si tratta di questo; piuttosto del fatto che il modo in cui Leonardo affronta il paragone, gli consente un illuminante, moderno approccio alla musica. "Moderno" va qui inteso dal punto di vista storico, nel senso cioè di un'affinità della concezione leonardiana ai caratteri di dinamicità, espressività, varietà che sono propri (secondo D. De la Motte) del rivoluzionario contrappunto di Josquin Després, il 'musico' vicino a Leonardo. Ne risulta una concezione relazionale (antisostanzialistica) della musica. Non crediamo di forzare qui i termini della questione richiamando per analogia la descrizione che farà Adorno della "dialettica dell'informale", cioè del "dileguare", del "fare e disfare", che caratterizza, secondo lui, il fenomeno musicale, come esso si presenta - in tutt'altro contesto storico - nelle opere di Mahler e di Berg.
 Il Novecento ha imposto la necessità di un nuovo 'Paragone delle arti': nuovo nel senso che è caduto un paradigma fondamentale dell'approccio leonardiano. Il Libro di pittura è percorso dalla gelosa autonomia delle Arti Visive quali Arti dello spazio, opposte alle Arti della Parola e del Suono, che rappresentano i linguaggi del tempo. L'avvento della Cinematografia, cioè dell'immagine-movimento e dell'immagine-tempo, ha messo profondamente in crisi il paradigma leonardiano. C'è una circolarità tutta nuova tra le arti, che rende reale la virtualità leonardiana di una potenziale comunicazione tra i differenti linguaggi. È mutato il rapporto tra immagine e movimento, tra spazio e tempo dei e nei mezzi espressivi. L'intreccio è diventato un evento eminentemente pratico, quotidiano, fenomenico. E l'evoluzione del cinema, con l'avvento delle Arti Elettroniche, ha addirittura approfondito questa tendenza. Si ritorna al pennello, ma a un 'pennello elettronico', che dipinge direttamente - in movimento - dentro il quadro (non ci sono più inquadrature, una dopo l'altra, come nel cinema ottico, ma un fluire di immagini). 
 Nam June Paik ha parlato negli anni Settanta di inter-medialità. Era l'epoca del movimento "fluxus", nel quale artisti delle immagini e dei suoni come, oltre allo stesso Paik, Cage e Beuys, operavano nel tentativo di sfiancare (non già demolire) i confini sia tra le arti, come tra arti e vita. Intermedialità è un'espressione oggi riproponibile, in quanto contraddice criticamente quella realizzazione industriale di massa dell'Opera d'Arte Totale, ormai assolutamente egemone nella 'società civile', che va sotto il nome di multimedialità. Sia consentito un 'paragone'di tipo politico. Intermedialità sta a multimedialità come l'idea di internazionalismo (oggi caduta in disuso sotto il crollo delle sue aberrazioni) sta alle imprese multinazionali e al loro impatto sulla vita sociale. Questi anni di fine millennio stanno provocando, nei più diversi ambiti, un cortocircuito tra i molti e l'uno. Prevale un incredibile riduzionismo, una semplificazione indebita, che cancella ogni dialettica tra identità e differenze, cioè si passa senza mediazioni - a livello di processi materiali come di senso comune - dall'una alle altre e viceversa. Nella dimensione artistica e culturale, che qui ci interessa, ciò comporta l'egemonia di un pensiero unico multimediale, il quale crea - nel senso o immaginario comune - una confusione pazzesca tra ciò che si è e ciò che si crede di essere, tra ciò che avviene e ciò che si crede avvenire, cioè che si vede o si sente o si orecchia... insomma tra il reale e l'irreale, tra il conosciuto e il fantasticato. È sulla ineluttabilità e insieme la forza di questa distinzione che ha costruito invece il suo mondo 'altro' l'attività artistica, gettando un ponte - ai confini o nel dilemma del valicabile - tra l'uno e l'altro. L'abolizione progressiva di ogni distinguo è sotto gli occhi di tutti. Fortini già chiamava questo processo un "surrealismo di massa"; un surrealismo surrogato della realtà.
 Invitare artisti e studiosi delle arti a confrontarsi, per un verso con Leonardo, per un altro verso con il vissuto dei nostri giorni, è l'ambizione della nostra iniziativa. Essa non propone un cenacolo di intellettuali per la... salvaguardia delle arti. Il suo destinatario è semmai la coscienza comune, bombardata dai multimedia, bisognosa di un rinnovato principio di realtà. A questo fine vale la pena di lavorare. A futura memoria, o a presente immaginazione, l'idea-guida è che l'amicizia - anzichè la simbiosi - tra parole, immagini e suoni possa aiutare il dialogo e la comunicazione tra gli uomini.
Giorgio Baratta

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