domenica 4 maggio 2008

Storia della prostituzione

RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI

La prostituzione in età classica 

Gli antichi spiegavano la nascita e l'esistenza della prostituzione sacra con un racconto mitico che narra di una vendetta: al tempo in cui la Lidia viveva anni di pace e prosperità, nacque tra gli uomini l'idea di disonorare delle donne straniere. Tra esse c'era Onfale, futura regina delle Amazzoni. Costei non si perse d'animo e attaccò la Lidia col suo esercito, sconfiggendo la nazione. Per vendicarsi, costrinse le figlie dei Lidi a prostituirsi nel luogo stesso in cui questi avevano violentato le donne straniere (Ateneo: 50,13).

Probabilmente, si tratta di una “spiegazione” artefatta ideata per andare incontro all'abito mentale dei greci dei tempi cosiddetti classici (di vero vi è sicuramente l'uso tra i fallocrati di disonorare le donne straniere, ndr). In realtà, la cerimonia ieropornica costituisce l'eco di più antichi rituali rigenerativi, in cui la donna-sacerdotessa era vista congiungersi anche con figure zoomorfiche, come nell'antica Creta, dove l'accoppiamento fra donne e minotauri non aveva nulla di sorprendente, si pensi a Pasifae (la sorella della maga Circe che concepì il Minotauro dopo l'accoppiamento con un toro, ndr). 

L'effettiva unione sessuale tra la donna e l'animale era puramente simbolica: essa si presentava nuda di fronte al toro e tutto finiva lì. Alla base della pratica rituale doveva esserci senz'altro un significato magico-religioso. Solo in seguito a bieche letture materialiste e pseudo-storiche del simbolismo si potè assistere ad effettivi accoppiamenti, cosa che risulta storicamente dalle severe proibizioni che alcuni popoli antichi prevedevano nei confronti della zoofilia.

“Non vi sia prostituta fra le figlie d'Israele, né vi sia prostituto tra i figli d'Israele. Non portare mercede di meretrice o prezzo di cinedo nella casa del Signore, tuo Dio, per alcun voto, perchè ambedue sono in abominio al Signore, tuo Dio” (Deuteronomio 23,18-19). Tra i Cananei della Palestina, la prostituzione sacra era un rito di fecondità indispensabile e correntemente praticata fuori degli stessi templi, nelle campagne per esempio, come pratica di supporto per la buona riuscita degli innesti delle piante da frutto. Solo con la formazione del popolo d'Israele la pratica venne proibita. 

Erodoto (Storie: 1,199), ci informa dettagliatamente su com'era, esteriormente, la prostituzione sacra a Babilonia: “D'altro canto, la più riprovevole delle abitudini che ci sono fra i Babilonesi è questa. È obbligo che ogni donna del paese, una volta durante la vita, postasi nel recinto sacro ad Afrodite, si unisca con uno straniero. Molte che disdegnano di andare mescolate alle altre, in quanto orgogliose della loro ricchezza, si fanno condurre al tempio da una pariglia su un carro coperto, e là se ne stanno, avendo dietro di sè numerosa servitù. Per lo più il rito si svolge così: se ne stanno le donne sedute nel sacro recinto di Afrodite con una corona di corda intorno al capo: sono in gran numero, perché mentre alcune sopraggiungono altre se ne vanno; tra le donne si aprono dei passaggi, delimitati da corde e rivolti in tutte le direzioni, per i quali si aggirano i forestieri e fanno la loro scelta. Quando una donna si asside in quel posto, non torna più a casa se prima un qualche straniero, dopo averle gettato del denaro sulle ginocchia, non si sia a lei congiunto all'interno del tempio. Nell'atto di gettare il denaro, egli deve pronunciare questa frase: 'Invoco per te la dea Militta '” (Militta o Mylitta è il nome che gli assiri-babilonesi davano ad Afrodite, equivalente greca di Ishtar-Astarte).

A Babilonia, dunque, tutte le donne, ricche o povere, avevano il dovere, una volta nella loro vita, di sottoporsi all'abbraccio di uno straniero nel tempio di Mylitta e dedicare alla dea i denari guadagnati con la sacra prostituzione. Il “sacro recinto” era affollato dalle donne che attendevano di compiere il rito. A Eliopoli, o Baalbek, in Siria, famosa per i suoi giganteschi templi, ogni vergine doveva, secondo l'uso, prostituirsi a uno straniero nel tempio di Astarte (fu l'imperatore Costantino convertito al Cattolicesimo, ad abolire il culto, distruggere il tempio e a costruire sulle sue rovine una chiesa). 

La quantità di denaro poteva variare. Non c'era da temere che la donna lo rifiutasse: non le era permesso, perché quel denaro diventava “sacro”: le ierodule seguivano il primo che glielo gettava e non rifiutavano nessuno. Dopo essersi data, fatto il sacrificio espiatorio alla dea, la ierodula se ne tornava a casa, e da quel momento nessuno poteva offrire mai tanto da poterla avere di nuovo. Le donne dotate di un bel viso e di una figura slanciata se ne tornavano presto. Quelle, invece, più brutte, rimanevano lungo tempo senza poter soddisfare la prescrizione di legge; alcune aspettavano anche tre o quattro anni. L'attesa di tre o quattro anni era dovuta al fatto che la porneia avveniva solo in alcuni giorni dell'anno. 

A Biblo, al tempo dell'annuale lutto di Adone, la gente si rasava la testa e le donne che rifiutavano di sacrificare i loro capelli dovevano darsi a degli stranieri in un giorno determinato e il denaro che guadagnavano veniva consacrato alla dea. Una iscrizione greca trovata a Tralles, in Lidia, attesta che la pratica della prostituzione religiosa durò sino al secolo II della nostra era. In Armenia, le più nobili famiglie dedicavano le loro figlie al servizio della dea Anaitis nel suo tempio di Acilisena, dove le vergini, prima del matrimonio, si prostituivano per un lungo periodo. 

A Comana, nel Ponto, un gran numero di prostitute sacre rendeva i suoi servigi alla dea: uomini e donne accorrevano in folla da tutte le città vicine per assistere alle feste biennali nel santuario e sciogliere i loro voti alla dea. Nella Grecia continentale, la prostituzione sacra ebbe lunga vita nella città portuale di Corinto, grazie ai fitti scambi commerciali intrattenuti con le città del mediterraneo orientale, dove era accettata senza scandalo. Qui sopravvisse fino al 146 a.c., quando i Romani distrussero la città. 

Altri luoghi famosi furono Paphos, a Cipro, il monte Erice in Sicilia e Locri in Italia. A Corinto, a detta di Strabone, c'erano più di mille ierodule che ospitavano i pellegrini che dalla città e dal Peloponneso si recavano ad Atene. Il santuario di Afrodite era infatti situato sull'Acrocorinto, un'altura strategica per il passaggio dei traffici di terra. Per dare un'idea del buon nome e della notorietà di quel tempio, basti citare il fatto che il corinzio Xenofonte, vincitore delle olimpiadi del 464 a.c., donò al tempio cinquanta schiave per ringraziare Afrodite della vittoria. Pindaro, scrivendo la 5ª Olimpica, parla di Afrodite (e del suo tempio) come di colei “che permette alle giovani donne ospitali di far cogliere senza affanno sul loro amabile letto il frutto della loro tenera giovinezza”. 

Anche in Sicilia, sul monte Erice, si esercitava la “porneusis sacra”; quegli stessi romani che, per motivi militari, avevano raso al suolo Corinto, rispettavano invece l'istituzione templare sacra a Venere Ericina. “In Grecia, la prostituzione rimase a lungo legata al sacro. Le prostitute che partecipavano ai culti erano venerate al pari delle dee. Contribuivano al rafforzamento delle credenze, al rispetto degli Dei, a volte anche alla prosperità delle città grazie ai doni che le venivano fatti” (Violaine Vanoyeke, “La Prostitution en Grèce et à Rame”, Paris 1990). 

Ad esse ci si rivolgeva con rispetto per avere delle preghiere e dei sacrifici in aiuto ad imprese politiche e militari, come in occasione delle guerre persiane contro il re Serse. Quando la battaglia arrise ai Greci, le ierodule di Corinto vennero onorate come dee; si eressero statue ed ex voto in loro onore, i loro nomi furono scolpiti in un'epigrafe posta nel tempio assieme a un'epigramma che gli dedicò il poeta Simonide. Più di duecento anni dopo la distruzione del tempio di Corinto, i cristiani eressero sul posto una chiesa. San Paolo, nella Lettera ai Corinzi, li rimprovera per averlo fatto su dei luoghi... infami.

Sacerdotesse o semplici ierodule che fossero, le ministre di Afrodite erano rispettate in tutta la Grecia certamente di più di quanto non lo fossero le donne normali. Non c'era festa o cerimonia ove non fosse reclamata la loro presenza. Avevano posti riservati nei teatri assieme alle più alte cariche della magistratura. 

Ad Atene, le prostitute frequentavano assiduamente i sommi filosofi. Pare che Epicuro impartisse i suoi insegnamenti ad almeno sei “cortigiane”. Aristotele ebbe un figlio da una di queste, Erpillide. Il famoso libro di Aristotele “Etica Nicomachea”, così spesso commentato da arcigni quanto severi professori, era dedicato appunto a questo figlio: Nicomaco. Spesso Socrate interrompeva volentieri i propri discorsi per andare a contemplare le grazie di Teodotea. Nei banchetti, i filosofi erano soliti circondarsi di queste cortigiane.

Alle ierodule erano in particolar modo consacrate le feste Afrodisie e le Adonie. A Roma, le Floralia, e una delle due Vinalia, feste orgiastiche cui concorrevano le ierodule con la nudità rituale, retaggio degli antichi riti agrari a sfondo magico-sessuale. “La prostituzione non è in questo caso che un mezzo per favorire la fecondità. Con l'eccitazione sessuale, si stimola la fertilità generale” (Cit. supra). 

Le prostitute sacre ormai esercitavano la “porneia” allo scopo di mettere da parte la dote necessaria per sposarsi. La “porneusis”, come anche veniva chiamata, era conosciuta pure per la sua virtualità pre-pro-nuziale. Strabone (Geografia: 11,14,16) riferisce di un tempio in cui si consacravano non solo ragazzi e ragazze di condizione servile ma anche le figlie vergini dei cittadini più abbienti e rispettabili. Giunto il momento del matrimonio, nessun uomo considerava sconveniente la possibilità di maritarsi con una di loro... DI iAlessio Mannucci

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