lunedì 11 febbraio 2008

"LA MUSICA DEI COLORI" ROBERT DE NIRO (SENIOR)

RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI

“In ogni suo dipinto, dalla più semplice delle nature morte alle vaste composizioni, è possibile percepire sempre il ritornello di una canzone romantica, una canzone che allora non era solamente francese ma europea, e che era in grado di passare di paese in paese, di razza in razza. Era la musica della sera, molto delicata. Era il lamento dei barbatouli nel diciannovesimo secolo; era la loro consolazione”.
[de chirico su courbet]
“Personalmente ritengo che nulla possa essere più astratto, più irreale, di quello che realmente vediamo. Siamo consapevoli del fatto che… il mondo oggettivo… in realtà non esiste mai nella maniera in cui lo vediamo e comprendiamo… non ha un proprio significato intrinseco, ma il significato che noi gli attribuiamo”.
[morandi]
Robert De Niro, Sr. (1922-1993) dipingeva la realtà in maniera astratta. Trasformava l’ambiente, il paesaggio e le persone che amava in forme e figure dai colori vivaci e brillanti. Utilizzava linea e colore per comporre in maniera melodica, come un cantante. Non eseguiva mai una rappresentazione pedissequa della realtà e nei suoi dipinti non indugiava eccessivamente nei dettagli, ma al contrario utilizzava un approccio rapido e vigoroso, ad esempio traducendo una figura seduta su una sedia con sagome di colore, realizzando la propria rete di segni per rappresentare quello che osservava. In vita, De Niro ha ricevuto riconoscimenti dai più importanti critici del suo tempo, scrittori come Clement Greenberg, Fairfield Porter e Frank O’Hara hanno apprezzato le sue opere nella fase iniziale della sua carriera. I suoi lavori sono stati esposti presso alcune delle più prestigiose gallerie di New York. Tuttavia a causa delle vicissitudini della moda artistica è solo adesso, con la pubblicazione della prima monografia delle sue opere e le mostre nei musei e nelle gallerie di tutto il mondo, che la sua produzione può essere apprezzata come merita dal grande pubblico.
De Niro nasce nello Stato di New York, Syracuse da padre italiano e madre irlandese e cresce assorbendo le culture dei genitori. Sin da giovanissimo si rivela un prodigio artistico. All’età di tredici o quattordici anni segue un corso d’arte per bambini presso il museo di Syracuse e in riconoscimento delle sue capacità gli viene offerto all’interno del museo uno spazio da utilizzare come studio dove dipingere dopo la scuola.
All’età di diciassette anni frequenta durante l’estate la scuola di Hans Hofmann sulla costa a Provincetown, Massachusetts. Ancora adolescente trova nella scuola di Hofmann una comunità di giovani artisti dediti ad esplorare il linguaggio della pittura. Il pittore tedesco Hans Hofmann (1880-1966), che prima aveva insegnato a Monaco e successivamente aveva diretto due scuole d’arte a Provincetown e a New York nel Greenwich Village, ha esercitato una notevole influenza su una generazione di artisti americani emergenti durante la stagione d’oro dell’espressionismo astratto. Tra i suoi studenti vi furono Louise Nevelson, Lee Krasner, Allan Kapprow, Larry Rivers, Elaine de Kooning e Marisol, insieme ad altri artisti che sarebbero stati molto vicini a De Niro, tra i quali ricordiamo Albert Kresch, Paul Resika, Jane Frielicher, Anne Tabachnick e Nell Blaine.
Hofmann non mostrava mai i suoi dipinti agli studenti e questi ultimi invece di apprendere per emulazione, erano costretti ad interpretare i suoi discorsi su come impiegare le superfici piane per dare forma allo spazio, utilizzare il colore per attivare la superficie (con il famoso modo di dire di Hofmann “push and pull”) e creare un’unità ritmica nella composizione. Frequentando i corsi di Hofmann, De Niro incontra la futura moglie Virginia Admiral. Entrambi sono considerati tra gli studenti più dotati di Hofmann. Si sposano nel 1942 e un anno dopo nasce il figlio Robert Jr.
Dopo aver frequentato la scuola di Hofmann, De Niro lavora per la Baronessa Hilla Rebay presso il Museo dell’arte non-oggettiva (che successivamente sarebbe diventato il Guggenheim Museum). Nel 1946 espone per la prima volta le sue opere presso la Galleria Art of the Century di Peggy Guggenheim. Dal 1951 al 1955 ebbe tre personali da Charles Egan che esponeva le opere degli artisti più all’avanguardia del periodo, tra i quali Willem De Kooning, Franz Kline e Philipp Guston. per il resto della sua vita De Niro continua ad esporre presso le più importanti gallerie di New York. Dopo una breve iniziale passione per la pittura astratta, agli inizi degli anni ’50 trova il proprio stile di pittura, che continua a sviluppare per i successivi quarant’anni. I dipinti della metà degli anni ’50 (cat. 1) mostrano il suo interesse per Rouault e, risalendo da lui, all’arte bizantina e all’umanità profonda di Cimabue.
La carriera di De Niro come artista è stata costante ma mai facile. Durante gli anni ’60 e ’70, il mondo artistico di New York viene sottoposto a diverse influenze: dall’astrazione “colorfield“ al pop, al minimalismo, al concettualismo. De Niro continua a seguire il proprio percorso sviluppando un nuovo approccio alle tradizioni della pittura europea per la rappresentazione della realtà. In un catalogo di museo del 1981, Andree Workman-Marechal scrive “De Niro è uno dei pittori più franchi della sua generazione. Deplorando l’insaziabile richiesta di novità e pseudo-originalità che avevano tormentato i suoi contemporanei… egli ritiene che in arte la maturità si raggiunga facendo tesoro degli insegnamenti del passato”. Andree Workman-Marechal cita De Niro:
“André Gide ha scritto nel suo diario che, persino allora, quando la moda per la novità non aveva ancora raggiunto le attuali proporzioni, era già un eccesso di preoccupazione per un tipo di originalità non autentica, che Racine stava solo “cercando di imitare i greci”. Gide intendeva dire che Racine con questo auto-annullamento raggiungeva la vera originalità.
De Niro, grazie alla sua devozione per l’arte del passato, è riuscito nel suo linguaggio a far proprie le strutture pittoriche dei maestri che amava (come nella sua riproduzione molto libera della “Crocifissione” del Mantegna del Louvre, o le sue interpretazioni libere dei lavori di Delacroix e Ingres). Senza dubbio possedeva un linguaggio personale. Ci rendiamo subito conto, osservando un’opera, se si tratta di un De Niro.
Thomas Hess, direttore della rivista d’arte americana Art News, recensendo la prima mostra di De Niro all’Egan Gallery ha scritto: “È possibile percepire una sensibilità diversa… De Niro riesce a mantenere vivo ogni centimetro della tela disseminando preziosi tocchi di colore su figure, fiori e paesaggi che sono grossolanamente resi senza indugiare troppo nei particolari…”
De Niro è vissuto e ha lavorato sia in Francia che a San Francisco, ma come Des Esseintes – il personaggio descritto da Huysmans in “Au Rebours” che si era costruito una stanza speciale e si circondava di opere d’arte “che erano in grado di trasportarlo in un mondo non familiare” – De Niro riusciva ad immaginare il mondo senza uscire dallo studio. Dipinse numerose scene di donne marocchine prendendo ispirazione da una fotocopia sbiadita di una fotografia scattata durante un viaggio, e rese omaggio a Greta Garbo in una serie di stampe, disegni e dipinti raffigurandola nel ruolo di “Anne Christie”. Il critico Larry Campbell ha scritto che “per buona parte del giorno Robert De Niro staccava il telefono e si isolava dal resto del mondo. Se è mai esistito un pittore solitario, senza alcun dubbio De Niro lo è. Lavora tutto il tempo. Il mondo della sua arte è costituito da due ampie stanze… Ovunque il visitatore volga lo sguardo è in grado di riconoscere le cose che De Niro rappresenta nei suoi dipinti”. Le fotografie di Greta Garbo o delle donne marocchine utilizzate da De Niro sono gli oggetti della sua devozione, che come la poltroncina da camera da letto vittoriana, lo specchio, la custodia della chitarra e le altre cose presenti nello studio, sono raffigurati nei suoi dipinti.
Cambell in maniera molto acuta osserva che De Niro è “sia un realista che un tipo di pittore astratto. La ragione per cui penso a lui come pittore astratto è che riduce ogni cosa all’essenziale. Naturalmente è anche un romantico irrefrenabile. Può amare l’arte definita classica, ma lo fa nel modo in cui Stendahl pensava al classicismo – ovvero in maniera romantica”.
A Londra nel 1955 Renato Guttuso ha affrontato con il pittore inglese astratto Patrick Heron il dibattito sul conflitto tra realismo e astrazione. Forse Robert De Niro Sr. ha trovato la sintesi dialettica del loro dibattito, un terzo approccio alla dicotomia tra astrazione e rappresentazione. In Nudes against a Yellow Background (cat. 11), le figure e i mobili sono forme grigie che emergono da uno sfondo giallo. In Girl in Red (cat. 4) l’intensità dell’immagine deriva dalla combinazione del tratto rapido di De Niro per una figura femminile seduta, e il virtuoso intrecciarsi di pennellate leggere per rendere lo spazio interno. Come ha scritto il poeta Frank O’Hara della scuola di New York, i dipinti di De Niro “non hanno nulla a che fare con quello che l’occhio vede al di fuori dell’immagine. Assumono il controllo della vista per il tempo che gli viene concesso”. De Niro ha affermato che desiderava “creare un dramma ordinato, un equilibrio ed una serenità derivanti dalla risoluzione di un contrasto: l’opposizione delle superfici del colore”.
Ora a Roma con la mostra alla galleria Benucci, avremo la possibilità di vivere l’esperienza del suo “dramma ordinato” e i dipinti di De Niro potranno finalmente conquistare la visibilità che meritano nel mondo dell’arte, nell’ambiente di Michelangelo, Da Vinci, Raffaello e Caravaggio…. Se solo De Niro potesse vedere questa meravigliosa presentazione.
Steven Harvey

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