martedì 5 febbraio 2008

"Filosofia dell'arte, libertà e necessità" Di Schelling:

RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI

L'arte coglie ed esprime immediatamente l'Assoluto, l'identità che è il principio costitutivo di tutto ciò ch'esiste; essa è pertanto L'arte, o l'organo, lo strumento della filosofia, che quell'identità descrive e della filosofia spiega mediatamente, col ragionamento.
L'arte è l'unico vero ed eterno organo e documento insieme della filosofia, il quale sempre e con novità incessante attesta quel che la filosofia non può rappresentare esternamente, cioè l'inconscio nell'operare e nel produrre, e la sua originaria identità col cosciente. Appunto perciò l'arte è per il filosofo quanto vi ha di piú alto, perché essa gli apre quasi il santuario, dove in eterna ed originaria unione arde come in una fiamma quello che nella natura e nella storia è separato, e quello che nella vita e nell'azione, come nel pensiero, deve fuggire sé eternamente.
La veduta, che in modo riflesso si fa della natura il filosofo, è per l'arte la originaria e naturale. Ciò che noi chiamiamo natura è un poema chiuso in caratteri misteriosi e mirabili. Ma se l'enigma si potesse svelare noi vi conosceremmo l'odissea dello spirito, il quale, per mirabile illusione cercando se stesso, fugge se stesso; poiché si mostra attraverso il mondo sensibile solo come il senso attraverso le parole, solo come, attraverso una nebbia sottile, quella terra della fantasia, alla quale miriamo. Ogni splendido quadro nasce quasi per il fatto che si toglie quella muraglia invisibile che divide il mondo reale dall'Ideale, e non è se non l'apertura, attraverso la quale appaiono nel loro pieno rilievo le forme e le regioni di quel mondo della fantasia, il quale traluce solo imperfettamente attraverso quello reale. La natura per l'artista è non piú di quello che è per il filosofo, cioè solo il mondo ideale che apparisce tra continue limitazioni, o solo il riflesso imperfetto di un mondo, che esiste, non fuori di lui, ma in lui.
(Sistema dell'idealismo trascendentale)
Sia l'arte che la filosofia, dunque, eliminano quella separazione tra mondo del pensiero e realtà sensibile, tra ciò che appartiene al soggetto e ciò che appartiene all'oggetto. Ognuna coglie nei propri modi quell'identità assoluta, sia nell'attività del soggetto che nella realtà oggettiva. Infatti l'uomo - sia esso artista o filosofo - è quell'identità che nel mondo naturale è ancora incosciente ma tende progressivamente alla coscienza, e che in lui- che è l'apice di quel mondo naturale - è giunta al compimento della coscienza. Inoltre l'artista, nel suo prodotto, «crea» una «materia vivente», spiritualizzata, permeata di ideale; e ciò egli fa in quanto «vede» la natura come materia vivente. Il filosofo, poi, che ha tesaurizzato l'esperienza artistica, «mostra» che la natura e l'uomo sono «materia vivente»; porta a livello di linguaggio «logico» la coincidenza «ontologica» di natura e spirito, di ideale e reale.
Tutto quello che, rispetto a quest'assoluto, è l'ideale, è pure immediatamente reale; e quel che è reale, è ideale nel tempo stesso.
(Bruno o del principio naturale e divino delle cose)
Se è vero, però, che l'Assoluto - principio del reale - vien dall'artista obiettivato, prodotto, espresso, rivelato nella sua opera, è pur vero che ciò non sarebbe possibile se l'artista stesso non vivesse in sé, nell'atto stesso del «creare», quell'Assoluto. Infatti c'è identità dl conscio e inconscio sia nel produrre che nel prodotto. L'artista crea In virtù di una forza che sfugge alla sua riflessione; non è da questa generata, sollecitata, determinata. Questa forza lo ispira e lo trascina - quasi contro la sua volontà - ad esprimere cose che la sua intelligenza consapevole non riesce a comprendere. Questa ispirazione, poi, viene tradotta, consapevolmente (cioè in virtù della conoscenza anche delle tecniche di produzione artistica), in opera d'arte. Sicché l'operare dell'artista nasce dall'unione di conscio e inconscio, volontario e involontario.
Già da molto tempo è stato compreso che non tutto nell'arte si può Compiere con la coscienza, che all'attività cosciente deve essere unita una forza incosciente, e che la perfetta unione e la reciproca compenetrazione di entrambe produce il vertice dell'arte.
(Le arti figurative e la natura)
Solo quando nasce da «questa forza creatrice» che è «un puro dono della Natura», l'opera - esprimendo nelle forme limitate, determinate, della materia, un ideale - testimonia che l'ideale si fa reale, e il reale si fa ideale. E se il reale costituisce la forma finita, e l'ideale l'elemento infinitamente riproducibile in infinite forme e con infinite variazioni, allora in quell'opera l'infinito diventa finito e il finito infinito. E se l'opera esprime, con l'ideale, la libera creazione dell'artista che prende consistenza nella materia, dominata dalla legge della necessità, allora essa costituisce l'unione inscindibile di libertà e necessità.
Nell'ambito del sistema schellinghiano, l'Assoluto significava pure identità di libertà e necessità. Se ne ricava perciò che l'uomo, in quanto manifestazione dell'Assoluto, in quanto identità di spirito - libero - e natura - necessitata - è da considerarsi libero, sí, ma non in senso totale, cioè non al punto di riuscire a superare le sue determinazioni empiriche (il suo corpo, il tempo e lo spazio, etc). Dice Schelling: se rifletto solo sull'attività oggettiva come tale, nell'io vi è soltanto la necessità naturale; se rifletto solo sull'attività soggettiva, nell'io vi è soltanto l'assoluto volere, che per sua natura non ha per oggetto se non l'autodeterminazione di sé; ma se rifletto sull'attività che va al di là dell'una e dell'altra e che determina insieme quella soggettiva e quella oggettiva, nell'io c'è arbitrio e con esso libertà di volere.
Essere liberi perciò non è altro che l'esercizio della volontà libera nell'ambito delle condizioni determinate in cui l'uomo si muove. Ma l'uomo vive ed agisce nella storia; è qui che si esercita la sua libertà. Tuttavia, se consideriamo la storia come una totalità, in essa è possibile scorgere quello stesso sviluppo organico e progressivo che è constatabile nella natura. Allora c'è un ordine nella storia come c'è un ordine nella natura, perché storia e natura sono entrambe il campo della manifestazione dell'Assoluto. C'è quindi un disegno intelligente nella storia come c'è nella natura Tale «disegno», che si snoda nel tempo, si attua attraverso l'azione del singolo; ma l'azione libera dell'individuo si trova all'interno del «disegno» storico; e se questo «disegno» si attua secondo una legge necessaria, allora la libertà dell'individuo coincide con la necessità della stona.
La libertà dev'essere necessità, la necessità dev'essere libertà. Ora la necessità in opposizione alla libertà non è altro che l'inconscio. Ciò che in me è inconscio, è involontario; ciò che è con coscienza, è in me opera del mio volere. Nella libertà deve ritrovarsi la necessità, significa dunque che per mezzo della libertà stessa, e mentre io credo di operare liberamente deve nascere in maniera inconscia, cioè senza la mia cooperazione, ciò che non mi proponevo.
(Sistema dell'idealismo trascendentale)
Dunque, la storia, che è l'area in cui si esercita la libertà umana, come «disegno» totale non è il prodotto consapevole della libera attività dell'individuo. Essa deve attuarsi secondo leggi, attraverso le azioni libere degli uomini.

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