DARE VOCE ALLA MEMORIA. GLI ULTIMI DIPINTI DI WILLEM DE KOONING
RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI
Gli ultimi dipinti di Willem de Kooning sprizzano felicità. Sono le opere di un maestro che ha scelto consapevolmente, all'età di settantasette anni, di cambiare strada, di cercare nuove soluzioni, dimenticando il rigore delle strutture giovanili per dipingere in modo esuberante e gioioso. Agli inizi degli anni ottanta, de Kooning era soddisfatto di quel che aveva fatto e aveva raggiunto uno stadio di perfetta libertà e serenità nella vita e nel lavoro, che si manifestava in una visione di intensa chiarezza.
I dipinti successivi proseguono, attraverso diverse fasi, in questa direzione, fino a raggiungere la ricchezza di colori e il selvaggio abbandono dei quadri del 1987-1988. Questo modo di dipingere accompagnerà de Kooning nei suoi ultimi anni, fino a quando non cesserà di farlo nel 1990, sette anni prima di morire. Gli ultimi dipinti - non solo un nuovo stile, ma nuove invenzioni - sono liberi, consapevoli, musicali e animati da una vibrante vitalità.
In questi anni de Kooning parlava con ammirazione di Matisse e, a quanto sembra, lo faceva quasi tutti i giorni. Decise consapevolmente di lasciarsi influenzare da Matisse. Voleva raggiungere la leggerezza del maestro francese e si servì del suo esempio per rompere con il costruttivismo cubista.
I primi indizi di un cambiamento si manifestano nel 1981. In Untitled VII si possono scorgere ancora i riflessi di Door to the River, 1960, ma si avverte anche un certo rilassamento, la sensazione che tutto sia sul punto di disfarsi, di scardinarsi. Lo sfondo che manteneva unita la composizione è sostituito da un'atmosfera sempre più effervescente, e ben presto le immagini e i colori cominciano a liberarsi e a fluttuare, come la fila di barche dondolanti in mare aperto, simili a giovani ballerine di fila, in Untitled XXIX. La nitida chiarezza di questo dipinto, forse un ricordo di Rotterdam o di Hoboken, apre la via agli sviluppi successivi. Nel 1983 le linee galleggiano in aria, sospese dalla luce, eteree e inafferrabili. Sembra quasi che de Kooning sentisse di avere dinanzi a sé uno spazio aperto, una radura. Con una sconfinata fiducia nelle sue intuizioni, de Kooning punta dritto in quella direzione, cercando ogni possibile occasione di cogliere nuove opportunità.
Le opere rosa dipinte tra il 1982 e il 1984 sono pervase da un senso di grazia. Nelle opere di questo periodo il disegno si esprime con la massima libertà, come se l'artista tracciasse linee e forme nell'aria.
Fluttuano liberamente nel vuoto, piene di giubilo.
Il rosa è il colore predominante di Woman Sag Harbor, 1964, e dei primi dipinti realizzati da de Kooning dopo essersi trasferito nel suo nuovo studio di Springs.
È il colore della luce all'estremità orientale di Long Island, uno dei principali motivi che spinge gli artisti a frequentare da sempre questa zona. È quella che Omero chiamava "l'aurora dalle dita di rosa", e nei mesi invernali la luce di un rosa cristallino conferisce al paesaggio una nitidezza abbagliante.
È chiaro ormai che la pittura dell'ultimo Willem de Kooning non può essere ridotta alla storia delle strisce di colore rosso, giallo e blu, celebrate sin dai tempi della loro prima esposizione a New York nel 1985, presso la galleria di Xavier Fourcade. Queste opere familiari risalgono principalmente agli anni tra il 1984 e il 1985, la "quiete prima della svolta", come l'ha definita David Sylvester, e sono diventate emblematiche della pittura dell'ultimo de Kooning solo perché sono state esposte più delle altre.
È triste dover ammettere che, se Xavier Fourcade non fosse morto nella primavera del 1987, quattro giorni dopo l'ottantatreesimo compleanno di de Kooning, nell'autunno dello stesso anno sarebbero state esposte nella sua galleria opere del 1986 e forse del 1987. La mostra, già progettata, avrebbe cambiato la percezione che si aveva allora, e che si continua ad avere, della pittura dell'ultimo de Kooning.
Tra le opere di questo periodo, una delle più importanti è il Triptych (Untitled V, Untitled II, Untitled IV), destinato originariamente alla chiesa di Saint Peter a New York, e noto per alcuni anni con il titolo di Hallelujah. Chiunque abbia avuto occasione di visitare la cappella Matisse a St. Paul de Vence capirà quanto possa essere attraente per un artista l'idea di ricreare la quiete e la semplicità di quel luogo. De Kooning fu compiaciuto della richiesta e, saggiamente, decise insieme a Fourcade che i dipinti non dovessero essere considerati una
commissione, ma offerti alla chiesa a titolo di prova.
Dalla documentazione relativa al progetto emerge una corrispondenza caratterizzata da drammatici colpi di scena e ripensamenti, oltre che dall'uso di uno splendido linguaggio ecclesiastico, ma in sostanza il progetto fu abbandonato dopo la morte di Xavier, che senza dubbio sarebbe riuscito a condurlo in porto.
La prima versione dell'opera prevedeva due stretti pannelli laterali, ma non soddisfaceva l'impulso dell'artista. Gli sembrava troppo compressa. Alla fine optò per tre dipinti separati, ne voltò uno su un lato, e risolse la situazione creando uno spazio più vasto, un'ampia zona da esplorare con l'immaginazione, una presenza più importante. La collocazione di un
pannello orizzontale tra due verticali crea un ritmo di danza che dona vivacità e leggerezza al trittico, consentendogli di raggiungere il suo obiettivo: elevare lo spirito.
La possibilità di girare su un lato un dipinto faceva parte del procedimento. Il cavalletto di de Kooning era collocato su una specie di pozzo, per permettere all'artista di regolare come desiderava l'altezza del dipinto e di lavorarci da tutti i lati. Si può supporre che tutti i dipinti si trovassero inizialmente in posizione orizzontale ma nessuno poteva dire che orientamento avrebbero avuto alla fine. Lo studio, molto luminoso e con soffitti alti sei metri, era stato progettato dallo stesso de Kooning e realizzato da artigiani del posto, dato che de Kooning cambiava idea ogni giorno. È formato da una specie di prua che si estende di fronte alle camere da letto, nascoste al piano superiore, e nel complesso dà l'impressione di trovarsi su una nave. È una meraviglia architettonica, almeno dal punto di vista dell'artista che dipinge un quadro. Fu terminato quando l'artista aveva sessant'anni, e tutte le opere realizzate nei venticinque anni successivi furono dipinte in questo luogo. È un mondo chiuso e autosufficiente, ed è facile capire perché de Kooning se ne allontanasse di rado; un giro in bicicletta o una camminata sulla spiaggia potevano bastare.
Come emerge da tutte le testimonianze, mano a mano che de Kooning diveniva più vecchio e sempre meno incline alla conversazione, una forte etica del lavoro, il vigore fisico e gli agi del suo studio erano tutto ciò di cui aveva bisogno per continuare a dipingere.
La collocazione naturale dello studio e il suo design essenziale si adattavano perfettamente ai bisogni di un uomo anziano, felice di poter continuare a svolgere quotidianamente il suo lavoro. Era circondato dai suoi assistenti, pittori che lavoravano al suo fianco, confortato da una memoria ancora vivace e dalla compagnia della sua storia dipinta. Mentre lavorava, era capace di fischiettare nota per nota l'intera Petrushka di Stravinskij.
Dal 1986 in poi si assiste a un'esplosione del colore.
De Kooning annunciò di essere tornato a fare un uso completo della sua tavolozza. Aveva la capacità, l'energia e la volontà per andare oltre. I quadri di questo periodo uniscono emozioni sfrenate a una grande chiarezza. Sono liberi e ispirati, come lo sono in genere le opere dipinte con grande rapidità.
Sembrano pieni di luce ed emergono direttamente dall'interiorità di de Kooning, da qualche ricordo profondo e fondamentale, mentre la sua anima si proietta sulla tela con convinzione e a volte perfino con una certa enfasi. È un uccello azzurro, quello raffigurato nel dipinto senza titolo del 1988?
La stessa forma era comparsa in precedenza e, che si tratti o no di un uccello azzurro, non possono esserci dubbi sullo stato d'animo di de Kooning.
Uno scavo approfondito nella memoria deve essere all'origine della produzione di immagini come la figura blu e lavanda di un'opera senza titolo del 1988, che ha un'aria troppo personale per non essere una forma di autoritratto o la rappresentazione di un ricordo infantile. Il colore blu sembra essere sempre in rapporto con l'Olanda, e i dipinti blu appaiono spesso legati a qualche reminiscenza.
Il personaggio è simile a un fumetto e il dipinto sembra avere un carattere scherzoso, che l'artista desiderava condividere con gli altri. Giunto a questo punto della sua esistenza, de Kooning è completamente privo di preoccupazioni, libero da ogni pensiero riguardante la vita quotidiana. Qualcuno pensava a cucinare i suoi pasti, i suoi assistenti erano al lavoro e gli erano devoti, ma in modo disinvolto e non imbarazzante. Tra essi, una doveva essergli particolarmente cara, perché conosceva il fiammingo e gli leggeva brani da un romanzo fiammingo di Aster Berkhof, Amanda, la storia di una donna che non sopportava la vita domestica, accanto al marito e ai figli. A volte si divertiva perfino a sfidarla a braccio di ferro, per dimostrarle quanta forza fisica conservasse ancora all'età di ottantaquattro anni.
A quasi venti anni di distanza, ella è ancora in grado di descrivere con vivacità il modo di dipingere di de Kooning, l'arco disegnato dal suo braccio mentre tracciava un'ampia e potente pennellata dall'alto in basso per tutta la lunghezza della tela, dando prova della sua capacità di afferrare intuitivamente lo spazio. De Kooning era agile e consapevole della sua efficienza fisica.
Immaginare de Kooning ottantenne, mentre dipinge a East Hampton in un paesaggio così simile a quello della sua giovinezza, per il tipo di luce, l'orizzonte basso, l'odore del mare, vuol dire avere di fronte un uomo sereno, equilibrato e soddisfatto. Chi avesse la fortuna di osservare i suoi quadri nel suo studio, noterebbe che i colori sono semplicemente gli stessi del cielo, della spiaggia lungo la baia, e che la loro freschezza non è frutto di un'invenzione.
Il periodo di massima creatività di un artista dura in genere un tempo limitato. Il momento più alto della pittura di de Kooning rimane senza dubbio quello delle Women. La sua capacità di rappresentare il lato selvaggio delle donne, la loro natura libera e vivace, non ha rivali, ma trova un'eco nelle opere più tarde, che, seppure meno turbolente, appaiono altrettanto luminose. Ci si potrebbe chiedere se il ricordo delle donne è ancora presente nelle sue ultime opere.
La forza e la motivazione sono evidenti e può capitare che qualcuna faccia capolino in un modo un po' barocco.
Se si volessero rintracciare gli aspetti che accomunano le opere tarde di molti grandi artisti, si dovrebbero citare ai primi posti lo spirito giovanile, la forza della memoria, forse un atteggiamento innocentemente fiducioso. Agnes Martin, dopo decenni di dipinti senza titolo, il cui significato sfidava ogni interpretazione, cominciò improvvisamente nei suoi ultimi anni a dare alle sue opere titoli quali Loving Love, I Love the Whole World, Everyday Happiness. In questo momento, Georg Baselitz è intento a ridipingere su una scala più grande i soggetti e i temi dei dipinti degli anni sessanta, settanta e ottanta e anche i paesaggi boschivi che dipinse da ragazzo. I dipinti del ciclo Bacchus, realizzati da Cy Twombly nel 2005, hanno richiesto all'artista il maggiore impegno fisico e gestuale della sua carriera, e questo all'età di settantasette anni, la stessa età di de Kooning quando dipinse il primo quadro esposto in questa mostra.
È evidente in Bacchus la volontà di asserire con coraggio e fiducia la forza dell'artista, ancora pienamente padrone di sé e in grado di sorprendere o sbalordire chi lo circonda, e capace di stravaganze come quella di ritagliare silhouette di carta a letto.
La moralità dell'arte rimane nello spirito che essa lascia dietro di sé e lo spirito è quello che resta nella memoria. Gli ultimi dipinti di Willem de Kooning modificheranno il suo ricordo.
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