mercoledì 2 aprile 2008

CREATIVITA' e INTELLIGENZA  Di Antonio Preti

a cura DI D. PICCHIOTTI

Per molti Autori la creatività é parte integrale dell'insieme di capacità e abilità indicate sotto il nome di . Robert Sternberg ha elaborato un modello di intelligenza che comprende abilità verbali ed analitiche, capacità creative e conoscenze pratiche. In tale modello l'intelligenza si esprime in modo articolato, attraverso la mediazione tra utilità, innovazione ed analisi. Altri Autori, invece, sostengono una sostanziale autonomia delle capacità creative rispetto a quelle dell'intelligenza. Frank Barron, uno dei maggiori studiosi nel campo della creatività descrive l'intelligenza come un costrutto i cui sono posti interamente dagli strumenti di misura utilizzati nelle ricerche empiriche. Secondo Barron, se l' é misurata come l'insieme delle capacità che contribuiscono a favorire risposte corrette a quesiti di natura verbale o logico-matematica, la creatività deve necessariamente essere concepita come separata dall'intelligenza. Fornire risposte corrette a quesiti che richiedono estese conoscenze e l'applicazione di regole o formule, di qualunque genere essere siano (anche trovare il passato remoto di un verbo irregolare richiede l'applicazione di una , in questo caso grammaticale) necessariamente esclude l'uso di capacità che si basano sull'innovazione. Ciò che é , infatti, non necessariamente é derivabile da quanto precedentemente noto, e anche quando la dell'innovazione si basi su fatti o materiali noti, la loro associazione nel prodotto non risulta dall'applicazione di regole condivise: in caso contrario non si avrebbe una , ma solo l'estensione di quanto già conosciuto. Problema, questo, che coinvolge l'innovazione sia in campo artistico, in relazione al plagio ed alla di elementi appartenenti ad altri creatori, sia in campo scientifico, in particolare per quanto riguarda l'invenzione di nuove tecniche o nuove macchine. Sempre sulla base del suo approccio empirico, Barron, insieme a David Harrington (1981), ha passato in rassegna gli studi che hanno esplorato la relazione tra creatività ed intelligenza. Gli studi condotti su individui giudicati particolarmente creativi in campo artistico, scientifico, matematico e letterario indicano che i soggetti creativi tendono a riportare punteggi elevati nei tests di intelligenza generale. Però, quando sono posti in relazione tali misure di intelligenza con indici di basati sul giudizio di terzi o in base ai risultati conseguiti (numero di opere, premi ricevuti, etc), intelligenza e creatività si dimostrano scarsamente correlate tra loro.  Nel suo celebre studio sugli architetti, ad esempio, MacKinnon osservò che l'intero suo campione mostrava punteggi nei tests di intelligenza superiori a quelli misurati nella popolazione generale, ma quando gli architetti giudicati come più creativi dai propri pari venivano confrontati con il resto del campione, architetti creativi ed architetti non mostravano differenze significative nei punteggi riportati nei tests di intelligenza. D'altra parte, i soggetti giudicati erano anche giudicati come dalla media dei pari. Secondo Barron ciò dipende dal carattere sociale della . Essere creativi, nella definizione che ne dà Barron, e che é condivisa da molti ricercatori del settore, implica produrre qualcosa di innovativo che appaia utile o comunque rispondente ad un bisogno condiviso (ad esempio, di natura estetica) e che ottenga il pubblico consenso per entrambi i termini. Il prodotto creativo, cioé, deve poter essere giudicato dalla comunità in cui l'atto creativo é espresso come realmente innovativo e realmente utile. Il , pertanto, richiede qualità sociali tali da permettere l'affermazione propria e dei propri prodotti, e tali capacità sociali possono facilitare un giudizio sull'insieme delle caratteristiche possedute dal soggetto creativo. Un problema di non poco conto nella ricerca sulla creatività é la mancanza di tests adeguati per la misurazione delle capacità creative, analoghi a quelli utilizzati nella ricerca sull'intelligenza. Molti tests sviluppati a tale scopo hanno dimostrato una affidabilità e specificità modesta. Il principio base utilizzato nella creazione di molti fa riferimento al carattere della creatività: una risposta necessariamente deve essere non prevedibile sulla base delle conoscenze note, e non può quindi potersi derivare da formule o regole. Molti tests per la misurazione della creatività, quindi, sono costruiti in forma di risposta aperta o multipla, dove la della risposta, rispetto alla media delle risposte offerte, costituisce elemento indicativo. Un simile criterio, ovviamente, permette anche l'inclusione di risposte totalmente implausibili, e ciò costituisce un problema serio quando la misura di così ottenuta venga posta in correlazione con misure di personalità o di psicopatologia. Soggetti apertamente disturbati possono fornire risposte inusuali, e quindi giudicate creative, senza esserlo realmente, conducendo così a conclusioni sulla relazione tra creatività e psicopatologia assolutamente infondate. Ovviamente non esiste un ricercatore così ingenuo da non validare il proprio strumento su candidati la cui qualità in esame (in questo caso la creatività) non sia stata già dimostrata in forma non suscettibile di contestazione. Molti , in effetti, conducono a punteggi più elevati quando applicati a soggetti giudicati per consenso rispetto ai .  La capacità di manipolazione verbale, ad esempio, che può esprimersi attraverso l'elaborazione di anagrammi, anche a partire da parole complesse, sembra differenziare i creativi dai non creativi. Anche la capacità di manipolare concetti tra loro opposti come un tutto unitario, capacità che Rothenberg ha definito di , sembra correlare con il successo in campo creativo. Un altro aspetto che distingue i creativi dai non creativi sembra essere la preferenza per la complessità. Stimoli grafici, come immagini geometriche di crescente complessità, conducono a scelte a favore delle figure più complesse più spesso tra i creativi che fra i non creativi. Misurare la creatività in azione, comunque, appare compito assai difficile, anche perché resta ancora da dimostrare la delle risposte date a questi . A differenza dei tests di intelligenza, infatti, i non si sa ancora se siano o meno in grado di prevedere la riuscita in campo creativo.  Per quanto riguarda i primi, cioé i tests di intelligenza, i pochi studi condotti sino ad oggi, tra i quali un vasto e celebrato studio condotto da Lewis Terman e collaboratori su un gruppo selezionato di bambini dotati, non sembrano indicare un vantaggio particolare di un elevato QI ai fini del successo in campo creativo. Lo studio di Terman, effettuato in un arco di 70 anni, seguì circa 1500 bambini il cui QI al test di Standford-Binet fosse pari o superiore a 135. Giunti all'età adulta, molti di questi acquisirono posizioni di successo, con una sostanziale integrità in termini di salute e con un buon adattamento sociale (ma un rischio maggiore di suicidio rispetto ai coetanei), ma pochi si distinsero come creativi in campo artistico o scientifico. La scarsa o nulla predittività dell'intelligenza ai fini del successo creativo conferma la modesta correlazione osservata negli adulti tra intelligenza e creatività. Essere intelligenti, probabilmente, é un pre-requisito per l'espressione della creatività, ma essere pienamente creativi implica il possesso di qualità distinte da quelle che contribuiscono all'espressione dell'intelligenza. Secondo alcuni Autori, l'intelligenza in certi casi può costituire un freno alla piena espressione della creatività. Secondo Silvano Arieti (1979), che dedicò importanti studi alla relazione tra creatività e malattia mentale, una intelligenza troppo sviluppata può inibire le risorse interiori dell'individuo, poiché la sua autocritica diventa troppo rigida, o egli impara troppo presto ciò che l'ambiente gli offre, diventando così costretto entro i limiti della tradizione. Secondo Arieti, infatti <>.  Un eccessivo adattamento alle convenzioni sociali sicuramente limita l'espressione della creatività. Il soggetto creativo solitamente sente la come una costrizione, ed il suo desiderio di superare i limiti del già noto lo pone talvolta in forte contrasto con la società. Attitudini di personalità orientate in senso anticonvenzionale possono essere presenti già in età scolastica, ed influenzare negativamente l'adattamento scolastico. Darwin, Einstein e Churchill ebbero difficoltà scolastiche, anche notevoli. E' possibile, però, che tali difficoltà originassero da fattori non necessariamente legati alle loro successive realizzazioni creative. Di Darwin é nota una propensione all'ipocondria, e pare abbia sofferto di attacchi di panico. Churchill soffrì in vita di psicosi maniaco-depressiva, un disturbo mentale con probabile base genetica e che si rende evidente spesso già nell'infanzia, attraverso una certa irrequietezza della condotta e difficoltà nella socializzazione. Einstein era forse affetto da disturbi dell'attenzione, e possedeva una inusuale capacità di , che si accompagnava ad una altrettanto pronunciata tendenza ad astrarsi da quanto lo circondava. Un aspetto che é emerso dagli studi dedicati alla personalità dei soggetti creativi é l'estrema devozione che il soggetto creativo dedica alla propria attività. Tale dedizione, ed il convincimento della sostanziale delle proprie realizzazioni si accompagna, in genere, ad una considerevole competenza e conoscenza degli argomenti collegati alla professione scelta. Un vasto di conoscenze e competenze acquisite sembra essere una costante dei soggetti particolarmente creativi, e probabilmente costituisce il di riferimento per lo sviluppo delle associazioni ed elaborazioni che conducono all'atto creativo. Steven Harnad é un filosofo e ricercatore nel campo delle scienze cognitive. Da molti anni dedica parte del suo tempo all'innovazione nel campo della editoria scientifica, in cui si é dimostrato particolarmente creativo: é sua l'idea della prima rivista scientifica on-line, Psycoloquy, ed é stato anche uno dei primi promotori della libera circolazione dei risultati della ricerca scientifica in rete, attraverso la promozione di archivi on-line liberamente consultabili, come CogPrint.  Di recente Harnad ha passato in rassegna tutte le teorie dedicate all'atto creativo in sé: come si produce, cioé, a prescindere dell'insieme delle qualità che lo precedono. Harnad sottolinea come molte teorie concepiscano l'atto creativo come un fenomeno che emerge da un contesto di costrizioni e limitazioni, sia interiori che esterne, sociali. L'Eureka, insomma, non é l'accendersi improvviso di un libero spirito ma il prodursi di qualcosa di inatteso ed imprevedibile che origina da un terreno predisposto a quel risultato. Nelle parole di Pasteur <<... le hasard favorise l'esprit preparé>>: il caso favorisce lo spirito preparato. Seppure non é possibile la creatività, così come si programma un computer per la dimostrazione di un teorema matematico, pure si può preparare il terreno per la miglior riuscita del . Ampliare le conoscenze nel campo in cui si vuole esprimere la propria creatività diventa quindi una strategia che, se non assicura il risultato, pure lo rende più probabile. La sola conoscenza non é però sufficiente per la realizzazione del potenziale creativo. E' necessaria anche la pratica, e la continua messa alla prova delle proprie capacità. Il creativo che si esprima una sola volta, dedicandosi poi alla coltivazione della propria unica scoperta é raro. In genere i soggetti creativi tendono ad essere produttivi, esprimendosi anche in campi non direttamente collegati al proprio principale settore. Leonardo da Vinci é l'esempio più noto di creativo universale, e per molti incarnò l'ideale dell'Uomo Nuovo del Rinascimento. Una creatività poliforme, comunque, non é rara, e spesso i creativi tendono ad esserlo anche nella vita di tutti i giorni. La é un altro elemento che caratterizza le personalità maggiormente creative. Tale impulso a produrre distingue il creativo dall'esecutore, per quanto intelligente esso possa essere, e lo conduce, talora, a trascurare ogni altra attività. L'inventore che, come l'Archimede Pitagorico dei fumetti, si rinchiude in un eremo a sperimentare le proprie creazioni é probabilmente solo una parodia di quanto accade nella realtà, ma l'anedottica é ricca di esempi di scienziati che trascurano ogni impegno per stare dietro alla propria ultima intuizione, sino al punto di dimenticare di essere attesi ... all'altare ! (capitò al biologo che scoperse la funzione del DNA nel nucleo delle cellule). L'impulsività può esprimersi talora in forma patologica, come spinta ad agire indipendentemente dalle conseguenze. L'alcool ed alcune possono aumentare il livello di impulsività. Esistono casi noti di artisti, soprattutto scrittori e pittori, che hanno abusato in vita di alcolici o altre sostanze psicoattive. L'americano Hemingway é probabilmente l'esempio più noto, ma molti altri se ne possono citare (ad esempio il pittore  Pollock, inventore dell'action painting). Non é noto, però, se realmente gruppi particolari di artisti soffrano un rischio maggiore di sviluppare una tossicodipendenza, né quale relazione esista tra l'abuso e la realizzazione creativa. In molti ambienti anticonformisti l'uso di sostanze psicoattive é ampiamente condiviso.  I medesimi ambienti sono spesso frequentati dagli artisti, che possono quindi uniformarsi agli usi del proprio ambiente, senza che ciò abbia relazione con la loro attività. Peraltro, l'essere creativi, e creativi di successo, spesso favorisce una valutazione di condotte inusuali o bizzarre, socialmente perché associate al successo (od alla potenzialità di successo). D'altra parte esiste la possibilità che alcuni gruppi di artisti effettivamente soffrano un rischio maggiore di sviluppare un disturbo mentale, come suggerito da molti studi sulla relazione tra creatività e malattia mentale. Poiché il rischio di sviluppare una tossicodipendenza é maggiore in alcuni disturbi mentali, la presunta associazione tra creatività artistica e tossicodipendenza potrebbe essere indiretta, spiegata da un uso di sostanze psicoattive motivato da un desiderio di autocura (o dalla scarsa attenzione posta sulle conseguenze a causa di un disturbo mentale). Alcuni studi hanno esplorato la relazione tra uso di sostanze psicoattive ed espressione creativa. Sino ad oggi le evidenze non sembrano indicare che l'alcool aumenti la capacità espressiva sul piano della creatività. Altre sostanze psicoattive indagate, in particolare cannabis e allucinogeni (LSD), hanno mostrato evidenze inconclusive. I prodotti creativi elaborati sotto l'influenza di queste sostanze appaiono più di quelli elaborati fuori dalla loro influenza, ma ciò non costituisce di per sé una dimostrazione di creatività. La pura e semplice , infatti, non é sufficiente perché un prodotto possa essere giudicato . Ancora non é stato studiato in modo sistematico l'effetto delle sostanze psicoattive sui processi mentali che siamo soliti indicare come . Si sa che molti soggetti che hanno sviluppato una tossicodipendenza hanno livelli scolastici inferiori a quelli dei loro coetanei non tossicodipedenti. Non esiste ancora una spiegazione adeguata di questo dato. In molti casi si può ricostruire un che conduce da iniziali difficoltà socio-relazionali all'insuccesso scolastico, con dal percorso formativo e successiva associazioni a gruppi di socializzazione (le famose ). In molti casi, però, non é possibile stabilire se i disturbi della condotta precedano o seguano le difficoltà scolastiche. Alcuni Autori sostengono una sostanziale indipendenza tra disturbi della condotta e difficoltà di apprendimento. Studi relativamente recenti hanno alcune forme di disturbo del comportamento attribuibili a deficit dell'attenzione. La letteratura anglossassone indica con l'acronimo ADHD la cosiddetta sindrome del bambino inattentivo e iperattivo: iperattivo perché incapace di focalizzare l'attenzione. Alcuni bambini che hanno ricevuto tale diagnosi e che soffrirebbero quindi di un difetto, forse congenito, dell'attenzione sembrano andare incontro ad un miglioramento del proprio comportamento e del rendimento scolastico, in alcuni casi anche di notevole entità, in seguito a trattamento con farmaci psicostimolanti. Questi farmaci, come il metilfenidato, produrrebbero, per stimolazione di alcuni circuiti neurochimici, una maggiore capacità di focalizzare l'attenzione, migliorando di conseguenza tutti i processi mentali e riducendo la iperattività da distraibilità. Effetto simile al metilfenidato é prodotto da altre sostanze psicostimolanti note per il loro potenziale di abuso, come l'amfetamina e la cocaina. In effetti sembra che una frazione di individui che da bambini avevano mostrano comportamenti compatibili con la diagnosi di disturbo dell'attenzione e dell'iperattività sviluppino poi una particolare propensione all'abuso di psicostimolanti. Secondo alcuni Autori si tratterebbe di un tentativo di auto-cura del proprio disturbo. Non può essere escluso che sostanze come l'anfetamina possano effettivamente potenziare la velocità delle capacità cognitive, dando l'ipressione di un generale della propria intelligenza. In realtà quello che si produce in molti casi é un aumento del senso di euforia, che determina per conseguenza un giudizio delle proprie capacità, non necessariamente confermabile in realtà. Le conseguenze a medio e lungo termine dell'abuso di psicostimolanti, incluso un aumentato rischio di scompenso psicotico e di mortalità per cause violente o incidente cardiovascolare, sconsigliano ogni utilizzo di queste sostanze, e la loro fama di nello studio, diffusa soprattutto in passato, appare del tutto immeritata. In conclusione, intelligenza e creatività paiono essere distinti anche se interrelati. E' possibile che molte capacità cognitive essenziali per l'espressione dell'intelligenza contribuiscano anche alla riuscita in campo creativo, però, come dimostrato dai non molti studi che hanno specificamente esplorato l'argomento, una pronta intelligenza non é sufficiente per il successo in campo creativo. La distinzione tra i due cognitivi, entrambi essenziali all'adattamento socio-ambientale, pone evidenti problemi sul piano educativo, la cui risoluzione, ed in alcuni casi anche la semplice (capire quali sono i del problema), richiederà risposte che siano insieme e .
 

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