mercoledì 23 gennaio 2008

Antica città di Argo

RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI

Attualmente, sull'antica città di Argo è sorto il centro moderno, dallo stile orientalizzante e di non particolare interesse estetico; il clima, invece, è rimasto quello dell'antichità, arido, caldo, con l'aria carica di polvere, tanto da giustificare pienamente l'appellativo omerico di «Argo sitibonda» (Iliade, IV, 171), con cui il poeta la definí per bocca di Agamennone. Al contrario, quando, nel II secolo d.C., Pausania percorreva l'Argolide alla ricerca delle antiche glorie dell'Ellade, ancora leggibili nelle sue «superbe ruine», sopravvissute all'opera del tempo e alle spoliazioni degli eserciti conquistatori, Argo, la città di Diomede, era tuttora un centro importante, tanto ricco di memorie mitiche, storiche, letterarie e artistiche da indurre l'attento periegeta a dedicarle un'ampia descrizione (Periegesis, II, 17-24) fitta di notizie sui piú vari argomenti. Allora, il percorso piú agevole per giungere ad Argo era (ed è tutt'oggi) una strada di quindici stadi (attualmente, quindici chilometri) che partiva da Micene. Ogni pietra di questo cammino rappresentava una testimonianza famosa; all'inizio, sul lato destro della strada, si trovava la «tomba» con annesso santuario, di Perseo, l'eroe discendente dai piú antichi re di Argo, figlio di Zeus e di Danae, uccisore della Gorgone Medusa. Sono sufficienti queste poche parole per richiamare alla nostra mente le fosche vicende della stirpe dei Tantalidi, da cui discendevano sia Tieste che Atreo (padre, quest'ultimo, di Agamennone e Menelao), eternate nell'Olimpica I di Pindaro, nell'Orestea di Eschilo, ma anche nei cupi drammi latini di Accio e di Seneca, per non citare che gli esempi maggiori. Poco lontano da queste reliquie sorgeva l'Heraion, il santuario di Hera, costruito lungo un fiume chiamato «acqua della libertà», a cui si attingeva per le cerimonie di purificazione del tempio. Argo era infatti un antichissimo centro del culto di Hera e una delle città piú amate dalla dea, tanto che ella si gloriava dell'appellativo di «Argiva»; il tempio ricordato da Pausania era quello costruito nel V secolo a.C. dall'architetto Eupolemo, sulle vestigia di un edificio risalente all'VIII-VII secolo a.C., distrutto in un incendio nel 432 a.C., poiché la custode del tempio, la sacerdotessa Criseide, vinta dal sonno, aveva lasciato cadere una lampada accesa. Il campo di scavi tuttora aperto in questa zona, come quelli attivi nei pressi dell'agorà e del teatro, rappresenta attualmente il luogo di maggior interesse archeologico della città. Tuttavia, lo stesso luogo, prima ancora della costruzione del santuario risalente all'VIII secolo, era già sacro culto di Hera; secondo la tradizione, i condottieri achei si riunirono qui per prestare giuramento di fedeltà ad Agamennone, prima di partire per l'impresa troiana. Non lontano dall'Heraion Pausania ebbe modo di vedere le testimonianze di un'altra importante impresa di guerra: la statua di Polinice e quelle degli altri condottieri argivi, immortalati da Eschilo nel suo "dramma pieno di Ares": i Sette a Tebe. Ciò forni al nostro autore lo spunto per un'interessante precisazione, che evidenzia quale autorità esercitassero i poeti tragici sulla cultura del loro tempo. Nello stesso luogo erano visibili anche le statue di Diomede e del suo auriga Stenelo; non lontano era stato innalzato un cenotafio in onore dei guerrieri argivi caduti in battaglia sotto le mura di Troia o periti duranti viaggio di ritorno. La presenza di questi monumenti dimostrava l'importanza del ruolo degli Argivi nella spedizione panachea e, in particolare, richiamava l'attenzione del viaggiatore sulla gloria di Diomede, protagonista assoluto del V libro dell'Iliade, e sulle difficoltà incontrate da lui e dagli altri eroi nel tornare in patria, scritte in uno dei poemi del ciclo troiano, i «Ritorni». Nella descrizione di Argo, Pausania non mancò di citare alcune importanti sculture, illustri per bellezza o per antichità, alcune delle quali opera di grandi artisti, ancora intatte e ammirate al suo tempo. Fra le piú insigni, egli ricorda il simulacro criselefantino di Hera, scolpito da Policleto (seconda metà del V secolo a.C.; ma non si è certi che questo artista possa essere identificato con il suo omonimo, autore del celebre Doriforo). Allo stesso scultore era attribuita la statua di Zeus «benevolo», realizzata in marmo bianco; l'immagine in bronzo di Zeus Nemeo, che si trovava nel tempio a lui dedicato, era opera di Lisippo, il ritrattista ufficiale di Alessandro il Macedone (seconda metà del IV secolo a.C.). Anche l'ateniese Prassitele, attivo nella prima metà del IV secolo a.C., aveva lasciato ad Argo una testimonianza del suo genio, scolpendo una statua di Latona, madre di Apollo e di Artemide. Fra le immagini divine piú antiche, venerabili per la loro stessa vetustà, Pausania ricorda due arcaici simulacri scolpiti in legno; essi raffiguravano rispettivamente Dioniso e Zeus ed erano entrambi ricollegabili a vicende del ciclo troiano. Il primo era stato trovato in una caverna presso il promontorio Cafereo, dove gli Argivi reduci da Troia erano stati assaliti da una violenta tempesta (Periegesis, II, 23, 1). Sul punto di fare naufragio, essi invocarono l'aiuto di una qualunque divinità; raggiunta fortunosamente la terra, affamati e infreddoliti, trovarono riparo in una spelonca, in cui si innalzava l'immagine del dio. Poiché anche alcune capre selvatiche si erano rifugiate nella grotta, gli Argivi poterono nutrirsi delle loro carni; perciò, convinti di dovere la vita all'intervento di Dioniso, ne trasportarono il simulacro in Argo, dove al tempo di Pausania era ancora oggetto di grande venerazione. L'altro simulacro, che raffigurava una singolare immagine di Zeus con tre occhi, due al loro posto naturale e uno in mezzo alla fronte, proveniva addirittura dalla reggia di Priamo. Al momento della spartizione delle spoglie di guerra, dopo la distruzione di Troia, essa toccò a Stenelo, l'auriga di Diomede, che la portò in patria, ponendola come dono votivo nel tempio di Zeus che sorgeva sull'acropoli di Argo. Secondo Pausania, i tre occhi avrebbero indicato il triplice dominio del dio, sul cielo, sul

1 commento:

Anonimo ha detto...

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