domenica 2 marzo 2008

La concezione dello Stato in Platone

A CURA DI D. PICCHIOTTI

Larga parte del lavoro di Platone è dedicata alla riflessione su una teoria politica destinata, nell'intenzione, ad essere applicata nella costruzione di uno stato ideale, uno stato che sia la realizzazione pratica di quel bene e di quella giustizia che sono così perfettamente rappresentati nell'Iperuranio. E' nella Repubblica che espone il suo progetto politico: l'idea è che se la verità deve guidare il sapiente e il giusto nella formazione dei suoi concetti, tale verità deve avere necessariamente anche un carattere pratico.
Tutto questo discorso conduce inevitabilmente all'affermazione platonica che la filosofia e i filosofi devono guidare lo Stato: se lo Stato deve infatti rappresentare la verità, solo i filosofi che si rivolgono alla verità dell'Iperuranio e non all'opinione del mondo sensibile possono mettersi alla guida delle istituzioni, in quanto, conoscendo meglio di altri la verità, possono realizzare concretamente e al meglio i concetti della pura giustizia e del bene comune. La Repubblica platonica è considerato il primo esempio di utopia politica, tra gli lo scopi dello stato platonico vi è quello di avvicinare alla conoscenza della verità delle idee la comunità dei cittadini.
Quella che segue è la descrizione per sommi capi della struttura dello Stato proposta da Platone.
Nella Repubblica ideale verrà necessariamente tenuto conto della diversa natura di ciascun uomo, l'anima di ciascun uomo è infatti partecipata in diversa misura da diverse idee che ne determinano l'originalità caratteriale: esistono quindi uomini tendenzialmente agricoltori, altri artigiani, altri ancora guerrieri e altri filosofi. Nello Stato ideale ciascuna tendenza naturale verrà distinta e raggruppata in classi immutabili, poiché se la natura di ciascuna anima è immutabile, sarà immutabile anche l'appartenenza degli uomini a una certa classe.
Le classi che devono guidare lo Stato sono, nell'ordine, i filosofi (coloro che posseggono più degli altri la verità) e i guerrieri (i militari che agiranno da garanti del volere dei filosofi e da difensori dai nemici esterni). Queste due classi governeranno le classi inferiori costituite dagli artigiani e dai contadini, le classi produttrici dei beni necessari alla comunità. Le classi dominanti, tuttavia, non dovranno preoccuparsi solo del proprio bene, ma del bene comune, cosicché verranno abolite tutte quelle occasioni che potranno invogliare i reggenti alla cupidigia (prima fra tutte, verrà abolità la proprietà privata, quindi la famiglia, le donne verranno messe in comune e l'educazione dei figli sarà pianificata dallo Stato secondo le diverse inclinazioni dei ragazzi).
La famiglia deve essere abolita in quanto ostacolo all'interesse comune, i padri e le madri, per amore dei figli, agirebbero arbitrariamente in loro favore (sarà abolito così il nepotismo). In uno Stato in cui non vi sono più nuclei familiari, il compito di generare figli spetterebbe quindi alle donne liberate da ogni legame, esse genereranno figli abbinate casualmente e periodicamente a uomini diversi, i figli stessi saranno, appena nati, espropriati ai genitori e cresciuti dall'intera comunità. Essi non verranno a sapere da chi sono nati e chiameranno padre e madre ogni uomo e ogni donna della comunità.
L'educazione dei ragazzi seguirà tappe precise: ad essi, come al resto della comunità, verranno proibiti i contatti con l'arte e con la poesia, colpevoli di proporre imitazioni fuorvianti del mondo delle idee (gli artisti imitano il bello allontanando gli uomini dal vero concetto del bello) e di condurre gli animi all'eccessiva contemplazione delle forme sensibili. I ragazzi saranno educati allo sviluppo del corpo e dell'anima, attraverso le discipline militari e quelle musicali (musica era chiamata ogni disciplina avente per oggetto la crescita dello spirito). Essi saranno poi atrribuiti alle classi secondo le proprie inclinazioni naturali.
Lo Stato di Platone è un'aristocrazia, un dominio dei migliori (e i migliori sono i filosofi). Se, a prima vista, la Repubblica platonica sembra avere i tratti dispotici dello stato spartano, Platone ci ricorda che non è così, in quanto lo stato spartano è una "timocrazia", ovvero il dominio dell'ambizione. Tale dominio porta all'oligarchia, al dominio di pochi, per poi essere destinata ad entrare in crisi e sfociare naturalmente nella democrazia, l'abolizione dei privilegi degli oligarchi e il ritorno alla partecipazione dei cittadini. Infine, sempre secondo Platone, la democrazia tenderà alla tirannide, ovvero l'arbitrio assoluto di un solo reggente che deciderà senza alcuna idea di verità circa la vita e la libertà dei suoi sudditi. Lo Stato platonico differisce dalle altre forme storiche di stato perché in esso le regole istituzionali sono espressione della struttura autentica della realtà: tutto, nello Stato platonico, tende a realizzare la vita in conformità alla verità iperuranica, specchio della struttura stessa del cosmo. Dunque la libertà consiste nell'essere liberati dall'ignoranza e nella vita in conformità alla legge della verità.

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