martedì 8 gennaio 2008

 ARTE NEOCONCRETA, VISUALE, OTTICA, CINETICA E PROGRAMMATA
 

 RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI

Bruno Munari
Il Neoconcretismo è un movimento sviluppatosi negli anni Cinquanta in Europa e in America che si distingue per una forte contrapposizione ad ogni atteggiamento dissacratorio e implicitamente negativo nei confronti della realtà (atteggiamento che contraddistingue nello stesso periodo Informale, New Dada e Pop) e per l'affermazione della possibilità di soluzioni razionali e progressive delle dissonanze del vivere contemporaneo. 
Il neoconcreto recupera elementi dalle avanguardie più propositive, progettuali e costruttive, come il Cubismo, il Costruttivismo, il Bauhaus, l'astrattismo geometrico.
I precedenti teorici del neoconcreto possono farsi risalire alla predilezione dell'esperienza visiva dell'Impressionismo rispetto a quella teorico-mnemonica della tradizione classica, mentre rispetto all'esperienza Bauhaus il neoconcreto abbandona il progetto di migliorare le condizioni di vita della società attraverso il miglioramento estetico dei suoi prodotti industriali, prediligendo il miglioramento delle capacità percettive e di comprensione profonda della realtà da parte degli individui. 
Nel neoconcreto l'insegnamento etico si sposa alla psicologia della percezione per migliorare le capacità di visione critica e cosciente nell'uomo. 

Carl Andre
Il Neoconcretismo si manifesta già con il Movimento per l'Arte Concreta sorto nel 1949 a Milano per opera di Soldati, Dorfles, Munari, Monnet. 
Importante riferimento è anche il movimento americano degli anni Cinquanta"Color Field", con Barnett Newman e Ad Reinhardt, cui è collegata la "Monochrome Malerei" in Europa e gruppi italiani come Forma Uno, Gruppo Uno, orientati ad un lavoro di meditazione specifica sulla pittura (Dorazio, Accardi, Turcato ...). 
Un altro movimento americano che può essere collegato invece alle ricerche ottiche, programmatiche e cinetiche (Vasarely, Albers, Soto) è quello denominato "Hard Edge", con Kelly e Stella, dediti a una pittura precisa, calcolata, estremamente definita, alla creazione di oggetti d'arte che intendono esprimere solo se stessi, il loro colore e la loro forma. 

Barnett Newman
A tale versante si collegherà direttamente  l'arte Minimal (Morris, Judd, Andre, Smith).
La ricerca neoconcreta, visuale, ottica, cinetica, programmata, segue un tipo di indagine rigorosa sulla forma che la porta a somigliare sempre più alla scienza, per principio al servizio dell'umanità. L'arte neoconcreta ha una forte valenza istitutrice, educatrice più che salvatrice, del pubblico. Il principio guida della ricerca visuale è uguale a quello della ricerca scientifica: migliorare attraverso risultati e prodotti della ricerca le condizioni (soprattutto psicologiche) dell'uomo. Significativo è in proposito che gli esponenti maggiori della tendenza neoconcreta fanno spesso parte di gruppi con i quali lavorano e divulgano manifesti o dichiarazioni di poetica. 
Benché dinanzi ad un'opera neoconcreta, ottica o cinetica, dinanzi all'universo di precisione, purezza, incontaminatezza, quasi una sfera di esistenza superiore, elevata, che essa offre allo spettatore, si sia indotti a credere ad una lontananza dell'arte visuale dai problemi della contemporaneità, sia le dichiarazioni programmatiche, numerose, dei ricercatori visuali, che i risultati concreti che vanno dall'opera d'arte tradizionalmente intesa, alla progettazione moltiplicata con evidenti risvolti sociali, al coinvolgimento ambientale, contraddicono l'impressione suscitata al primo superficiale incontro con queste opere.

Jesus Raphael Soto
Il prodotto della ricerca visuale non è però consumabile come un farmaco e tantomeno come gli altri beni di consumo di produzione industriale. E' un bene strumentale, si offre al pubblico non per le sue qualità estetiche, ma per il suo funzionamento didattico-estetico. Si può consumare solo attraverso l'informazione dinamicamente operante e non contemplativamente passiva. Ciò che si consuma è l'informazione, il processo, la successione, il percorso obbligato dalla conformazione degli elementi che compongono l'opera. Ma il consumo dell'informazione non è mai distruttivo, ma costruttivo, a rigore non è consumo, ma impiego per l'eliminazione, in tal caso, di falsi o degenerati meccanismi acquisiti dalla facoltà di vedere-pensare dell'individuo e quindi della sua coscienza. Il prodotto della ricerca visuale è infatti sempre dinamico, cinetico, operativo, non appaga mai la necessità contemplativa, non rassicura, è spesso inquietante, così come lo è il gioco scoperto della coscienza.
I meccanismi illusori e l'ambiguità, le diverse forme assunte dall'opera secondo gli spostamenti del punto di vista dello spettatore, presenti in gran parte dell'arte optical, sono l'indicazione della volontà di renderlo attivamente partecipe non solo alla fruizione dell'opera, ma anche in un certo senso alla sua creazione, sia per la dipendenza della forma dal movimento dello spettatore, sia per la facoltà-necessità che l'artista gli lascia di "completare" l'opera attraverso i propri meccanismi ottico-percettivo-psicologici.

Enrico Castellani
L'arte ottico-cinetica non teme di usare ogni tecnologia utile ai propri fini. Sistemi elettrici, magnetici, elettronici sono impiegati senza che questo comprometta l'autonomia dell'opera, la quale trova l'identificazione della propria struttura di funzionamento nella struttura tecnologica, non più necessariamente legata alla dimensione "opera", ma che può naturalmente allargarsi anche alla dimensione ambiente.
Le stesse leggi di percezione di un'opera bidimensionale o tridimensionale che operano nello spettatore, al quale si affida sempre una parte attiva in quanto l'opera è processo cinetico che agisce nella sua coscienza e quindi necessariamente con la sua attiva partecipazione, operano allo stesso modo se non con maggiore incidenza in uno spazio in cui lo spettatore si trovi inserito, come quello di una stanza in cui le condizioni di luce-colore-forma siano mutevoli o comunque percettivamente agenti su di lui.
Il movimento Neoconcreto opera tra Gestalt (psicologia della percezione della forma) e Mac Luhan (teoria della comunicazione), recuperando i valori delle avanguardie storiche positive quali Cubismo, Bauhaus, De Stijl, Costruttivismo, Astrattismo geometrico. 
L'astrattismo assoluto del MAC (Movimento per l'Arte Concreta) con Atanasio Soldati, Bruno Munari e altri, ne è un esempio. Altro esempio è quello del movimento Monochrome Malerei  (pittura monocroma), basato sulla valorizzazione della qualità lirica della superficie pittorica, poetica derivata dalla pittura cromatica astratta o "Color Field Abstraction" (campo di colore) degli americani Barnett Newman e Ad Reinhardt, creatore quest'ultimo di pitture dalle sottilissime, quasi impercettibili variazioni di colore. La Monochrome Malerei a sua volta è un'anticipazione dell'arte concettuale in quanto riflessione della pittura sulla pittura, che si allargherà poi alla riflessione dell'arte sull'arte, elemento distintivo della dimensione "concettuale" appunto dell'arte dagli anni Sessanta in poi.
Anche Forma Uno, con Dorazio e Turcato, si muove in ambito neoconcreto e così il Gruppo Uno con Carrino e Uncini, aperti a soluzioni successive di carattere concettuale.
L'altro gruppo americano astratto-concreto detto Hard Edge (bordo duro, netto) è caratterizzato da una pittura precisa e calcolata, con campiture e contorni estremamente definiti. I principali protagonisti del movimento sono Ellsworth Kelly e Frank Stella, anticipatore della Minimal Art e collegabile a tutta l'optical art e l'arte cinetico visuale.

Piet Mondrian
Dell'Optical Art i maggiori rappresentanti sono Victor Vasarely, e Jesus Raphael Soto; nell'arte cinetico-visuale e programmata operano, con ampie e frequenti implicazioni concettuali Enrico Castellani, e Francesco Lo Savio, il "Gruppo T" con Gianni Colombo, il "Gruppo Zero" con Hans Haacke, il gruppo "Nouvelles Tendences" con Getulio Alviani e ancora Colombo, il "Grav" (Groupe de Recherches d'Art Visuel) con Julio Le Park.
Victor Vasarely (1908) è il massimo esponente dell'arte ottico-cinetica o Op-art. Celebre per le sue caleidoscopiche e intriganti composizioni, Vasarely, come scrive Getulio Alviani (Flash Art 177/93) "prende avvio dalla superficie dell'opera, che si trasforma in sollecitazione retinica per giungere sino al coinvolgimento psicologico. La linea, moltiplicandosi e trasformandosi sul piano, diventa volume fino all'ottenimento del più coinvolgente trompe l'oeil. (...) la superficie è comunque sempre attivata. (...) Per Vasarely ciò che conta è il creare situazioni plastiche di forte attrazione e coinvolgimento i cui elementi potrebbero essere anche diversi da quelli che sono, sino a divenire il contrario (...)", a dimostrare come "in quegli anni fosse importante il mondo del fare, quanto l'avventura-vita fosse fatta di progetto e quanto valore venisse dato alla sintesi della conoscenza e alla proiezione nel futuro".
Anche per Jesus Raphael Soto (1923) il punto di partenza è l'astrattismo puro derivato da Mondrian, Malevic e Kandinskij, ma egli giunge a risultati che pur mantenendo l'elaborazione di forme geometriche colorate, introducono l'uso di elementi aggiuntivi come griglie e cortine di fili o bacchette fisse o sospese e mobili se sottoposte ad un'azione esterna sempre naturale come lo spostamento d'aria. Questi elementi sovrapposti o anteposti o sottoposti creano effetti cinetici di visione e percezione della luce che trascendono l'oggetto costruito per porsi come in tutta l'arte di questo genere quale esercizio e gioco di comprensione mentale.

Kasimir Malevic
Con l'Hard Edge e la tela sagomata e dipinta di Stella ("shaped canvas") presenta analogie l'opera dinamico-strutturale di Enrico Castellani (1930), con le sue superfici sagomate attraverso chiodi che spingono o tirano la tela rispetto al piano, facendo uscire la pittura dalla sua tradizionale bidimensionalità e soprattutto creando la possibilità virtuale di infinite variazioni percettive nell'incontro dell'opera con il variare della luce, alla cui base c'è sempre tuttavia il ritmo compositivo stabilito dal progetto che in tal modo porta l'opera ad una dimensione totalmente concettuale.
Ugualmente concettuale e inoltre anticipatrice di certe soluzioni minimal è l'opera di Domenico Lo Savio (1935-1963), "impostata sull'analisi delle componenti teoriche del fare artistico" (Vinca Masini), contro le componenti esistenziali ed emotive tipiche dei movimenti coevi Action Painting e Informale. I suoi monocromi sono realizzati con lo scopo programmatico di costituirsi in campo attivo della luce in cui la "vibrazione continua determinata dalla strutturazione delle superfici è più un fatto mentale che fisico. Lo Savio procederà poi a strutturare superfici bidimensionali intersecate creanti una tridimensionalità nell'ambiente destinata a provocare "situazioni riflessive dinamico-ambientali", ossia la possibilità riflessiva sul colore (nero opaco uniforme con massimo potere di assorbimento) e sull'articolazione della forma osservabile nell'ambiente con un atteggiamento simile a quello che si ha nell'architettura.

Vassilij Kandinskij
Su di un piano ugualmente meditato nel segno del progetto mentale è l'opera di Gianni Colombo (1937-1993) che si basa su una continua provocazione dell'intelligenza dello spettatore, incitata alla comprensione di strutture geometrico-spaziali che con sottile ironia contraddicono costantemente la scientificità assoluta sulla quale sono costruite, rivelando la loro natura di pretesto e rivelando allo stesso tempo quanto poco siano classificabili in una semplice etichetta come quella dell'arte cinetico-visuale e programmata.
Non è tanto la forma o il suo funzionamento infatti ad essere programmati, ma la contraddizione e l'ironia, che provocano un senso di inquietudine spaesante, sempre lieve però, mai terroristico, costantemente tenuto

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