giovedì 3 gennaio 2008

Post Moderno

RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI

L’affermarsi delle correnti concettuali, per tutto il decennio ’70, aveva prodotto una situazione molto particolare in cui l’arte contemporanea si era privata di qualsiasi possibilità di mercato. Uno dei termini, che infatti accomuna le varie tendenze che noi abbiamo visto nel Concettuale, è di non fornire opere che possono essere collezionate o esposte in musei. Come si fa a comprare o collezionare una performance o l’effimero impacchettamento di un edificio? Inoltre le correnti concettuali avevano quasi azzerato l’uso dei mezzi più tradizionali della pittura e della scultura, così che non era difficile prevedere che una reazione al concettuale sarebbe presto arrivata. Sia per recuperare un "fare" artistico, quali il dipingere a cui l’uomo difficilmente potrà mai rinunciare, sia per venire incontro ad una nuova fase economica che vedeva nel collezionismo artistico una interessante forma di investimento oltre che di promozione culturale.

E ciò avviene alla fine degli anni Settanta. Con il nuovo decennio il Concettuale è del tutto tramontato, come fenomeno egemonico del panorama artistico, benché forse non è del tutto scomparso dal nostro contemporaneo pensiero sull’arte. Agli inizi degli anni Ottanta iniziano quelle nuove tendenze, poi definite «post-modern», accomunate dal desiderio di recupero di visioni più tradizionali dell’arte figurativa, in cui ritornare all’uso della pittura e della scultura per veicolare le esperienze del campo estetico.
Con il termine post-modern venne inizialmente individuato un fenomeno stilistico, specifico dell’architettura, che iniziò a manifestarsi negli anni ’70. In seguito, la fortuna di questa etichetta, ha finito per identificare una intera epoca: l’ultimo scorcio di questo secolo.
La dizione post-modern indica la coscienza, nella società contemporanea, che un certo tipo di modernità è oramai finito. Ossia quella modernità che si basava sul concetto di progresso continuo ed ascendente, quasi condizione perenne di un futuro che si presentava sempre migliore delle epoche che lo precedevano. Questo ottimismo nel futuro inizia ad impoverirsi, fino a negare la fiducia in un mondo che vada nella direzione di uno sviluppo continuo. Epoca di crisi, quindi, in cui appare indispensabile rimeditare sul concetto di storia, inteso non più come eterna fuga in avanti, ma anche come stasi o ritorno.
Ma il post-modern, soprattutto nel campo delle arti e della cultura, esprime anche un diverso spirito: ciò che era possibile dire, o esprimere, era già stato detto. All’artista post-modern non rimane quasi possibilità di inventare altro di nuovo, ma, visto che è stato già espresso tutto, ha solo la possibilità di «citare». E così la «citazione» diviene uno dei procedimenti tipici e più riconoscibili delle varie tendenze artistiche accomunabili sotto l’etichetta di post-modern.
Altra componente fondamentale del post-modern è la memoria. La storia del passato, anche la più recente, è il deposito del «tutto già detto», ed è da qui che bisogna scegliere la citazione per esprimersi. Ma la storia, che l’artista post-modern sceglie per le sue citazioni, è solo quella filtrata dalla memoria. In tal modo si evita di ripetere il passato in formule di falsificazione storica (come faceva ad esempio l’eclettismo storicistico ottocentesco), ma si fa rivivere solo quel frammento che più interessa, o che più colpisce e si incide nella memoria. E così, l’utilizzo di più frammenti (o citazioni), che l’artista può scegliere anche da culture e storie diverse, può consentirgli il nuovo della sua arte: la composizione.
Nell’ambito delle arti figurative, benché non si può parlare di un vero e proprio stile post-modern, al suo spirito possono accomunarsi una serie di esperienze degli ultimi anni: in particolare la «Transavanguardia», il «Citazionismo», la «Pittura Colta», i «Nuovi nuovi». Sono tutte tendenze che, maturatesi negli anni ’70, emergono agli inizi degli anni ’80. In particolare è proprio il 1980 che può definirsi l’anno del post-modern. In quell’anno, infatti, le nuove tendenze apparvero tutte insieme alla ribalta.
La Biennale di Venezia dell’80 presentò due interessanti mostre: alla Corderia dell’Arsenale fu allestita la «Via Novissima», che rimane la prima e più completa mostra ad illustrare la nuova architettura post-modern, ed ai Magazzini alle Zattere, nell’ambito di Aperto ’80, si ebbe la prima mostra della «Transavanguardia», curata da Achille Bonito Oliva. Sempre nel 1980 una mostra a Roma curata da Maurizio Calvesi presentò in maniera organica quella tendenza definita «Pittura Colta», o «Anacronismo» o anche «Nuova Maniera». Ed infine nel 1980 il critico Renato Barilli raggruppò una serie di artisti, sempre di spirito post-modern, nell’etichetta di «Nuovi nuovi».
Le diversità tra queste correnti sono notevolissime e riguardano, oltre che lo stile, il diverso ricorso alla memoria. Nel caso della Transavanguardia la memoria è quella delle esperienze avanguardistiche di inizio secolo, con particolare predilizione per l’espressionismo. Gli artisti della Pittura Colta guardano invece alla storia dell’arte neoclassica o barocca, traendo di lì la loro diversa poetica e stile. I Nuovi nuovi praticano invece un citazionismo disimpegnato, talora ironico, fatto non solo di motivi iconici ma anche di motivi aniconici e decorativi.
In tutti prevale comunque l’atteggiamento di chi non è più obbligato a guardare affannosamente avanti alla ricerca continua del nuovo, ma può tranquillamente e senza inibizioni girarsi alle spalle e rimeditare sul proprio passato e sulla propria memoria.

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