lunedì 10 marzo 2008

Wiligelmo (attivo a Modena dal 1099 al 1110 ca).


 RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI

La scultura italiana ha la sua prima prestigiosa manifestazione nell'opera di Wiligelmo il quale tra il 1099 e il 1106 scolpiva gli stipiti del portale maggiore del Duomo di Modena. II suo nome è tramandato dall'epigrafe sulla facciata del Duomo, fiancheggiata dalle figure dei profeti Henoch ed Elia, recante una iscrizione metrica con la data della fondazione (1099) e tre versi contenenti le lodi di Wiligelmo: ("Quanto tra gli scultori / tu sia degno di onore / e' chiaro ora, o Wiligelmo, per le tue opere scolpite" ). Possono pertanto considerarsi opere firmate.

In base a queste vengono attribuiti con certezza a Wìligelmo il portale con i profeti, i quattro rilievi con storie della Genesi nella facciata e vari capitelli, tutti databili al primo decennio del XII sec.
Sulla sua origine e formazione sono state fatte ipotesi diverse: certo Wiligelmo dovette conoscere le sculture della scuola acquìtanica di Linguadoca (rilievi dei pilastri e dei capitelli del chiostro di Moissac): importante fu anche l'ascendente dell'arte romana, documentabile con puntuali raffronti con sculture della necropoli mutinense.
II linguaggio di Wiligelmo appare però, sin dall'inizio, profondamente originale e di altissimo livello artistico: nella Storia della Genesi le composizioni si svolgono lente, le figure essenziali e massicce sono scolpite con una forza che conferisce all'azione un'evidenza assoluta e corporea. Nella severità del racconto, spoglio di ogni particolare decorativo, questa umanità primitiva si carica del senso drammatico di un destino ineluttabile di pena. Come in un "mistero" (la sacra rappresentazione medievale), Wiligelmo espone i fatti narrati con una sceneggiatura sommaria, concentrando l'attenzione degli spettatori sui personaggi fondamentali, curandone l'espressione e la gestualità.
L'illustrazione dei vari episodi si svolge in una successione continua al di sotto di una incorniciatura di arcatelle: ma la realizzazione plastica è completamente diversa e si manifesta con tale perentoria evidenza da trascendere ogni riferimento culturale: per apparirci come scaturita da un poderoso impulso primigenio. Le figure infatti si staccano dai fondi lisci, del tutto aliene dal principio classico della coordinazione di ogni parte del corpo: sintetizzate dal deciso emergere di pochi, rigidi piani, l'artista ne accentua liberamente gli elementi ed i gesti più espressivi ai fini del suo racconto, che ne riceve una chiarezza ed una incisività cui concorre la rinuncia ad ogni motivo accessorio o descrittivo. Si può dire perciò che ogni personaggio di queste storie è un protagonista impegnato ad esprimere con icastica immediatezza il proprio ruolo.


 
a) La figura del Padre Eterno è dentro una mandorla, sorretta da due angeli. Tiene in mano un libro aperto, con la scritta: «Lux ego sum mundi, via verax, vita perennis» (= Io sono la luce del mondo, la via vera, la vita perenne).
b) La creazione di Adamo. Il Padre, la cui aureola a croce reca le lettere REX, pone la mano destra sul capo di Adamo, che si erge e si desta alla vita. A destra del capo di lui si legge il nome ADAM.
c) La creazione di Eva. Il Padre prende per mano la donna, tratta dal costato di Adamo, che dorme sul terreno raffigurato in forme ondulate. Sotto il terreno è scolpito il segno dell'acqua, simbolo delle acque primordiali.
d) La caduta. Adamo sta mangiando il frutto proibito, che tiene nella sinistra. Eva lo osserva, mentre con la sinistra prende l'altro frutto dalle fauci del serpente, attorcigliato all'albero. La scultura esprime in sintesi la tentazione e la caduta dei progenitori, come pure la loro vergogna, conseguenza della rottura dell'amicizia con Dio.


a) Adamo ed Eva, nudi, sono in piedi davanti a Dio creatore, che punta verso di loro l'indice della mano destra. Nella sinistra tiene un cartiglio, recante l'iscrizione: «Dum deambularet Dominus, in paradisum» (= Udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino, Genesi 3,8).
b) Adamo ed Eva piangenti, con la mano sinistra al volto inclinato in atteggiamento di dolore e con la destra a coprire le loro nudità, sono espulsi dal paradiso, mentre un Cherubino ne custodisce l'ingresso, brandendo la spada.
c) Nell'ultimo riquadro, Adamo ed Eva zappano la terra intorno ad un albero rigoglioso. E' la fatica del lavoro, conseguenza del peccato.




a) Al centro del primo riquadro, il Creatore è seduto in trono, dentro una mandorla appoggiata sul capo ricurvo di un telamone. Il Creatore tiene nella mano sinistra un libro aperto, ove è inciso il mònito evangelico: «Qui sequitur me non ambulat in tenebris» (= Chi segue me, non camminerà nelle tenebre, Gv 8,12). 
A sinistra, Abele offre a Dio un agnello; a destra, Caino offre un manipolo di spighe.
A destra della figura di Abele, l'iscrizione (un secondo esametro dattilico): «Primus Abel iustus defert placabile munus» (= Abele, il primo giusto, presenta l'offerta propiziatoria, che è gradita). 
A destra del telamone genuflesso, l'epigrafe (un terzo esametro dattilico): «Hic premit, hic plorat, gemit hic, nimis iste laborat» (= Egli insiste, piange, geme, molto si addolora). 
b) Segue la scena dell'uccisione di Abele.
c) Nel terzo ed ultimo riquadro, Dio Padre pone la mano destra sulla spalla di Caino; nella sinistra ha un cartiglio, in cui si legge: «Ubi est Abel frater tuus» (= Dov'è tuo fratello Abele? Gen 4,9).
 a) Lamech, raffigurato cieco, con il passo vacillante e con il copricapo caratteristico, portato dagli Ebrei nel Medioevo, ha l'arco in mano. Ha appena scoccato una freccia contro Caino, che cade con la freccia conficcata in gola. Tra Lamech e Caino colpito è raffigurato un grande albero, a un ramo del quale si aggrappa con la destra Caino ferito a morte. L'uomo ucciso da Lamech è stato identificato con molta probabilità con Caino, in base all'interpretazione del midrash Tanhuma. Secondo questo «midrash» (antico commento rabbinico al testo di parte della Bibbia ebraica), nel versetto «Chiunque ucciderà Caino, egli subirà la vendetta alla settima generazione» (Gen 4,15), «egli» è attribuito a Caino. Ora, Lamech è appunto il settimo discendente di Caino (cfr. Gen 4, 17-18). Nel Medioevo, il notissimo studioso benedettino Rabàno Mauro (776-856) rielaborò nella sua opera esegetica quelle tradizioni ebraiche. 
b) L'altra parte del bassorilievo rappresenta la fine del diluvio. Noè esce con i figli dall'arca, presentata allegoricamente come una basilica.
 
L'opera di Wiligelmo esercitò un vasto influsso sia tra gli scultori del duomo di Modena, che da lui dipendono, sia genericamente sulla scultura emiliana e lombarda.

1 commento:

Anonimo ha detto...

good start