sabato 17 maggio 2008

Fantasia e immaginazione. Tracce di un percorso semantico

RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI

Il termine ‘immaginazione’ entra a far parte del lessico filosofico fin dagli inizi della storia
del pensiero filosofico occidentale e designa una capacità di cui si è contin uato sempre a discutere,
considerandola per lo più come la marca peculiare della facoltà umana di oltrepassare la mera
presenzialità delle cose e degli eventi che si prestano alla nostra esperienza. La definizione
aristotelica dell’immaginazione, che troviamo nel De Anima, ha segnato la doppia valenza filosofica
di questo termine, vale a dire la teorizzazione della facoltà dell’immaginazione come facoltà legata
ai sensi, da un lato, e all’intelletto dall’altro. Su questo doppio binario logico-semantico, il pensiero
occidentale ha fatto scorrere una molteplicità di approcci alla questione, assegnandole uno spazio
teoretico di grande importanza sul piano della teoria della conoscenza oltre che su quello più
specifico della teoria dell’arte. Secondo la definizi one di Aristotele, l’immaginazione è infatti «la
facoltà di trattenere l’immagine di cose sensibili o intelligibili assenti» e fa parte della costituzione
stessa dell’anima, la quale è appunto formata da «senso, immaginazione e intelletto».
D’altra parte, se già Platone aveva posto il problema di distinguere un’immagine da una
percezione sensibile oppure da un’idea, Aristotele suggeriva l’aspetto soggettivo, individuale,
dell’immaginare, laddove affermava che l’arte è la «produzione di cose che possono sia esserci sia
non esserci e di cui il principio è in chi crea e non in ciò che è creato». In quanto tale, l’attività
artistica non ha, secondo Aristotele, capacità conoscitiva né fondamento oggettivo ( Etica a
Nicomaco). Come è noto, questa affermazione ratificava la differenza tra filosofia ed arte come
differenza tra sfera razionale e sfera affettiva, tra ragionare e sentire, ovvero come differenza di
linguaggi corrispondente ad una differenza contenutistica e metodologica per quanto riguarda
l’esigenza umana di accedere alla verità: vi sarebbe, insomma, una eterogeneità o persino una sorta
di inimicizia tra il contenuto veritativo del linguaggio filosofico e dell’attività sistematica della
conoscenza razionale e il contenuto emozionale del linguaggio dell e arti.
Ma proprio in questa luce, il concetto di immaginazione cominciava a mostrarsi come un
concetto profondamente ambiguo, e cioè come l’ indicazione sia di una componente essenziale della
costituzione umana, strettamente intrecciata tanto alla dimensione sensoriale quanto a quella
intellettuale, sia di una intrinseca possibilità di travalicarle entrambe ‘liberamente’, ossia secondo
percorsi autonomi e imprevisti. In quest’ultima accezione, immaginazione e fantasia diventano
quasi sinonimi, sfumano l’una nell’altra, e alludono nel complesso all’ambiguità stessa della nostra
capacità di pensare, al nostro grande eppure rischioso potere di allontanarci da ciò che è stato e da
ciò che è.
Sovviene in proposito la ‘somiglianza di famiglia’, per usare un’espressione
wittgensteiniana, tra immaginazione, fantasia e utopia, termini che, pur non essendo pienamente
interscambiabili, si attagliano bene all’ambiguità strutturale di quelle costruzioni letterarie e
filosofiche che sono volte a scardinare la realtà esi stente e, a tal fine, prefigurano condizioni di
diversità che stanno fuori dal tempo e dallo spazio delle esperienze pregresse ma che, tuttavia,
invitano a mettere in atto, con gli inevitabili rischi del caso. Per altro verso, sarebbe interessante
ripercorrere, ad esempio, le pagine di Grammatica della fantasia di Gianni Rodari, per vedere come
immaginazione e fantasia siano da intendersi ben al di là dell’assimilazione ad espressioni negative
quali ‘fantasticheria’ o ‘evasione dalla realtà’ e, anzi, debbano costituire un punto di forza
dell’educazione, fin dai suoi gradi primari. Possiamo infatti dire con Gianni Rodari che
l’incentivazione di queste capacità nell’età infantile è il presupposto del dinamismo complessivo
della vita culturale, poiché come egli stesso afferma «Occorre una grande fantasia, una forte
immaginazione per essere un grande scienziato, per immaginare cose che non esistono ancora, per
immaginare un mondo migliore di quello in cui viviamo e mettersi a lavorare per costruirlo. di Rosa Maria Calcaterra

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