MAMMA COME NASCE UN IDEA?
a cura DI D. PICCHIOTTI
Nel pensiero di Platone l’uomo costituisce un ponte fra il mondo sensibile e il Mondo delle Idee: l’anima dell’uomo, precipitata sulla Terra dal Mondo iperuranio, riacquista le ali grazie a Éros, e può tornare a contemplare la perfezione delle Idee. L’imperfezione del mondo sensibile giustifica la difficile e drammatica riconquista del Cielo da parte degli uomini; la perfezione delle Idee e del loro mondo non giustifica l’esistenza del mondo sensibile. Nel Timeo Platone spiega il “mito verosimile” del Demiurgo, la cui azione ordinatrice collega il Mondo delle Idee al mondo fisico, trasformandolo da materia informe in kósmos, anzi, in un “essere vivente”.
Quando e come nasce il pensiero? Ma con l’uomo stesso, naturalmente. Non appena l’uomo nasce automaticamente comincia a pensare, a consiederare, a giudicare. E’ la funzione naturaledella vita. La vita si muove, si pensa, pensa soprattutto se stessa, si vive e gioisce della propria esistenza. Quando la vita si pone in un mondo di materia - che è quello in cui viviamo - fa muovere le forme che quest’ultimo assume, le fa divenire, le rende apparentemente coscienti.
La filosofia occidentale fa risalire i primi tentativi di organizzare il pensiero in formulazioni precise interno al 600 a.c. Probabilmente questo sarà il caso qui in occidente, ma i primi scritti vedici risalgono a una data ben anteriore. Quando parliamo di Talete, quindi, non possiamo parlarne come del primo filosofo della storia. Il Maha-bharata risale a migliaia dianni prima di Talete, e ancora più antico è il Ramayana, ma erano queste scritture opere che trattavano di vera scienza e filosofia, oppure vanno relegate nel mondo del mito? Altra vecchia questione.
I libri di storia della filosofia sostengono che prima di Talete furono fatti tentativi di “filosofare”, e cioè di dare spiegazioni razionali ai fenomeni della vita, ma il loro tentativo dovrebbe essere paragonato a quello di un bambino che tenta di mettersi una cravatta. Tutto si è risolto, sostengono gli studiosi, in un cercare di risolvere un mistero con un altro mistero (vedi Esiodo). Ma è una tesi corretta, questa? La mitologia greca, ad esmepio, propone tesi che con ogni probabilità fanno capo a teorie preesistenti provenienti dall’oriente. Sarebbe sufficiente un breve lavoro di comparazione per vedere quante similitudini esistono con le scritture vediche, come i Purana o il Maha-bharata. Ci viene da domandarci se fra uno scopiazzamento e l’altro alcuni autori antichi non avessero commesso il solito errore di svuotare certe informazioni o storie dei loro contenuti, trasformandoli in infantili, per quanto artistici, racconti mitologici. Quando i Veda parlano di Indra - che nella mitologia greca corrisponde a Zeus - o di Agni - Vulcano - o di Varuna - Poseidone - ne parlano in un contesto così scientifico da far cambiare completamente senso alla cosa. In altre parole, ciò che per gli storici moderni erano mitologie, per i Veda sono storie e personaggi realmente accadute e vissuti. Mitologie, dunque? Simbolismi? Prodotti della fantasia di un poetico autore. Dipende. Dovremmo discriminare.
Ma la fantasia, che ruolo ha? Siamo sicuri di dare il giusto significato al termine? Fantasia è fantasmagoria, una forma inesistente colorata e abbellita dall’intelletto di un certo senso estetico. Dunque un uomo può accomunare l’informazione della montagna e dell’oro e sognare una montagna d’oro. Quest’ultima non esiste, ma la montagna sì, e anche l’oro. Ma non possiamo sognare o inventare una cosa totalmente inesistente; possiamo colorarla, abbellirla, aggiungere altre cose - e anch’esse devono essere esistenti -, ma non inventare di sana pianta. Quindi la fantasia, come creazione di una cosa dal nulla, non esiste. Il fatto è che dobbiamo imparare a scindere gli elementi che compongono una data cosa, una data descrizione, e porli ognuno nella giusta prospettiva e dimensione: isolarli per poterli esaminare, insomma, per poi magari rimetterli insieme dando un giudizio complessiva della loro composizione.
Si parla di mitologia, dunque; ma stiamo attenti a non commettere errori per troppa fretta: nei Veda ci sono molte “mitologie” che poi si sono rivelate realtà storiche o scientifiche.
Nel corso del tempo gli studiosi che hanno indagato nel pensiero antico hanno sviluppato un loro particolare metodo di suddivisione e di analisi. Per questioni pratiche ritengo che sia utile usare anche noi lo stesso metodo.
I primi pensieri organizati in modo da avere una struttura didattica precisa anche se magario semplice risalgono a circa 600 anni prima di Cristo. Questo periodo è chiamato periodo greco- romano, perchè appunto è acaratterizzato da filosofi greci (per la prima parte) e romani (per la seconda). Questo periodo va dal sesto secolo prima di Cristo fino al sesto secolo dopo Cristo.. Undici secoli, dunque. Tradizionalmente, questo periodo viene diviso in tre momenti, che sono i seguenti:
- periodo che precedette l’avvento di Socrate. I pensatori di quel periodo vengono chiamati presocratici e sofisti. Vedremo poi perchè questi sono considerati due gruppi separati. Questo periodo va dalla nascita di Talete, che si presuppone avvenuta intorno al 630 ac., fino al 450 ac. Durò quindi duecento anni circa.
- Il periodo della grande filosofia greca, che comprende i nomi più famosi: Socrate, Platone, Aristotele. Questo periodo va dal 450 fino alla morte di Aristotele, avvenuta nel 322 prima di Cristo. Circa 130 anni.
- Infine il periodo delle scuole di pensiero che fiorirono dopo Aristotele, pèer questo chiamate post-aristoteliche. Si va dalla morte di Aristotele fino al sesto secolo dopo Cristo. Si può anche fissare una data per la fine dell’affascinante pensiero classico: nel 529 Giustiniano fece chiudere le scuole filosofiche di Atene, segnando ufficialmente la fine del pensiero pagano e greco.
Se consideriamo bene questa divisione, vedremo che ha una certa logica non solo storica, ma anche concettuale. I filosofi di quei tempi erano uniti da metodi di ricerca o da conclusioni che talvolta si accostavano, altre volte divergevano, ma in sostanza avevano molto in comune. Ad esempio, alcuni di loro vedevano la causa della creazione nell’elemento acqua (Talete) e c’era chi dissentiva relegandolo invece all’elemento aria (Anassimene), mentre qualcuno già spaziava su livelli più concettuali e sottili (come Anassimandro), ma un filo comune li univa tutti: la natura che osserviamo è la causa di se stessa.
Come spesso è accaduto nel corso della storia, la filosofia, il pensiero non potevano non riflettere il mondo dove gli uomini vivevano. Quindi questi raggruppamenti filosofici non hanno solo un carattere sotrico (non sono soo accomunati solo dal fatto di essere vissuti nello stesso periodo) ma anche da altre forti somiglianze. Vediamole insieme.
I sistemi del primo periodo concordano in una caratteristica fondamentale: il monismo materialistico e panteistico. Fa eccezione, come vedremo, il solo sistema concepito da Pitagora, che si avvicina di più a quello partorito dalla poetica mente di Platone.
Cosa s’intende per monismo? Questo termine proviene dal greco monos, cioè uno. Quando un pensatore arriva alla conclusione che tutta la realtà dev’essere racchiusa in un unico elemento, è chiamato monista. Quando gli si contesta il fatto che la creazione non è “monos”, un blocco unico, ma è molteplice, diversificata, e che quindi la sua causa non può essere “unica” in qualità, egli ribadisce che i vari aspetti dell’universo nascono dal diverso e mutevole atteggiarsi dello stesso eleemnto primordiale. Ma entreremo nelle disquisizioni concettuali in seguito. Quindi per monismo materialistico s’intende quella dottrina che individua questo unico elemento nella materia. E panteismo cosa significa? Quando si ritiene la materia origine di tutto, questa acquista automaticamente i caratteri della divinità, ossia della causa prima di tutti gli enti: questo significa panteismo, cioè: l’origine di tutto, il dio inteso come entità e non come persona, è la materia tutta.
Vediamo ora i sistemi del secondo periodo,quello dei grandi filosofi. La caratteristica fondamentale nella quale essi concordano è la tesi opposta, e cioè il dualismo metafisico. Vediamo cos’è il dualismo. Dualismo, due, ha un sifgnificato evidente: l’origine di tutto non può essere un agente solo, bensì due, lo spirito e la materia, esistenti in ogni cosa che vediamo e sperimentiamo. C’è la vita e la morte, il movimento e l’inerzia, l’organico e l’inorganico. L’origine di tutto deve essere “duale” per poter spiegare le differenze che esistono nella realtà.
Per metafisico s’intende qualcosa che è oltre il mondo, cioè lo spirito, la trascendenza.
Nel terzo periodo invece i filosofi rifiutano ciò che veniva considerato un progresso e ritornano alla concezione del monismo materialisticxo, anche se cercano di presentarlo in una veste nuova. Le scuole più importanti, come vedremo, sono l’epicuriesmo, lo stoicismo, lo scetticismo e il neoplatonismo. Mentre le prime due scuole proclamano il ritorno all’indagine della natura maetriale e del trionfo della stessa, lo scetticismo dichiara l’impossibilità umana di raggiungere certezze di verità attraverso la filosofia, e cioè attraverso la propria intelligenza.
Il neoplatonismo inaugura invece una nuova forma di monismo, destinata a una grande fortuna nella storia della filosofia: il monismo spirtualistico e panteistico. Secondo questa dottrina l’elemento unico non è più la materia, ma lo spirito, che è identificato con Dio, quindi diventa panteistico. Secondo questa ipotesi Dio non è certo una persona, ma entità dispersa negli eleemnti spirituali.
A parte quindi il periodo d’oro della filosofia classica, caratterizzata dai tre giganti Socrate, PLatone e Aristotele, i caratteri essenziali del pensiero di quel tempo sono due:
1) la materia è la realtà, non esiste una trascendenza,
2) la materia è eterna, non soggetta al decadimento del tempo.
Nel prossimo articolo tratteremo degli affascinanti sistemi filosofici enunciati dai pensatori che precedettero Socrate e dai sofisti.
Ecco, in questo primo articolo ho voluto dare una panoramica di cosa s’intende per filosofia. Spero di essere stato chiaro. La filosofia (quella buona, s’intende, come per ogni cosa) allieta ed eleva l’animo umano, lo pone su un piano di nobiltà perchè mette in moto precise dinamiche interiori: il pensiero, la ricerca del vero, del buono, di ciò che è verità; la ricerca del sè, di cosa siamo noi, e delle cose tutte che sono al di là di noi stessi. Se poi arriveremo alla conclusione che l’esistenza non esiste, oppure che esiste solo ciò che sperimentiamo direttamente, oppure che oltre questo mondo di materia transiente e illusoria esiste un Dio trascendente, che egli sia mero concetto astratto, o energia, opersona senziente, almeno potremo dire di esserci arrivati nella giusta maniera (al di là della diquisizione di ciò che è giusto o sbagliato), e cioè attraverso la ricerca sincera.
QUESTA BELLISSIMA POESIA SCRITTA DA EMILIO COLLODEL ERA GIA NATA CON LUI.
I FIORI DI EMILIO
I fiori sono come le persone,
nascono, crescono
e poi arriva il giorno di morire.
Il loro corpo è debole e sottile
ma danno una gioia immensa,
un fiore può dire
anche amicizia, anche odio,
ma un fiore rimane sempre un fiore
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