Il primo Settecento
RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI
I tratti caratteristici dell’espressività seicentesca, basati sulla linea ondulata, sul violento contrasto tra luce e ombra, sulle superfici curve, ricche di sporgenze e cavità, sullo spazio che si compenetra alla forma quasi per superare i confini fra esterno ed interno, sulla luce come protagonista principale dell’opera, vengono ulteriormente sviluppati nella prima metà del Settecento.
Alle forme grandiose e mosse, ai forti contrasti di luce e ombra, alla fastosa decorazione del Barocco si prediligono in architettura forme meno movimentate, più lineari e aggraziate con effetti chiaroscurali attenuati e con una decorazione lieve e capricciosa. L’artista più significativo di questo periodo è Filippo Juvarra; egli opera soprattutto in Piemonte, dove realizza edifici di tipo civile e religioso, pubblici e privati, quali lo scalone e la facciata di Palazzo Madama a Torino, la Basilica di Superga, la palazzina di caccia di Stupinigi, realizzata con estrema originalità, con un grande corpo centrale ellittico da cui dipartono quattro bracci, protesi verso il parco circostante.
La scultura ripete forme e soggetti già realizzati nel Seicento; molti artisti si ispirano direttamente all’opera di Bernini; emerge fra tutti Giacomo Serpotta, di origine palermitana, che produce una infinita varietà di sculture a stucco, destinate soprattutto alla decorazione degli edifici.
Le Accademie, vere e proprie scuole dove si apprendono in modo sistematico il disegno e la pittura, si diffondono presso le corti o nei centri più importanti. Emerge fra tutte quella veneta, che già nel Seicento si era distinta soprattutto per una particolare tendenza coloristica. Uno dei suoi più validi rappresentanti è Gianbattista Tiepolo: egli introduce nella pittura il concetto di spazio sconfinato, indefinito, realizzato con colori limpidissimi, che conferiscono proprio un senso di vastità, ariosità, prima mai realizzati. A Venezia sono molte le personalità di rilievo nella pittura, ad esempio lo stesso figlio del Tiepolo, Giandomenico, Giovan Battista Piazzetta, Pietro Longhi, Alessandro Longhi che rappresentano prevalentemente, con vivacità ed eleganza, scene di vita veneziana.
Due pittori, originali interpreti della cultura e della sensibilità di Venezia, si distinguono particolarmente: Antonio Canal detto il Canaletto e Francesco Guardi. Il Canaletto realizza sulla tela, con pennellate luminose, le più belle vedute di Venezia, i suoi canali, le sue piazze sempre affollate di personaggi in festa, le sue architetture rese con grande cura del dettaglio. Guardi, attraverso colori luminosissimi, quasi fossero impastati di luce, con rapide pennellate crea invece una straordinaria unità tra figure e ambiente, staccandosi decisamente dalla tradizione precedente. Le sue vedute non sono documentarie, ma interpretazioni di tipo fantastico; tutti gli elementi del dipinto perdono la loro consistenza in un’atmosfera luminosa, che diventa la caratteristica predominante del linguaggio espressivo dell’artista.
L’intima fusione fra architettura, scultura e pittura e l’intento di determinare effetti di grandiosità, o che suscitino stupore, costituiscono anche i caratteri fondamentali della scenografia che, proprio nel Sei e Settecento, ottiene uno straordinario sviluppo, in quanto, per eccellenza, arte della finzione e costruzione di una realtà illusoria. Gli scenografi, attraverso costruzioni in legno, cartapesta, tela e stucco e con l’aiuto dei colori e anche di complicati meccanismi, riescono a rendere l’effetto dei volumi, degli spazi e delle distanze in modo prodigioso. Attraverso le glorie, nuvole che nascondono complicati meccanismi, si fanno calare dall’alto i personaggi: divinità, cantanti e musici. Si creano, per soddisfare le esigenze delle corti e dei nobili, delle vere e proprie scuole; una della più qualificate e richieste è quella di Bibiena, una famiglia bolognese, che non solo esegue magistralmente scenari, ma studia anche nuovi sistemi per una diversa rappresentazione dello spazio, in modo da consentire l’evasione dello sguardo oltre la scena. Questi artisti introducono nella scenografia la prospettiva accidentale e dal basso verso l’alto, moltiplicando con scorci arditi lo spazio all’infinito e consentendo quindi alla scena un più ampio respiro.
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